I fiori non piangono

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(Racconto vincitore della lista "Proponi la tua storia (OS - 2)" indetta dal Club dell'Inchiostro)


«Uomini fummo, e or siam fatti sterpi»
-Dante, Inferno, Canto XIII


Un giorno mi dicesti che Filolao era un idiota.

Eri ancora un dottorando, anche se solo per pochi giorni. L'ultimo esame era alle porte e qualche volta davi di matto. Tornavi a casa dopo le lezioni con la cravatta sfatta, mollemente adagiata attorno al collo come la pelle smessa di un serpente che ha appena fatto la muta, e la giacca aperta su quella camicia immacolata che, chissà come, era balzata fuori dalla morsa ferrea dei pantaloni. Ti aggiravi per casa anticipato dal cicaleccio scoppiettante dei tuoi pensieri, come uno spettro con le sue catene. Lo facevi a volte inconsciamente, altre volte con la pretesa inespressa che mi offrissi di consolarti. 

"Oh, amorinotesorinocucciolinopuccipicciò, vuoi che ti faccia una bella cioccolata calda?" 

Ovviamente sono sempre riuscita a indovinare i tuoi propositi ancor prima di te, e non ti ho mai dato alcuna soddisfazione. 

Quel particolare giorno, però, credo tu non nutrissi l'ingenua speranza che io accorressi da te, o quanto meno non avesti la pazienza di aspettarmi. Facesti irruzione in cucina con l'impeto di un uragano, ti sedesti di fronte a me, con un colpo di frusta del tuo braccio cinto dalla manica di tweed ripulisti il tavolo dai miei testi di biologia e, infine, mi strappasti di mano l'infuso di malva.

Poi, semplicemente, scoppiasti.

Ascoltai per quasi un'ora la tua biliosa invettiva contro l'intera, stramaledetta scuola pitagorica, contro Filolao e le sue idee disilluse sulla mortalità dell'anima. Armonia di tutti gli elementi del corpo un corno. L'anima è immortale e lui nient'altro che un precursore di quell'ammosciapalle di Leopardi, ecco tutto. D'altronde che cosa c'era da aspettarsi da uno che si è inventato dal nulla qualcosa di inutile e irragionevole come l'Antiterra pur di arrivare a un numero esatto di dieci pianeti? Sì, perché ovviamente anche il sole è un fottutissimo pianeta e, piuttosto che adottare fin da subito una cosa banalissima come la teoria eliocentrica, Filo-sotuttoio-lao l'ha pensato come una grossa lente che riflette la luce di un fuoco centrale chiamato Estia, la dea più sfigata di tutto l'Olimpo che almeno grazie a lui ha avuto il suo momento di gloria.

Sapevi perfettamente che, di tutto quanto mi stavi dicendo, potevo capire solo quello che ricordavo dai tempi delle superiori, eppure non stavi solo facendo sfoggio della tua erudizione, né era tua intenzione sfruttare la mia ignoranza come pretesto per un ripasso. Sembravi oppresso da un'angoscia che ti era totalmente estranea, e ogni più piccolo gesto tradiva la tua sincerità. Avevi, al contempo, il tono di una vecchia pettegola inacidita e gli occhi rossi di un bambino che è lì lì per mettersi a piangere, e parevi aver dimenticato che le mie tisane ti facevano schifo, perché quando la tua voce sembrava sul punto di raggrinzirsi come un palloncino cui sia stata risucchiata via tutta l'aria, invece di riprendere fiato ne bevevi un sorso, per ricominciare a parlare quando l'intruglio era ancora a metà del suo percorso lungo l'esofago.

Capii che il tuo sfogo era autentico e non ti interruppi, ma attesi che terminassi le tue argomentazioni, poi mi sporsi sul tavolo, presi le tue mani fra le mie e dissi:

«Sapevi che il colesterolo costituisce il materiale di partenza per la sintesi del testosterone e di altri ormoni steroidei?»

Mi guardasti per qualche secondo, con l'aria di chi sta cercando di riallacciare un contatto con la realtà dopo un sonno infinitamente lungo.

«Lo sai che in scienze non arrivavo alla sufficienza», rispondesti, trasognato.

«Certo che lo so», replicai, «Ero io a darti ripetizioni»

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