Capitolo XI

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Al bar della Procura, dopo l'incontro con Calabrese, Lo Cicero vide con la coda dell'occhio il giudice Laura Spanò, chiodo fisso della madre e amica, seppur da poco, dell'ispettore. Chiese ad Infantino di aspettarlo e si diresse al tavolo della dottoressa. «Oh buongiorno, e che ci fa lei ispettore in Procura?» chiese ridendo Laura. «Ah, ora davanti alle colleghe mi dai del lei, dottoressa Spanò». «Peppe, sempre uguale, sempre permaloso, mi raccomando... lei è Patrizia, è la segretaria di Calabrese». «Piacere signora, siamo appena stati da lui con il commissario». 

Patrizia salutò l'ispettore e disse a Laura che sarebbe scappata in ufficio, vista l'ora. «Visto, le fai scappare le mie amiche». «Ma quale amiche, i magistrati non ne hanno amiche, soprattutto amici...». «Sempre gentile ispettore, eh? Ma dove sei finito? Antonio mi ha detto che ti hanno affidato le indagini sugli ultimi omicidi... a te e ad Infantino, che fa finta di niente seduto là davanti e nel frattempo spia». «Lascia perdere Laura, non ci capisco niente... mi sento come uno che davanti alla tv aspetta la fine del mondo, senza muovere un dito, senza impegnarsi». «Ma che ci vuoi fare?». «Non lo so, stanno sentendo i due fermati, sperando che esca fuori una pista, un qualcosa...». «Ma perché non ti prendi un po' di tempo per rilassarti, un pomeriggio». «Laura non posso, non ce la faccio. Da un momento all'altro può succedere qualcosa... dai... giuro che in questi giorni ti chiamo e andiamo a cena, promesso». «Ispettore, lo sai quante volte ho sentito questa frase?». «No, no, questa volta davvero. Fidati. Dammi solo il tempo di riorganizzarmi le idee e ti chiamo... vedrai». 

Da lontano Infantino gli fece segno di andar via, e Lo Cicero salutò il magistrato: «Ora vado Laura, a presto, prestissimo...». «Si ciao ispettore...». Lo Cicero raggiunse Infantino che si era già avviato. «Attenzione, Lo Cicero con la dottoressa Spanò, ma che vuoi finire sulle riviste?». «Commissario, per cortesia, pure lei... è una cara amica...». «Seee Lo Cicero, cara amica e poi nascono i figli...». «Commissario, in questa merda figli non ne farei nascere, mai, mai». «E allora questa merda cerchiamo di levarla, di farla sparire, prima che ci sommerga, prima che ci soffochi». «Io qua sono, e lei pure... ma gli altri? Quando verranno? Quando manderanno i soldi, quando faranno sentire la presenza dello Stato in questo pezzo di terra? Manco la carta per le fotocopie commissario, e quando si è rotto il toner ho dovuto fotocopiare le ordinanze di fermo in copisteria, mentre la gente bestemmiava perché non finivo mai...». «Arrangiamoci, prima o poi arriveranno...». «Si, arriveranno, ma sempre dopo, sempre dopo il sangue, dopo i funerali». «Lo Cicero, manco la scorta hai e già parli come un morto?» disse Infantino spingendo in avanti con una mano la spalla di Lo Cicero che accennò ad un sorriso. «Torniamo in commissariato, dai!». «Amunì ch'è megghiu».

Guerra di MafiaWhere stories live. Discover now