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Domenica 5 dicembre 2018

«Vorrei vederti arrossire come il tappo di un Pinot»

«Rebecca!» Chiamo mia sorella per l'ennesima volta. «Rebecca porca troia mi rispondi?» Domando, un po' alterato, spalanco la porta della sua camera anche se non dovrei, anche se sarebbe meglio di no, perché questo ci farà litigare per una settimana minimo. Lei se ne sta sul suo letto con le cuffie nelle orecchie e scrolla la home di Instagram. Mi avvicino e le strappo una cuffia dall'orecchio, lei mi guarda subito storto. «Ho ripetizioni di fisica» L'informo e lei fa per rimettersi la cuffia rimasta a penzolare a mezz'aria. «Non rompere le palle»
«Se no, eh?» Mi sfida e io sbuffo.
«Non iniziare che te meno»
«Ah sì? Meni 'na donna?» Chiede, non credendo minimamente alle mie parole.
«Le donne no. Te sì»
«Viecce» Mi istiga e io stringo un pugno.
«So' serio» Sottolineo, spaventato dall'idea che Emma possa fuggire via all'istante, vedendo il caos e l'impertinenza di mia sorella.
«Mo esco con Lucia» Spiega, già stanca di sfidarmi. «Non te preoccupà» Aggiunge roteando gli occhi, io sbuffo, pregando che sia davvero così e che non lo dica tanto per dire. Anche perché, se no, non mi farei molti problemi ad ammazzarla una volta per tutte. Esco dalla sua camera, completamente sottosopra e ricontrollo i messaggi su Instagram che ci siamo scambiati io ed Emma, quelle poche parole che riguardo ossessivamente come se potessero all'improvviso cambiare. Come se lei non stesse davvero venendo qui da me, qui in casa mia, nella mia camera, ad aiutarmi a studiare fisica, sì, ma chi se ne frega. Mentre riguardo i direct continua ad arrivarmi una tempesta di messaggi su Whatsapp, un gruppo tremendo che si chiama «DILETTA LEOTTA NUDA», che era nato in principio solo per organizzare le partite di calcio nel campetto vicino a casa di Davide. Scocciato entro ascoltando l'audio che ha mandato Nicola. «Oh ma oggi il nostro amichetto Briga si fa la Marrone!!!» Urla nell'audio e sotto si sente anche Davide. «Porca puttana Brì se te la fai devi registrare». Io scuoto la testa un po' schifato, un po' gasato, leggendo gli altri messaggi.

Gio: Oh ma davvero Tia
Davidì: No che per finta
Nico: ma in che categoria porno rientra Emma?
Davidì: TUTTE
Io: Ve mando un selfie quando arriva, così ve segate con calma
Nico: GRAZIE FRA TU SEI UN FRATELLO VERO
Davidì: Magari anche non un selfie, falle proprio una foto a lei che non voglio segarmi anche sulla tua faccia
Gio: Appunto
Io: come non ve piaccio?
Nico: a me sì amore mio, sempre
Nico ha cambiato il nome del gruppo

Guardo in alto e appare scritto «EMMA NUDA»
Scoppio a ridere e invio un cuore, mi sdraio sul mio letto, tornando a guardare i direct con Emma, quando mi arriva la notifica di un nuovo follower.

@em.marrone ha iniziato a seguirti.

Rientro su Whatsapp alla velocità della luce, apro il gruppo «EMMA NUDA», e scrivo il più velocemente possibile agli altri, che intanto discutevano sui gusti sessuali di Nicola.

Io: Mi ha iniziato a seguire Emma su Insta
Davidì: CHEEEEE
Io: Ve giuro
Nico: stasera festeggiamo
Gio: Per forza fra
Nico: STASERA TUTTI AL CAMPO SOTTO CASA DI DAVIDE CHE BRIGA CI OFFRE DA BERE

Scoppio a ridere un'altra volta, faccio per tornare su Instagram quando suonano alla porta. Controllo l'ora, sono già le tre e mezzo, mi alzo e vado a vedere chi è. Anche se già immagino. Guardo dalla videocamera del citofono ed è lì, con una borsa rosa, guarda il telefono e aspetta che qualcuno risponda. Prendo la cornetta. «Ciao» Le dico e lei alza lo sguardo.
«Ciao! C'è Mattia Bellegrandi?» Domanda con un sorriso, usando il mio cognome vero che non usano praticamente neanche i professori.
«Son io» Le rispondo. «Devi andare dritta sul vialetto davanti a te, superare la prima villa e andare in quella centrale...Aspetta vengo io che se no è un casino da spiegare» Mi sforzo di cancellare la mia inclinazione dialettale, anche se già è molto attutita, visto che ci siamo trasferiti qui da un po'. Infilo il giubbino, rimettendo a posto la cornetta. «REB STO USCENDO SENZA CHIAVI NON CHIUDERE LA PORTA!» Strillo, sperando mi senta e corro fuori in giardino. Abito in una villa che fa parte di un complesso che ha disegnato mia zia per noi. Papà è avvocato, e lei continuava a dire che mostrare il proprio livello economico è importante, per cui ha creato questo giardino imponente e ci ha piazzato tre ville, la prima è la sua e della sua famiglia, in fondo al centro c'è quella della mia famiglia e poco lontana quella dei nonni. Ci siamo trasferiti qui quattro anni fa, quando io dovevo iniziare le superiori, perché papà aveva ricevuto un'importante offerta di lavoro che non poteva rifiutare. E' sempre stato così nella mia vita: cambiare casa, cambiare persone, cambiare lingua. Tutto per mio papà. Raggiungo finalmente il cancelletto, lo apro con uno scatto e lei mi squadra. «Ciao, piacere Mattia» Le dico, lei entra un po' intimorita e mi stringe la mano.
«Piacere, Emmanuela, ma per tutti Emma» Dice, in un sussurro, e all'improvviso sembra così piccola, così indifesa. Non è la ragazza inarrivabile che cammina per i corridoi della scuola. E' più bassa di me, si imbarazza anche solo a presentarsi e ora cammina silenziosamente accanto a me, stringendosi la borsa addosso.
«Ti assicuro che non ti mangio» Cerco di tranquillizzarla.
«Scusami è che mi hanno contattato dei pazzi psicopatici» Spiega. «Proprio immaginandolo io e le mie amiche abbiamo messo i direct e non il numero, sarebbe stato un caos inimmaginabile altrimenti» Continua, e la sua voce inizia ad essere più cristallina, un po' più vivida. Parla bene. Nessun accento, nessuna inflessione, le vocali sono al posto giusto, sembra un vocabolario di italiano. La porta di casa mia è ancora spalancata, Rebecca è lì vicino che si infila il cappello e cerca le sue chiavi tra quelle appese.
«Oh Brì dove cazzo sono le mie chiavi?» Domanda, sempre con poca eleganza mia sorella, io sbuffo, abbasso lo sguardo, sentendomi completamente a disagio con Emma vicino.
«Sono lì per forza» Le rispondo scocciato, Emma mi segue come un'ombra.
«Ripetizioni...» Sussurra Rebecca squadrando Emma.
«Rebecca ti sfondo» La minaccio. «Non le ha prese Ale?»
«Cazzo mi sa di sì» Dice, dopo averci pensato su. «Porca troia, vado a chiederle a zia allora»
«A che ora torni?» Le chiedo sospirando, mentre raccatta la borsa.
«Non lo so» Risponde e se ne va, sbattendo la porta di casa. Emma mi guarda, ancora con la borsa stretta al petto.
«Scusami mia sorella è un po' una scaricatrice di porto» Bisbiglio un po' in imbarazzo, lei sorride cordiale e finalmente - anche se non mi dava molto fastidio - scolla i suoi occhi da me e inizia a guardarsi intorno. «Puoi appendere lì il giubbino» Dico, indicandole un appendiabiti all'ingresso, lei mi ringrazia e posando la borsa tra i piedi leva il giubbino e lo appende accanto al mio. Sotto ha un maglioncino bordeaux molto scollato, infilato nei jeans scuri a vita alta e ha una collanina su cui si alternano delle lettere qua e là, che sembrano essere totalmente sconnesse l'una dall'altra.
«Che bella casa» Dice poi, riprendendo la borsa e mi segue in camera mia.
«Grazie» Rispondo solo, non sapendo bene come comportarmi. Nella tasca dei pantaloni continua a vibrare il mio telefono, neanche fosse appena crollato il mondo. Accendo la luce della scrivania e prendo il libro che era rimasto sul letto.
«Hai la verifica, giusto?» Chiede, aprendo la borsa e tirando fuori un pacchettino di due goleador. Ne prende una e mi offre silenziosamente l'altra, che accetto ringraziandola.
«Sì ho la verifica sulle onde» Le rispondo. «E detto sinceramente non ho mai aperto libro» Lei sospira pesantemente, si siede accanto a me e apre il mio libro.
«Faremo il possibile» Dice. «Anche se è un argomento un po' complesso» Aggiunge.
«Senti scusa la domanda» Lei alza lo sguardo, i suoi occhi grandi mi osservano, quasi mi spogliano e sui suoi denti brilla l'apparecchio sottile. «Ma com'è che una che fa il classico dà ripetizioni di fisica?» Il suo sorriso tirato e anche un po' angosciato si rilassa un po' di più. Non so cosa si aspettava che chiedessi, ma questa domanda le fa quasi brillare la pelle e gli occhi e le ossa, come se le avessi fatto la domanda più bella che potessi.
«Mio papà è un fisico» Spiega. «Insegna fisica allo scientifico, lui ama davvero tanto la sua materia e mi ha passato questa passione...Ecco, non tanto da scegliere il liceo scientifico, ma parecchio» Sorride, abbassa un po' lo sguardo e le sue guance diventano dello stesso bordeaux del suo maglione. «Però dovremmo metterci a studiare ora, se vuoi sapere almeno almeno la base per la verifica di domani» Rialza lo sguardo e io annuisco, lei sembra sollevata, leggera. Mi spiega che le onde sono oscillazioni e mi spiega che possono propagarsi nello spazio, ma anche nel vuoto e più mi parla e più lei, come un'onda, si propaga dentro di me, nel mio sangue, tra ogni mia cellula, ogni molecola. Dopo non so quanto tempo, la fermo.
«Scusami Emma» Le dico. «Scusami»
«No scusa tu Matti» Dice, con quel soprannome che non usa quasi nessuno, visto che preferiscono tutti Briga, si imbarazza ancora. «Ti starà esplodendo la testa»
«Un pochino» Ammetto ridendo.
«Facciamo una pausa» Dice categorica e io le sorrido, prendo il cellulare dalla tasca e controllo un po' i messaggi, quasi tutti di quegli sconvolti dei miei amici, poi mi ricordo della foto. Come cazzo gliela faccio una foto? Che scusa le do? Lei guarda fissa il suo cellulare, spio un po' quello che fa e apre Instagram, controlla i direct e sono davvero tantissimi. «Scusa tu conosci questo?» Chiede, mostrandomi il profilo di un ragazzo.
«No» Le dico, dopo averlo analizzato un po'. «Perché?»
«Perché dice di volere ripetizioni ma a me sembra solo un pervertito» Spiega, un po' intimorita e si rifà piccola piccola sulla sedia, io sorrido, a vederla così vulnerabile.
«Posso?» Le chiedo, indicando il suo telefono. Apro i direct di questo e vedo la sua insistenza, le battute sconce. Capisco che Emma è bella, ma dovrebbe capire che così non otterrà mai nulla da nessuna. Apro la fotocamera, verso il mio viso. «Avvicinati» Le dico, lei mi guarda un po' stranita. «Dai» La incito, lei si avvicina titubante e posa la guancia contro la mia spalla. Scatto e invio con scritto «prova a scriverle di nuovo cose del genere e ti spacco», lei mi guarda un po' confusa e riprende il suo telefono.
«Credi che servirà a qualcosa?» Domanda.
«Guarda che io faccio paura eh» Rispondo, fintamente offeso dalla sua incertezza.
«Oh» Dice lei un po' sorpresa. «A me non fai paura» Ammette, mordendosi un labbro.
«Ah no?» Chiedo, sollevando un sopracciglio.
«No no...Sembri un orso» Si lascia sfuggire.
«Un orso?» Domando confuso e lei si imbarazza da morire.
«Direi che questa pausa è durata anche troppo» Dice, per sviare e io le sorrido. Riprende il libro e proviamo a fare qualche esercizio, a me non ne esce praticamente nessuno e lei non sa più come spiegarmeli, sembra proprio che io abbia la testa da un'altra parte. E in effetti, mi sa che è così. «Ora sono io ad aver bisogno di una pausa» Ammette, lasciandosi ricadere sulla sedia, io rido.
«Non pensavi fosse così difficile eh»
«No, in realtà no» Ammette, riprende il cellulare e io prendo il mio, apro Instagram e le scatto una foto, con il telefono in silenzioso in modo che non se ne accorga. La taggo, metto una GIF assurda di un'onda e poi la posto con scritto «La prof si è già arresa». Non appena carica lei schiaccia velocemente la notifica e mi fulmina con lo sguardo.
«Che idiota che sei» Commenta con una risata un po' trattenuta, ma con più tranquillità e un po' rilassata rispetto a quando è arrivata. Apre anche lei la fotocamera di Instagram, mette il filtro di un gatto e ci inquadra nello schermo del suo iPhone. Scatta, senza farmi vedere il risultato e si allontana. «Lo vedi dopooo!» Esclama, saltando via dalla sedia e rifugiandosi in un angolo della mia stanza. Io sbuffo e aspetto la notifica, mentre i miei amici rispondo in direct alla mia foto.

Da @nico.la a @sbrigati: OH FRA MA L'HAI PURE TAGGATA
Da @giorgio.zanella a @sbrigati: 🤤
Da @dave.rolla a @sbrigati: Briiiii ma non ti si è alzatooooo???????

Scuoto la testa e finalmente arriva la notifica, guardo la foto, con un milione di filtri e le nostre facce da gatti, sotto ha scritto «@sbrigati è uno studente fallito» rido e la guardo, nell'angolo della mia stanza, che scrolla la home di Instagram.
«Senti secondo me è inutile ripassare ancora, la teoria la so, gli esercizi amen» Le spiego.
«Ma come amen?» Chiede un po' sconvolta, torna seduta accanto a me. «Hai da fare?» Domanda, per la prima volta così invadente con me.
«Dovrei uscire» Spiego. «A comprare delle cose al supermercato» Aggiungo.
«Va bene dai...Ti do il mio numero, così quando torni fai qualche esercizio e me lo mandi su Whatsapp» Spiega, prendendomi il telefono dalle mani.
«Ma non voglio disturbarti» Ribatto, ma lei sembra non farci caso e scrive velocemente il suo numero, poi si scatta un selfie e lo mette come immagine del suo contatto.
«Mi raccomando» Dice, con una nuova apertura nei miei confronti. «In bocca al lupo per la verifica eh» Aggiunge poi.
«Preghiamo gli dei» Rispondo facendola ridere, mentre raccatta le sue cose, tira fuori un altro pacchettino di goleador dalla borsa, ne mette una tra i denti e mi porge l'altra. «Ma hai una fabbrica di goleador?» Domando un po' confuso, lei sorride.
«Mi piacciono da impazzire» Risponde, mentre accetto la caramella. «Ma solo quelle alla frutta, non le altre alla coca cola o quei gusti assurdi» Aggiunge.
«Giusto» Commento e mi alzo per accompagnarla alla porta, metto anche io il giubbino e prendo le chiavi, visto che devo uscire.
«Poi scrivimi su Whatsapp così mi salvo il tuo numero» Mi ricorda, mentre camminiamo.
«Certo certo» Le dico.
«E grazie per aver scritto a quello» Aggiunge.
«Te pare, grazie a te per avermi fatto imparare il triplo di quello che sapevo in un pomeriggio» Raggiungiamo il cancelletto e lei mi sorride, si avvicina ad una macchina accostata lì.
«Ciao Matti» Mi saluta.
«Ciao Emmanuela» La saluto e lei ride. Mi avvio sulla strada, raggiungo il primo Carrefour e mi butto tra le corsie cercando l'alcol per stasera. Il telefono mi squilla nella tasca e io rispondo senza neanche guardare il numero.
«Oh fra» Dice Davide. «Ma sei vivo?» Domanda. «Ti ha messo sulle sue storie» ed inizia a parlare alla velocità di una mitragliatrice.
«Sono vivo» Gli dico, quando finalmente smette di parlare. «Quanto cazzo è fregna» Realizzo, fermandomi davanti agli alcolici, rimango immobile, con il telefono schiacciato contro l'orecchio.
«Eh fra ce credo»
«No no Davidì non hai capito» Gli dico. «E' proprio fregna» Ripeto.
«Vabbé ma è successo qualcosa?» Chiede, ma io non rispondo. «Oh?»
«E' bellissima fratè» Dico dopo un po'. «Ma proprio tanto»
«Muovi il culo che ti aspettiamo con l'alcol» Mi incalza e io annuisco come potesse vedermi e metto giù, guardando tra gli alcolici esposti. Una vodka al limone, una tequila e poi mi blocco a guardare una bottiglia di Pinot. Un Pinot con il tappo dello stesso bordeaux del suo maglione, lo stesso delle sue guance, lo stesso che vorrei rivedere immediatamente.

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