Domenica 19 dicembre 2018
Pedalarti in un risciò, accartociare i tuoi fuseaux
Quando ride le si forma una fossetta accanto alle labbra, s'imbarazza anche per le piccole cose, indossa sempre il bordeaux, la stessa sfumatura delle sue guance, parla di fisica come io parlo del calcio. Viene tre volte a settimana a casa mia, ci spendo più di cinquanta euro solo per vederla girare sulla sedia accanto a me. Ha scoperto che ha le rotelle e, come una bambina, non ha saputo resistere e ogni tanto inizia a girare, chiudendo gli occhi. Poi ride, si imbarazza e mi dice «dai, ora continuiamo» e poi si mangia una Goleador, sempre alla frutta. Mi sorride e poi mi sgrida, mi dice che non capisco una sega. «Scusa non volevo essere volgare» e io rido perché lei si imbarazza di tutto. Le brilla l'apparecchio quando sorride e gioca con la punta dei capelli mentre io provo a fare gli esercizi da solo, che poi non mi vengono e lei si accartoccia sulla sedia. «Ma mi ascolti?» e non glielo dico ma mica l'ascolto poi così bene. Ci sono troppe cose da guardare in lei per poter capire anche fisica mentre è accanto a me. Mi chiede di farci un selfie, ora non si vergogna più così tanto di avvicinarsi a me, mi dice che le piacciono le foto e che vorrebbe una macchina fotografica. «Il mio bisnonno faceva il fotografo» mi racconta e guarda il suo telefono. «Si strapperebbe i capelli dalla testa sapendo che ora le foto le facciamo solo con questi». Lancia il cellulare e controlla i miei esercizi. Assurdo, per una volta mi vengono. «Dai che se continui così diventi un fisico», ridiamo e le chiedo se vuole un bicchiere d'acqua, un po' di succo o anche una birra, si mangia un'unghia e non mi risponde. «Va bene il succo?» le chiedo e lei annuisce, ogni tanto fa così. Così come se il suo desiderio più grande fosse solo qualcuno che l'aiuti a decidere, anche queste cose stupide. «Ellis mi ha fregato la penna» si lamenta frugando nel suo astuccio a fiori Eastpack. «Perché l'ho scelta anche quest'anno come compagna di banco?» è disperata e io penso a Davide, che è il mio compagno di classe. «A me Davide non frega niente» le spiego e lei mi guarda male. «Tu non porti neanche la testa a scuola!» si arrabbia e finge di picchiarmi, poi cerca di tornare seria, mi chiede una penna, no anzi «una bic nera cristal da 1.6 millimetri» e io le faccio una faccia assurda. «Se vuoi c'ho una penna con su Spiderman che ho comprato alle elementari» ride, mi spiega che è un po' fissata con i dettagli, tipo la bic nera cristal e con il righello di metallo. Incontra le mie sorelle Alessia e Rebecca poi, un giorno, in mezzo al salotto, che sono a casa perché hanno fatto un mezzo casino con qualcuno, e poi piove, e insomma sono a casa sul divano e guardano la tv mangiando il gelato che se le becca mamma le riempie di pizze. «Oh Emma, eccoti» dico, non avendola neanche sentita citofonare, Rebecca l'aveva già vista e la squadra un po', Alessia mi guarda ammiccante. «Non ce la presenti?» Domanda e io mi vorrei sotterrare, serro i pugni. «E' solo una mia compagna di scuola, mi aiuta in fisica» Spiego e loro si guardano in quel loro modo enigmatico, ma mica le capisco, io. Un giorno si ammazzano e il giorno dopo comunicano solo con gli occhi. Emma mi guarda strana, appende il giubbino al suo posto, Rebecca le si para davanti. «Piacere, Rebecca» le porge la mano, Emma gliela stringe un po' imbarazzata. «Emmanuela, ma chiamami Emma» sussurra, Alessia imita Rebecca e poi le prego di lasciarci stare. «Dobbiamo studiare», loro roteano gli occhi. La trascino nella mia stanza e lei è silenziosa, non si ingozza di Goleador e si innervosisce non appena sbaglio o mi distraggo. «Senti se vuoi possiamo saltare per oggi, ti pago lo stesso» le dico, le poso una mano sulla coscia e lei me lo lascia fare. «No, ma che sei pazzo», mi prende la mano. «Ho litigato con Chiara, e giustamente Allegra ed Ellis le danno ragione» le stringo la mano e lei sembra così piccola, piange poi e io non so che fare, che dire, imito le mie sorelle, l'abbraccio e le bacio la testa. «Se vuoi parlare» le dico, lei sorride, si asciuga le guance. «Ma perché non te cola il trucco?» mi mordo la lingua per la lieve inflessione dialettale e lei ride, ride sul mio petto. «E' waterproof» faccio una strana smorfia e fingo di capire. Parliamo di Roma, di casa mia, le dico che mi manca, un po', ma alla fine non è male neanche qui, mi sgrida perché mi sforzo di parlare bene con lei, ma non ho intenzione di cedere, non con lei. Lei e i suoi capelli che profumano di pesca e l'eyeliner waterproof. «Ma quindi a Natale mi aiuti a fare i regali a quelle due sclerate?» e lei annuisce e mi fa vedere una palette di ombretti che starebbe da dio sulla carnagione di Rebecca e io non ci capisco niente. Poi tira fuori i trucchi dalla borsa, li rovescia sulla mia scrivania e macchia il mio libro di fisica. «Scusa», ma di che la devo scusare io, lei. Mi fa vedere un'illuminante nuovo e il rossetto che ha pagato con i soldi che le do per le lezioni. «Gli altri li ho messi da parte per la macchina» mi spiega. Le sorrido, le chiedo come va la preparazione alla maturità, mi dice che sta facendo finta di niente se no le viene l'ansia. «E la tesina?» abbassa lo sguardo. «Porterai fisica sicuramente» si siede sul mio letto, accarezza un peluche a forma di ghepardo che ho sul comodino. «Non porto fisica» dice solo, mi siedo accanto a lei e prende un piccolo taccuino, tutto scombinato e tenuto male, ma glielo levo dalle mani. «Questo no» le dico e lei si scusa, imbarazzata, ma vince la curiosità. «Perché no?» domanda e le dico che è personale. Poi se ne va e rimango sul letto, con quello stupido taccuino in mano, con sulla copertina scritto MATTI. Solo lei mi chiama così, eppure a tredici anni quando l'ho preso non ci ho scritto Briga, ci ho scritto Matti e per un attimo penso che mi sta un po' fottendo la testa e apro quelle pagine e rileggo le scritte e le frasi, come sono cambiate insieme a me, cresciute. L'ultima, scritta con una bic nera cristal 1.6 millimetri. «Che sono pazzo di te, e non mi posso più fermare, un limite non c'è» e lo chiudo. Prendo il telefono, scorro i messaggi di Whatsapp, leggo prima i suoi.

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Il Mio Veleno
Fiksi PenggemarPRIMO POSTO IN #BREMMA IL 13/11/2018 Mattia Bellegrandi è un ragazzo di diciassette anni, quasi diciotto, con una famiglia benestante e degli amici un po' scemi, nessun interesse particolare per le ragazze da quando la sua ex l'ha mollato, più che a...