EPILOGO

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//Non perdetevi lo spazio autrice dove vi saranno date le meritate spiegazioni. E' IMPORTANTE. Buona lettura//

AMBER'S POV.

Una vibrazione. Il mio corpo agisce d'impulso, senza chiedere il consenso al mio cervello. Mi agito. L'acqua penetra persino nel mio naso, una sensazione sgradevole. Ancora intontita dal mio sonno profondo, cerco di appigliarmi a qualcosa. Le mani scivolano. Poi riesco finalmente ad afferrare il bordo, freddo, ghiacciato. Faccio leva con esse e riemergo. La testa riappare, un gemito di soffocamento abbandona le mie labbra. Boccheggio in cerca di aria. Mi basta raddrizzarmi con la schiena per mettermi seduta e capire che non stavo annegando.

Gli occhi mi bruciano, ci strofino le mani contro, per facilitarmi il compito. Però, quando li riapro, ciò che si materializza dinanzi alla mia vista, mi lascia interdetta.

Nessuna traccia di Raul. Nessun letto dove ci siamo beatamente addormentati, dopo aver coronato il nostro amore tra le lenzuola. Nessun bed and breakfast.

Bensì una vasca, delle piastrelle azzurre e bianche, un lavandino, una lavatrice: un bagno. Ma non un semplice bagno. Non quello di casa mia a Milano, e neanche quello del bed and breakfast in cui mi sono lavata i denti insieme a Raul, dove ho riso guardandolo scherzare poichè fingeva che il suo spazzolino fosse il suo microfono.

E' il bagno di casa mia a Londra, una delle tante mura di questa casa che mi hanno intrappolata fino ai miei diciotto anni. Sono come teletrasportata a casa dei miei genitori.
L'angoscia e la paura di stare di nuovo qui, si impossessano del mio organismo.
L'ansia di rivedere lo sguardo cupo di mio padre, mi fa tremare da capo a piedi, oltre per il clima rigido.

Poi, il cellulare inizia di nuovo a vibrare. Stavolta lo individuo, è sulla lavatrice. In questa stanza nulla sembra esser cambiato, c'è perfino la solita candela alla vaniglia situata accanto ai miei piedi.

Decido di uscire frettolosamente dalla vasca per far cessare quel fastidiosissimo ronzio. Mentre mi avvolgo nel mio vecchio accappatoio bianco, mi accorgo delle mie dita raggrinzite.

Per quanto tempo sono stata in acqua? Perché?
Possibile che io non mi ricordi di esser ritornata a casa dei miei?

Infilo maldestramente i piedi nelle mie vecchie ciabatte blu. L'oscurità della notte si sta lentamente lasciando andare a qualche spiraglio di luce, che filtra dalla finestra. Il sole sta appena sorgendo.

Nel frattempo che percorro la stanza, con l'accappatoio stretto al mio corpo infreddolito, mi massaggio le tempie. La testa mi scoppia, ho tutti i sintomi di una sbornia. Non ricordo neppure di aver bevuto.

L'attimo che precede quello in cui sto per agguantare il cellulare, viene interrotto dal mio riflesso allo specchio. Mi ci avvicino incredula.

Questa non sono io. L'immagine di questa ragazzina, dal fisico gracile, gli occhi grandi e il viso poco più scavato, non posso essere io. I capelli colorati di viola, hanno lo stesso colore che indossavo più di tre anni fa.
Rispetto ai miei vent'anni, ne dimostro molto di meno.

Presto di nuovo attenzione al mio cellulare. La data che lampeggia sullo schermo di sblocco, mi fa rimanere a bocca aperta: 26 Ottobre 2016.

Rimango per qualche attimo inerme, con lo sguardo fisso sul telefono. Sono alla ricerca di qualche motivazione plausibile che possa giustificare questo sballo di tempo, per cui mi trovo indietro di tre anni.
Gli ingranaggi del mio cervello girano all'impazzata, seguendo pensieri di qualsiasi origine, finché, per la terza volta, la chiamata non riparte.

"Pronto?" Rispondo con voce tremante ed instabile. Non ho neanche fatto attenzione al mittente, talmente concentrata sul mio flusso di teorie.

"Amber, finalmente! Probabilmente se non avessi risposto neanche a questa chiamata, avrei riprovato ininterrottamente fino alle decima...o chissà ventesima" all'udire la sua voce, il mio cuore sussulta e si tranquillizza. Vienimi a prendere, che ci faccio qui?

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