CAPITOLO 18

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E' giusto andare

e devo essere forte

Continuo solo ad andare avanti, perché

ci sarà sempre un'altra montagna

e proverò sempre a farla spostare

a volte dovrò perdere

Non riguarda quanto velocemente arriverò

non riguarda cosa mi aspetta dall'altra parte

È la scalata

Continua a muoverti, continua ad arrampicarti -The Climb, Miley Cyrus.

Appena conclusa la lettura non perdetevi lo spazio autrice è IMPORTANTE•

AMBER'S POV.

Due anni dopo.

E' una giornata splendida, perfetta per questo grande giorno.

Anche se non si tratta più di Londra, il clima a Milano non è poi così differente, eppure, come se fosse segno del destino, oggi veglia su tutti un sole accecante. Le nuvole della sera precedente si sono dissolte, facendosi da parte. Gli uccellini fischiano civettuoli e le grandi porte in legno scuro della chiesa sono spalancate. La navata rossa attende solo di essere percorsa, e ad incorniciarla, vasi con rose bianche rilasciano il loro buon profumo. La gente è tutta all'interno, in attesa, in estasi. Il futuro sposo, di fianco all'altare, è altrettanto in ansia e allenta il nodo alla cravatta, con il timore che prima o poi avesse potuto soffocarlo. Appena la sposa poggia sul tappeto rosso il suo tacco bianco, la prima canzone nuziale parte, facendo sobbalzare, come se fossero stati presi dalla corrente, tutti i presenti.

D'improvviso il mio orologio che segna con un rumore martellante lo scadere di ogni ora, fa scoppiare la bolla di fantasie e di pensieri che mi stava avvolgendo. Distogliendo lo sguardo, punto la mia attenzione sul piccolo affarino nero situato sul polso. Segna le otto in punto.

''Ehhh????'' sgrano gli occhi rendendomi effettivamente conto della situazione: sono in ritardo all'università.

Mi catapulto nel vero senso della parola nella mia vettura nera lucido e spingo con così tanta velocità il pedale, da non rendermi conto di star andando contromano. Si vede proprio che sono negata in qualsiasi mezzo esistente. Ancora non mi capacito di come un anno fa sia riuscita a passare l'esame della patente. Inoltre mi ci è voluto un po' per abituarmi al posto del guidatore a sinistra, anziché a destra. Continuo a zigzagare nel traffico tra le auto in corsa, al centro di un pericoloso slalom, schivando prontamente le vetture che arrivano dal lato opposto della strada. Facendo un grosso respiro e stringendo con più forza il volante, aumento il ritmo. Ignoro lo strombettare del clacson e le imprecazioni a me rivolte gridate dagli altri guidatori.

Una volta arrivata e parcheggiata l'auto, mi prendo un secondo per regolarizzare il mio battito cardiaco. Apro frettolosamente lo specchietto e sbuffo guardando i miei capelli disordinati, simili al nido di uccelli. Certe cose non cambiano mai.

Messo piede a terra, ringrazio mentalmente Dio di essere ancora sana e salva, e cosa meno importante, di non aver preso alcuna multa. Col grande borsone, le chiavi e il cellulare che ho comperato il giorno prima della mia partenza, due anni fa, in modo da perdere ogni marchio della vita precedente, mi avvio a passo spedito all'enorme cancello.

La mia università della moda non è per nulla paragonabile al mio istituto delle superiori a Londra. Lì c'erano sempre degli studenti radunati a gruppetti che si godevano gli ultimi istanti di libertà perdendosi nelle loro ultime boccate di sigaretta, addossati al muro. Qui invece il vialetto è sgombero, specialmente a questo orario improponibile come il mio. Le giovani donne hanno un abbigliamento più professionale, con tanto di cartellina scura nelle loro mani curate, capelli fatti dal parrucchiere, e deccolletè che risuonano nell'atrio.

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