8.

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"Mamma, non posso stare al telefono, devo andare a lezione!" esclamai, saltellando sul posto, cercando di infilare gli stivali che sembravano non voler sentir ragione.

"Va bene, amore, ma ricordati di chiamare dopo!"

La salutai e gettai il cellulare in borsa. Primo giorno di università, e già ero in ritardo.

Chiusi la porta della camera che l'università mi aveva gentilmente concesso, e scesi velocemente le scale, sperando di non cadere. La camera era relativamente vicina all'università, era a una fermata metro di distanza. Quel giorno la fortuna era dalla mia parte, dato che trovai la metro ferma alla stazione.

"Prossima fermata.."

Oh, no. Mi precipitai dentro uno dei vagoni centrali, e un secondo dopo le porte si chiusero alle mie spalle. Non notai, però, che nel farlo andai a sbattere contro un ragazzo, alto almeno un metro e ottanta.

"Oddio, scusami tanto, ma non potevo assolutamente perderlo"

"Come si dice, il treno passa una sola volta nella vita, eh?"

Alzai il sopracciglio, guardandolo. Così adesso si flirta in questa maniera?
"Già, credo.."

Il ragazzo sfoggiò un grande sorriso e allungò la mano verso di me.

"Piacere, mi chiamo Francesco"

Ricambiai la stretta.

"Piacere, Sofia"

Non so come, non so perché, ma iniziammo a parlare di noi, dei nostri interessi, del più e del meno. Ciò che appresi fu che lui era romano, che amava il basket e che anche lui avrebbe frequentato la mia stessa università.

"Oh, quindi dovrò sopportarti anche all'università?"

Stavo... flirtando?

"Mi sa di sì, dolcezza"

Scendemmo alla fermata successiva e, insieme, iniziammo a correre verso l'università. Scoprii mio malgrado che lui era molto più veloce di me. Non appena mi fermai, mi piegai e appoggiai le mani sulle ginocchia, ansimando per la stanchezza.

"Facciamo che la prossima volta ti do dieci secondi di vantaggio, ci stai?"

Risi tra un respiro affannato e l'altro.

"Facciamo venti"

Lui sorrise e aprì il braccio in direzione dell'aula dove si sarebbe svolta la lezione.

"Prima le signore"

Iniziai a sbiancare. Tutto ciò che mi era successo in quegli strani 10 minuti, mi aveva fatto dimenticare del perché mi trovassi sul serio lì. Ero pronta? L'avevo fatto davvero? Mi ero davvero trasferita in una nuova città senza conoscere nessuno? Sì, l'avevo fatto, e adesso era arrivato il momento di affrontare le mie responsabilità.

"Hey, non ti ho chiesto di essere la mia ragazza, ti ho detto semplicemente di passare avanti!"

Mi destai dai miei pensieri e iniziai a camminare in direzione dell'aula.

Non appena giunti davanti ad essa, mio malgrado la trovai chiusa e guardai Francesco con occhi spalancati.

"Perfetto, siamo in ritardo"

Con delicatezza bussai alla porta e lentamente la aprii, maledicendomi in ottantadue lingue per non essermi svegliata più presto; se l'avessi fatto, adesso non mi troverei in questa situazione.
Una volta aperta, la scena che mi si presentò davanti fu abbastanza comune, come se fosse uscita da un libro di cui io ero la protagonista goffa e impacciata. Alla cattedra trovai un professore abbastanza alto, con una camicia bianca dentro i pantaloni beige, abbinate a un paio di scarpe bianche sportive. Cercai di far meno rumore possibile e con un rapido sguardo individuai dei posti a sedere liberi in fondo all'aula. Il professore ci guardò con la coda dell'occhio e mimò un gesto con la mano, come ad invitarci a chiudere la porta e prendere posto. Non me lo feci ripetere due volte e velocemente salii i gradini che mi separavano dai posti liberi. Finalmente presi posto e mi accasciai sul piccolo banchetto davanti la sedia, esalando un profondo sospiro, che attirò l'attenzione del ragazzo di fronte a me, il quale si girò e, squadrando sia me sia Francesco dalla testa ai piedi (per quanto possibile, data la presenza del banco), fece un sorriso ammiccante.

"C'è qualche problema?" dissi, nervosa.

Perché dovevo essere sempre così scontrosa?

Il ragazzo sembrò un po' sorpreso nel sentire un accento diverso dal suo, ma la sua espressione cambiò subito, ritornando a quella precedente.

"Nottata focosa che vi ha impedito di svegliarvi presto stamattina, eh?"

Ma chi si credeva di essere?

"Scusami?"

"Lascia stare, Sofia, davvero!" disse Francesco appoggiandomi una mano sulla spalla, e quel gentile tocco mi fece immediatamente rilassare. Girai lo sguardo verso di lui e abbozzai un sorriso.

"Guarda come te difende oh!"

Io continuai a guardare Francesco, facendo finta di non averlo sentito.

Somebody Told MeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora