-Perché con te non posso farlo- fu la risposta di Jace. -Non posso parlarti, non posso stare con te, non posso nemmeno guardarti. Jace non dimenticherà mai l'espressione sul viso di Clary dopo che aveva pronunciato quelle parole: uno sgomento improvviso, tramutatosi in pallido dolore.
Non era la prima volta che la feriva. Ma mai perché lo aveva voluto, anche se gli era capitato di aggredirla ciecamente, come la volta in cui lei lo aveva sorpreso a baciare Aline e lui le aveva detto tutto quello che di più orribile gli fosse venuto in mente. Come se le parole, da sole, avessero il potere di farla scomparire e rimandarla in un luogo per lei sicuro.
Aveva sempre messo la sicurezza di Clary al primo posto. Se così non fosse stato, ora niente di tutto questo starebbe accadendo. Jace si domanda se lei riesca a leggergli il terrore negli occhi, le schegge di quei sogni in cui lui la pugnalava, la soffocava, l'affogava e poi si guardava le mani, grondanti del sangue di lei.
Clary fa un passo indietro . C'è qualcosa sul suo viso, ma non è paura. È infinitamente peggio. Si gira, quasi inciampando per la fretta, e si precipita fuori dalla discoteca. Per un istante lui resta in piedi a osservarla. È esattamente quello che voleva, gli grida una parte del suo cervello. Allontanarla. Mandarla via per salvarla.
Ma il resto della sua mente sta
guardando la porta che sbatte dietro
di lei, constatando la definitiva
rovina di tutti i suoi sogni. Un conto
era spingerla fino a quel punto, un
altro lasciare che fosse per sempre.
Perché lui conosce Clary, e se lei ora
se ne va, non tornerà mai più indietro.
Torna indietro.
In un modo o nell’altro Jace è fuori
dalla discoteca. La pioggia cade a
terra come una miriade di
implacabili proiettili. Vede tutto in
un’unica scena, come ha sempre
fatto, come è stato addestrato a fare.
Il furgone bianco vicino al
marciapiede, la pendenza della
strada quando curva per tornare a
Greenpoint, la buia apertura di un
vicolo dietro il bar, e Clary
all’angolo, sul punto di attraversare
la strada e uscire dalla sua vita per
sempre.Quando lui la afferra, lei si libera il
braccio con uno strattone, ma
quando le mette una mano sulla
schiena, si lascia guidare nel vicolo.
La mano dalla schiena scivola sul
braccio mentre lei si gira per
guardarlo in faccia, e lui torna a
vedere tutto quello che li circonda: il
muro di mattoni bagnati sullo
sfondo, le finestre sbarrate, le
attrezzature musicali gettate via che
affogano dentro pozzanghere di
acqua piovana.
E Clary sta alzando il viso, piccolo e
pallido; il mascara cola, formando
rivoli lucenti sotto gli occhi. I capelli
sembrano più scuri, incollati alla testa. Si sente fragile e al tempo
stesso pericolosa, fra le braccia di
lui, un vetro pronto a esplodere.
Strattona di colpo il braccio. — Se
hai in mente di scusarti, non perdere
tempo.
Non voglio nemmeno stare a sentire.
— Lui cerca di protestare, di dirle
che voleva soltanto aiutare Simon,
ma lei scuote la testa, e le sue parole
sono missili distruttivi.
— E non potevi dirmelo? Non
potevi mandarmi un messaggio di
due parole per dirmi dov’eri? Ah,
aspetta. No, non potevi, perché hai ancora il mio cavolo di cellulare.
Ridammelo.
Lui allunga una mano per restituirle
il telefono, ma non è davvero
consapevole dei propri movimenti.
Vorrebbe risponderle: No, no, no,
non potevo dirtelo. Non posso
dirtelo. Non posso dire che ho paura
di farti del male anche se non voglio
farlo. Non posso dire che ho paura
di diventare come mio padre. La tua
fiducia in me è la cosa più bella
della mia vita e non posso
sopportare di distruggerla.
Invece tutto quello che gli esce è un — Perdonami…
Clary impallidisce, e il rossetto
sembra brillare di più, su quello
sfondo smorto.
— Non so nemmeno per cosa dovrei
perdonarti. Perché non mi ami più?
Si allontana senza guardare dove va
e inciampa. Lui non può trattenersi e
la sostiene. È così delicata e
tremante fra le sue braccia, sono
entrambi bagnati fradici e lui non
resiste. Appoggia le labbra su quelle
di lei, appena dischiuse, e sente il
rossetto, sente il sapore di zenzero,
sente Clary.
Ti amo. Non può dirlo, perciò cerca
di comunicarglielo con la pressione
delle labbra, del corpo e delle mani.
Ti amo, ti amo. Le tiene i palmi
intorno alla vita, per sollevarla, e se
ne era dimenticato: lei non è fragile,
lei è forte. Gli sta conficcando le
dita nelle spalle, la bocca fiera
contro la sua, e mentre lui la
appoggia sopra un amplificatore
rotto sente il cuore battergli come se
volesse saltare fuori dal petto.
Basta, gli sta dicendo la testa. Basta,
basta, basta. Si costringe a toglierle
le mani di dosso e a metterle contro
il muro, da una parte e dall’altra
della testa di lei.
Solo che in questo modo i loro corpi
si sono avvicinati ancora di più, ed è
stato un errore. Riesce a vedere il
collo di lei che pulsa. Ormai il
rossetto è scomparso, così non può
fare a meno di fissare il rosa
garofano di quella bocca accesa dai
baci, che sussurra: — Perché non
puoi parlarmi? Perché non puoi
guardarmi?
Il cuore gli batte come se volesse
liberarsi dal corpo e andare a vivere
da solo, da qualche altra parte. —
Perché ti amo.
È la verità, forse una verità
inopportuna, ma che lo sta prendendo a pugni con la forza di
una bugia. Il viso di lei si
addolcisce, gli occhi si spalancano.
Tiene le mani contro di lui, piccole,
delicate e gentili, e lui le si
abbandona contro, respirando il suo
profumo sotto l’odore della pioggia.
— Non m’importa — si sente dire.
—Sono stanco di fingere di poter
vivere senza di te. Non lo capisci?
Non vedi che questo mi sta
uccidendo?
Lui sta affogando, ed è troppo tardi.
Si protende verso di lei come un
drogato alla disperata ricerca della sostanza che aveva giurato di non
toccare mai più, dopo aver deciso
che è meglio bruciare in un’ultima
fiammata che vivere per sempre
senza.
E quel grigio mondo attorno si
accende di colore, quando loro si
avvicinano, corpi che sbattono forte
contro il muro. L’acqua ha inzuppato
il vestito di Clary e l’ha reso viscido
sotto le dita di lui, come l’olio di un
motore. Jace la afferra e la tira a sé,
il desiderio che plasma i loro corpi a
ogni contatto. Il respiro di lei gli
risuona ansante nelle orecchie, le
palpebre sono socchiuse e tremanti.
Lui le tocca la pelle in ogni punto possibile: la nuca e le clavicole, dure
sotto i polpastrelli; poi le braccia,
lisce e scivolose. Anche le mani di
Clary sono su di lui, non più timide
delle sue, e ogni volta che si
sfiorano è come se un fuoco
divampasse per cancellare la pioggia
e il freddo.
Lei gli tiene le spalle quando solleva
le gambe e gliele stringe attorno alla
vita, strappandogli un suono che
nemmeno lui sapeva di poter
emettere. Ormai è troppo tardi per
tornare indietro. Le mani si
contraggono involontariamente, e
Jace sente il tessuto che copre i
fianchi di lei lacerarsi sotto le proprie dita, finché non le tocca la
pelle nuda. I loro baci sanno di
pioggia. E se prima Jace non stava
cadendo, lo sta facendo ora.
Pensa alla Caduta, quella degli
angeli che eternamente precipitano
nel fuoco, e a Icaro, volato troppo
vicino al sole. Aveva già pensato
all’agonia della Caduta, al terrore
per essa, ma mai che avrebbe potuto
essere piacevole. Lucifero non aveva
voluto cadere, ma nemmeno
diventare servo. Mentre Jace stringe
forte Clary a sé, più vicino di quanto
avesse mai immaginato, si chiede se
non sia soltanto nell’atto di cadere
che si è davvero liberi.
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Shadowhunters humor e robe varie
FanfictionHumor, memes e altre cose a proposito di Shadowhunters. I personaggi appartengo solamente a Cassandra Clare 03/08/2018 #21 in Clary 04/08/2018 #11 in TMI 09/08/2018 #4 jessa 10/08/2018 #3 in jemma 13/08/2018 #1 in TID 21/08/2018 #1 in Wessa