Fight on Stage.

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Michael aveva una brutta sensazione. Come se qualcuno da lassù stesse cercando di avvisarlo di quello che di lì a poco sarebbe successo. E la sensazione si acuiva ancora di più quando gli occhi verdi di Michael si posavano sulla sua tracolla buttata ai piedi del letto. Eppure il ragazzo non sapeva spiegarsi il motivo, né tantomeno avrebbe interrotto i suoi pensieri per scoprirlo. La sua attenzione andava da Sarah ad Alex, e così all'infinito, come un ciclo interminabile. Ad un tratto la porta si aprì lentamente, lasciando intravedere l'alta statura di Luke. 

«Hey» Michael emise un suono flebile che stava a indicare un saluto. Il biondo roteò gli occhi e fece un respiro profondo. 

«Tutto bene?» Niente. Neanche più dell'interesse finto. 

«Senti, Michael, mamma é preoccupata. Sei tornato a casa come un fantasma, non ti sei neanche degnato di un saluto e ti sei buttato sul letto senza niente nello stomaco.» 

Occhi che si guardavano negli occhi. Luke aveva la sua attenzione.

«Cosa ne pensi di scendere in salotto e farci una partita a fifa? Magari ordiniamo una pizza e un paio di birre. Mamma e papà sono a lavoro, quindi non c'é nessuna scusa a cui tu possa appellarti.» 

Michael continuò a guardarlo, intensamente, con le palpebre socchiuse. Il ragazzo sulla soglia, nel frattempo, aspettava una risposta che non arrivò mai. 

Un quarto d'ora dopo Michael e Luke era impegnati in un intenso scontro tra Bayern Monaco e Real Madrid quando il ragazzo delle pizze bussò alla porta. La serata passata tra birre, pizze e consolle sembrava esser stata d'effetto, ma non appena Michael si ficcò sotto le coperte la sensazione che qualcosa di sbagliato stesse per accadere si manifestò nuovamente. Non sapeva perché, non sapeva da dove quella sensazione arrivasse, ma aveva la certezza che il suo sesto senso non si sbagliasse. Se nel pomeriggio si era addormentato con la disperazione che gli chiudeva lo stomaco, quella sera era la preoccupazione a conciliargli il sonno, stranamente. Non appena la sveglia suonò, Michael balzò in piedi, cercando di affrettarsi nel bagno prima che Luke lo occupasse. Cosi, mentre il biondo si preparava, lui mangiò un paio di digestives. Arrivarono a scuola in orario e Michael si aggregò a suo fratello nella cerchia di amici senza proferire parola, cercando almeno di sembrare cordiale. La preoccupazione che gli aveva alimentato la serata lo colpì forte ancora una volta, mentre le sue mani corsero sul collo. Si girò di scatto tossendo e quando si raddrizzò, la sensazione svanì. È passata, pensò finalmente. Ma non poteva essere passata. Finalmente poté comportarsi il più normalmente possibile, così cerco di inserirsi nel discorso degli amici di Luke. Stavano ridendo. Rise anche lui di rimando, senza neanche sapere perché. Allora ne cercò la motivazione. 

Al centro del gruppo c'era un ragazzo. Sembrava avere qualche anno in più rispetto agli altri, aveva i capelli ricci di un castano molto chiaro e stava leggendo ad alta voce un foglio che teneva stretto in mano, di tanto in tanto si interrompeva commentando acidamente le parole. Sorrideva, ma quel sorriso aveva qualcosa di agghiacciante, nonostante le fossette e i denti un po' scheggianti. Se quello fosse stato un programma TV e Michael avesse involontariamente rimosso il volume, avrebbe pensato che era indubbiamente un bel ragazzo. Michael cercò di capire cosa fosse scritto su quel foglio. 

«Dai, Ash, leggila un'altra volta.» Il desiderio di quel ragazzo fu presto esaudito. 

«..."Sarah, ho bisogno di te. Te lo dico senza mezzi termini, tanto non so nemmeno se leggerai mai queste righe...Io ho davvero bisogno di te. E’ una cosa che non posso affrontare. Non posso non averti qui. La mia testa è diventata una gabbia ed io un prigioniero che non può da scapparvi. Tu sei la chiave della gabbia, solo tu puoi esserlo."» Una fragorosa risata. Michael sembrava paralizzato. Era la lettera che aveva scritto a sua sorella. Era la sua lettera. Sua. Improvvisamente quella strana sensazione aveva un senso. L'immagine della tracolla malamente buttata a terra gli faceva salire le lacrime a terra. Come aveva potuto distrarsi così? Come aveva potuto far si che un idiota del genere finisse per leggere le sue parole? Non lo sapeva. Non voleva saperlo. 

Here Without You. » Clifford a.uDove le storie prendono vita. Scoprilo ora