Dopo due giorni, il famoso giorno del falò arrivò. E anche il permesso di Lukas per uscire di casa.
Quella mattina Wolfrun entrò in cucina dicendo a Eleni che sarebbe andata dalla signora Opas per ringraziarla della crema. La donna annuì.
"Puoi portarle una fetta di torta" le disse, indicandole un dolce fatto il giorno prima.
"Penso che le porterò un po' di focaccia" rispose invece la ragazza.
"Focaccia?" lo sguardo curioso di Eleni era carinissimo.
Wolfrun alzò le spalle dicendo: "Quando le porto la focaccia è più contenta di quando le porto la torta".
"Davvero? Te l'ha detto lei?" chiese la donna rimanendo ferma, bloccata da quella notizia.
"No, non me l'ha detto lei" confessò Wolfrun.Eleni lasciò perdere e non insistette. A volte Wolfrun riusciva a leggere gli stati d'animo delle persone e vedeva cose che gli altri non vedevano. La donna sapeva che aveva quasi sempre ragione.
"Ma ti ci vorrà tutta la mattina, per preparare la focaccia" le disse. Ma la ragazza alzò le spalle.
Le sorrise. Wolfrun doveva aver avuto un'infanzia solitaria. O qualcosa del genere. Il tipo di bambina che sta sempre zitta e guarda tutto. Che aspetta. Jakob aveva raccontato che a Berlino, nella Berlino dei ragazzi, era temuta e cattiva. Molto di più dei primi tempi con loro sull'isola. Eleni non faceva fatica a crederlo. Era una ragazza forte e se motivata poteva spostare il mondo.
Ma sapeva anche che era una brava ragazza, che sbuffava ancora quando sentiva Jakob dire 'collaborazione e solidarietà'. E sapeva che lo faceva apposta, per far ridere il ragazzo, mentre Jakob glielo diceva per provocarla, sorridendo. Sapeva che ogni volta che aveva avuto bisogno, la ragazza l'aveva aiutata, spesso prima che lei dovesse chiedere. Le voleva bene come a una figlia.
Sospirò contenta che non se ne andasse con Georgos. Era ancora persa nei suoi pensieri quando venne improvvisamente risvegliata dal grido di Anneke che faceva volare un po' di farina sul tavolo della cucina.
"Ehi, non giocate con il cibo!"***
Nel tardo pomeriggio Wolfrun si incamminò verso il villaggio.
Anneke non aveva voluto accompagnarla. Diceva che la signora Opas puzzava di signora vecchia. Era vero. Ma era canfora. Eleni aveva sgridato la bambina spiegandole che non si diceva così delle altre persone e le aveva detto che aveva quell'odore perché la polverina magica che metteva sui vestiti per proteggerli dagli insetti odorava così.
Ma Anneke aveva preferito fare collane e braccialetti di conchiglie, così lei si era avviata da sola.
La signora Opas l'accolse con un abbraccio e un gran sorriso quando tirò fuori la focaccia. Le porse anche la fetta di torta, Eleni aveva insistito alla fine e lei l'aveva presa su, ma Wolfrun sapeva già che non avrebbe avuto la stessa accoglienza della focaccia.
"Ti va un caffè? Diane!" chiamò la nipote a gran voce la signora Opas.
Una ragazza dai lunghi capelli scuri e la carnagione olivastra si affacciò alla porta del soggiorno.
"Ciao Wolfrun, stai meglio?" le chiese e Wolfrun annuì, sorpresa che la ragazza glielo avesse chiesto. "Prendiamo il caffè?" chiese l'anziana. La nipote mise le mani sui fianchi e la guardò con rimprovero.
"Zia, non dovresti bere il caffè..." iniziò, ma alla fine si diresse in cucina e andò a prepararlo. Wolfrun e la signora Opas la seguirono e la donna si sedette al tavolo svolgendo la focaccia dallo strofinaccio.
"Passami la feta, per cortesia" disse a Wolfrun e questa, obbediente come non lo era mai stata, gliela portò. Appoggiò la torta vicino al lavello e vide Diane lanciare un'occhiata al dolce.
"Mangialo tu, se vuoi, a tua zia non piace molto" le sussurrò. La ragazza sorrise e le propose: "Facciamo a metà?" Anche Wolfrun sorrise e annuì.
Diane era veramente simpatica. Era poco più grande di lei e non stava zitta un secondo. L'aveva già notato le altre volte che l'aveva vista. E poi non era stata con Jakob. Anche questo la rese più simpatica.
Dopo due ore la signora Opas disse che sarebbe andata a letto e Wolfrun si alzò per tornare a casa quando Diane le chiese: "Non vieni alla festa al villaggio?"
Scosse la testa. Il famoso falò era l'ultimo posto dove volesse andare.
"Andrò a casa" rispose.
"Assolutamente no. Verrai con me. Dai, non sei stata chiusa in casa per tantissimo tempo?"
Effettivamente... Però no. Preferiva evitare tutti.
"Grazie, ma no" rispose ancora. La ragazza la guardò con uno sguardo strano e poi sussurrò: "Eviti qualcuno?" Lei sentì le guance scaldarsi. Scosse la testa come se avesse ancora dodici anni.
Poi Diane ghignò e disse: "Beh, effettivamente, neanch'io andrei al falò con un vestito del genere..." Ma? Cosa? Cosa aveva il suo vestito? Si guardò e un po' si arrabbiò. Ma chi si credeva di essere? Stava per risponderle a tono quando la ragazza rise chiassosamente.
"Dovresti vedere la tua faccia! Dai, andiamo!" disse prendendola a braccetto.
"Nel mio armadio c'è un vestito adatto per l'occasione" disse la signora Opas, facendo finta di niente. "Oh, sì! Il vestito blu. È un vestito bellissimo. Vieni che te lo faccio vedere" le disse ancora Diane e la trascinò nelle camere.
Wolfrun non riuscì a dire niente. Cioè, disse qualcosa, ma Diane non l'ascoltò mica. Tirò fuori un vestito di pizzo azzurro scuro e glielo fece vedere. Oh, merda, era bello davvero.
"Guarda come sta bene con i tuoi capelli!!! Com'era quella cosa delle more con il turchino? Non ricordo... Forse c'entrava il diavolo..." La ragazza aveva gli occhi spalancati mentre parlava da sola.
Per un attimo, solo per un attimo, Wolfrun pensò di provarlo. Ma poi scosse la testa. "Mettilo te, sei mora anche tu."
"Oh, no..." Poi si sporse verso di lei e sussurrò, come se fosse un segreto di stato: "Ho i fianchi troppo larghi e non c'è abbastanza stoffa nelle cuciture per allargarlo. La zia era magrissima da giovane!" E riportò lo sguardo sul vestito. "Dai, almeno provalo!"
Wolfrun era tentata. Ma era troppo per lei. Lei aveva vestiti per la spiaggia e altre cose semplici e, da qualche parte, aveva ancora i jeans e il giubbotto nero con cui era arrivata. Non era il tipo da vestiti di pizzo. Anche se sembrava così morbido... Allungò una mano per accarezzarlo e scoprì che era morbido davvero. Si avvicinò di un passo e avvicinò il naso. Se avesse puzzato di canfora non avrebbe neanche avuto bisogno di una scusa.
No. Profumava. Di lavanda.
Diane rise quando la vide fare quel gesto. "Ho obbligato Zia Didi a non metterlo nell'armadio con la canfora e sono riuscita a farci mettere uno di questi" ammise, facendole vedere un sacchetto di fiori lilla, che era fra le pieghe del vestito. Lavanda, appunto.
Era tentata. Tanto. Tantissimo. Troppo. "Facciamo così. Provalo. Intanto io mi preparo" le disse ancora Diane e glielo appoggiò sul braccio sparendo oltre la porta, socchiudendola.
Guardò ancora l'abito. Poi si voltò verso lo specchio sul lato dell'armadio. Beh, poteva provarlo. Magari le stava malissimo e non c'era bisogno neanche di pensarci.
Si tolse il suo abito e si infilò quello azzurro. Le accarezzava il corpo. Era morbido e le cadeva sui fianchi in una carezza. Non c'era confronto con le altre cose che metteva.
Le piaceva e si sorrise allo specchio.
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Tornare a Berlino
FanfictionJakob e Wolfrun vivono sull'isola di Lemnos da quando hanno lasciato Berlino a bordo del Pegaso. Con loro Ci sono Sebastian, Eleni e Anneke. Il virus è stato sconfitto e la vita ha ricominciato a scorrere. Jakob torna a Berlino quando Alexis ci va c...