Michael ed Alex passarono tutto il pomeriggio a guardare le foto di Sarah e della sua famiglia. La ragazza era felice, quasi raggiante. Michael le aveva permesso di entrare nel suo passato dove di solito si nascondeva. Era felice perché stava condividendo con lei ciò che di più caro aveva al mondo.
Michael parlava di sua sorella in un modo che la sorprendeva e la lasciava intenerita. Aveva gli occhi lucidi e la voce tremolante per la commozione dei ricordi, nonostante riuscisse sempre a vedere l’ombra nera della sua famiglia violenta sugli occhi.
Erano passate ore ormai e, presi dalle fotografie, non avevano sentito la porta d'ingresso sbattere, segno inconfutabile che Madison avesse avuto una brutta giornata a lavoro. Quando questo succedeva la donna andava a farsi un bagno caldo senza neanche degnarsi di cucinare, avrebbero ordinato una pizza. Quel giorno però qualcosa catturò la sua attenzione: passando per il corridoio del secondo piano, Madison sentì delle risate troppo femminili per appartenere a uno dei suoi figli. Così avvicinatasi alla porta della stanza notò che Michael era in compagnia di una ragazza. Erano entrambi seduti sul letto, abbastanza vicini, le mani che si sfioravano, lui le stava mostrando qualcosa sul pc e inevitabilmente un sorriso apparve sulle sue labbra. Il ragazzo che tanto la preoccupava aveva smesso di farlo. Decise che avrebbe indagato sulla ragazza misteriosa più tardi, adesso la vasca da bagno la stava chiamando.
Quando la donna uscì dal bagno, i due ragazzi stavano uscendo dalla camera di Michael. «Restate a cena?» propose ai due con uno sguardo luminoso.
«Grazie dell'invito Mrs. McChesney, ma mia madre mi aspetta.» liquidò la ragazza gentilmente scendendo poi i gradini della scalinata che portava all'ingresso.
«La accompagno e arrivo.» fece il ragazzo alla sua matrigna prima di raggiungere la balaustra della scala. Madison annuì facendogli un occhiolino, poi andò a sistemare le proprie cose nella camera patronale.
Iniziava a fare freddo, il vento era abbastanza calmo, ma la temperatura si stava abbassando, tipico segno che fossero a metà settembre. In pochi giorni Michael era in un certo senso cambiato cosi tanto: era un po' meno solo, un po' più amato. Stranamente, la presenza di una ragazza non lo turbava, non cosi tanto, almeno. Aveva sempre pensato che qualsiasi altra ragazza avrebbe conosciuto sarebbe stata come uno scialbo tentativo di sostituire Sarah. Invece Alex era diversa: si stava mettendo in un punto a lui sconosciuto, tra il bene e qualcos'altro, senza pretendere o avere il minimo desiderio di sostituirsi ad una delle figure femminili a lui mancanti. Michael era certo che lei volesse aiutarlo, volesse aiutarlo a riempire quei solchi quanto prima possibile.
«Stai bene?» chiese Alex scendendo i gradini della metro.
«Si» rispose Michael. Perso nei suoi pensieri e nelle sue riflessioni non si era accorto che la ragazza avesse tentato di iniziare una conversazione. Era fuori di testa.
Un silenzio profondo calò di nuovo, fino a quando non arrivarono. Da quel momento fu la ragazza a guidarlo fino a casa propria.
Scesero a Temple, poi fecero qualche centinaio di metri a piedi e si intrufolarono in un vicoletto. Era stretto e senza luce risultava davvero angusto.
«Eccomi qui. Questa è casa mia.» annunciò la ragazza fermandosi davanti ad uno stabile bianco, con una porta semplice. Essex Street, 20 recitava la targhetta.
Michael si appoggiò alla parete, iniziando a fumare una sigaretta. Aveva fumato decisamente poco quel pomeriggio.
«Va’, la madre di Luke ti sta aspettando.» lo incoraggiò Alex avvicinandosi.
«Ma che me ne frega, Alex. Non mi piace stare li. Mi sento inutile.»
«Ma tu non sei inutile.» provò a confortarlo, allungando le braccia per abbracciarlo, fino a stringerlo a sé. Michael teneva un piede appoggiato al muro, la sigaretta tra le dita.
«Allora, ricordalo, non sei inutile.» mormorò Alex allontanandosi dal ragazzo, tenendo ancora le mani dietro alle sue spalle.
«Uhm.» bisbigliò mordendosi il labbro, poi fece un altro tiro ed allontanò la mano che stringeva la sigaretta, facendo cader via un po’ di cenere.
Repentinamente, il ragazzo mise la mano sinistra sul mento di Alex, per abbassarlo verso di sé. Espirò del fumo, poi avvicinò ancor di più il viso della ragazza e fece attaccare le loro labbra.
Stavolta non era involontario, stavolta Michael lo voleva con ogni cellula del suo corpo quel bacio. Premette le sue labbra su quelle di Alex, incastrandole perfettamente le une con le altre. Si lasciarono andare entrambi a quel bacio che si trasformò in un qualcosa di totalmente diverso. Un bacio urgente che aveva tutto il tempo del mondo dalla propria parte. Un bacio al quale urgeva respirare, anziché esalare. E Michael fece presto ad abituarsi, aveva la netta sensazione che i loro baci fossero meglio di una boccata d'aria quando c'è vento. Entrambi sentivano il desiderio di riunirsi in un bacio bisognoso di amore, un amore che brucia ancora, anche con tutte le fatalità avverse.
Non appena si staccarono, Alex appoggiò la testa alla spalla del ragazzo, che fece un ultimo tiro, buttando poi sull’asfalto il mozzicone di sigaretta che s’affrettò a calpestare col piede.
Le baciò i capelli, carezzandole poi la guancia.
«Ci riusciamo, Michael. Te lo prometto.» disse la ragazza qualche minuto dopo, guardandolo dritto negli occhi.
A Michael non servirono spiegazione, nemmeno si porse la domanda.
Sapeva a cosa Alex si riferiva e fu felice che lei gli avesse dato la conferma di qualcosa che dava già per scontato.
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Here Without You. » Clifford a.u
FanfictionMichael era un ragazzo tutto cuffiette e sigarette. Le cuffie erano la sua casa, le sigarette la sua chiesa, la sua religione, frutti di una vita rivelatasi un completo inferno. A causa sua, certo, ma non solo. Erano 4 anni che non vedeva sua sore...