Gli occhi non si aprivano bene, la vista era appannata, i ricordi confusi.
Sentiva solo un dolore lancinante alla mano.
Sentiva il freddo sulla pelle, dovevano essere passate delle ore, era sera o forse notte. Michael provò a mettersi in piedi, si reggeva a malapena. Non riconobbe nemmeno dove si trovasse, non era Stockwell.
Aprì gli occhi, si abituò alla luce del lampione. Mise a fuoco la strada, un’insegna spenta, una saracinesca abbassata fino a terra.
“Brixton Bar & Grill” recitava l’insegna; mancava la x, ma Michael capì comunque.
Mettendosi in piedi, si rese conto che fare peso sulla mano sinistra gli era impossibile. Lanciò uno sguardo e vide una profonda ferita, medicata.
Chi poteva avergli fatto del male? E chi poteva averlo guarito?
Prese il telefono tra le mani, doveva chiamare almeno un taxi o chiamare Alex, doveva fuggire di lì. Si ritrovò il blocco schermo cambiato: prima aveva una foto che aveva scattato a Oxford Street, adesso invece c’era una nota recitante:
“Tu adesso sei il nostro spacciatore. Non provare a scappare, appena giri l’angolo ti prendiamo. Controlla la tua tasca destra, hai della cannabis. Batti 3 colpi sulla saracinesca e ti apriranno.
P.S. Non so se lo sai, ma quel locale dismesso è un locale per alcolisti e drogati. Fa’ il tuo lavoro e ritroverai chi cercavi.”
Non c’era scritta nessuna firma, ma Michael improvvisamente si ricordò tutto.
«C-Cosa devo fare?» balbettò Michael, per una volta senza la più pallida idea di come agire.
«Mm.. Mi serve qualcuno di nuovo che spacci qui a Brixton. Sai, le stesse facce si riconoscono, Brixton non è proprio il posto libero di prima. Ogni tanto la polizia gira, non possiamo rischiare di farci prendere. Qua il mercato è buono, si fanno soldi. Potresti guadagnarci pure tu. E poi sono molto amico di Elijah, se gli dico che ti comporti bene ti aiuterà..» spiegò quello. Parlava veloce, era un uomo d’affari capace, sapeva come convincere.
«Non voglio spacciare.» oppose resistenza.
«Devi.» rispose il boss, calmo e serio.
«Non lo farò.» fece Michael, un tono ovvio, come se stesse dicendo la cosa più banale del mondo.
L’uomo si girò la pistola che Michael gli aveva restituito tra le mani e la alzò, puntandola contro il ragazzo, sicuro, all’altezza del petto. Michael piegò il braccio e chiuse la mano a pugno, poi con l’osso del polso fece per colpire l’uomo sul proprio polso, sperando che la pistola cadesse a terra.
Partì un colpo, il proiettile si ficcò nella carne della mano, sotto le nocche. Il boss, caduto a terra, si lasciò andare ad una risata argentina, felice di come il ragazzo si fosse dato al zappa sui piedi.
Poi la vista si annebbiò.
«Chiama Step, c’è …. agazz .. curare.» sentiva parlare in modo strascicato, a tratti, o forse era semplicemente lui che non ce la faceva. Si sentì mancare le forze e la concentrazione lo abbandonò man mano.
«Gli ho levato il proiettile, ho messo la fascia. Mi devi 70.»
«Tyler, tu ricordati di descrivere come è vestito, così lo riconosceranno.» stavolta le parole le sentì bene, forse era rinvenuto.
«Va bene, capo.»
Si sentì sollevare, posare su un sedile con poco garbo. Però poi, facendosi cullare dall’andamento dell’auto s’addormentò come un bambino.
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Here Without You. » Clifford a.u
FanfictionMichael era un ragazzo tutto cuffiette e sigarette. Le cuffie erano la sua casa, le sigarette la sua chiesa, la sua religione, frutti di una vita rivelatasi un completo inferno. A causa sua, certo, ma non solo. Erano 4 anni che non vedeva sua sore...