Epilogo

91 6 8
                                    

Settembre 1991

Wolfrun si riparò gli occhi con la mano. Dalla vetrata arrivavano i raggi del sole e le impedivano di vedere qualsiasi cosa.
"Anneke, vedi qualcosa?"
La ragazza accanto a lei si alzò in punta di piedi ma poi scosse la testa. "No..."
"Dovremmo aspettarli fuori, sulla pista" disse la giovane donna.
Anneke inorridì. "No, ti prego, Wolfrun" replicò sbuffando e Wolfrun la guardò sorridendo.
Era così bella, la sua piccola Anneke. La ragazza voltò lo sguardo, cercando di guardare oltre la vetrata.
"Ecco!"
Un aereo stava arrivando davanti al terminal e si fermò quando lo raggiunse. "Andiamo sulla pista" propose ancora Wolfrun.
Anneke non si mosse e sussurrò: "L'ultima volta ci hanno sgridato, Wolfrun, non potremmo..."
Wolfrun sbuffò e cedette. "Va bene. Li aspettiamo qui..."


Anneke sospirò sollevata. Tutte le volte che gli altri arrivavano a Lemnos, Wolfrun voleva andarli a salutare sulla pista, appena loro scendevano dall'aereo.
Le guardie avevano spiegato loro che era assolutamente vietato dalle regole di sicurezza e tutte le volte, Wolfrun discuteva con loro. E alla fine vinceva sempre.
L'aeroporto era stato costruito poco lontano dal loro villaggio e quelli che ci lavoravano la conoscevano. E chi non la conosceva, ne aveva sentito parlare. E chi più e chi meno, la assecondavano sempre.
Ma era imbarazzante, a volte. Lei faceva sempre di testa sua. Stavolta era riuscita a convincerla.
Guardò la porta da dove sarebbero arrivati gli altri. Aveva il cuore in gola. Quando vide Ulrike, nervosa quanto lei, le corse incontro e le ragazze si abbracciarono strette.


Wolfrun vide prima Nora e Britta. Alzò il braccio per farsi vedere e poi si avvicinò a loro velocemente.
"Quanto tempo! Sembra sempre una vita. E qui è sempre così bello" disse Nora, sorridendo e guardandosi intorno. Appoggiò una borsa per terra e l'abbracciò.
Vide Britta con in braccio un bambino biondo di circa due anni. L'ultima volta che l'aveva visto era molto più piccolo.
"Britta!" la salutò la mora. Poi l'abbracciò stretta e fece una carezza sulla testa a Francois.
"Ciao, piccolino" sussurrò al bambino. Salutò anche Louis e William.
Poi, da dietro, arrivarono anche Christa e Timo. "Ragazzi!" li chiamò.
"Wolfrun! Non vedevamo l'ora di arrivare! Finalmente una vacanza..." esclamò William, vedendola e andandole incontro. Wolfrun abbracciò anche loro.
Ci fu tutto un susseguirsi di baci, abbracci, pochi convenevoli e tante dimostrazioni di affetto.
Theo abbracciò Wolfrun rigido come un bastone e lei gli scompigliò i capelli ridendo del fatto che la superava in altezza di tutta la testa.
"E questo gigante chi è?" chiese, facendo finta di non riconoscere il bambino nel periodo del virus.
"Sono Abel!" ridacchiò il ragazzino.
"Oh, vieni qui e fatti strizzare un pochino, finché, almeno tu, sei più basso di me!" esclamò, stritolandogli le spalle. Anche lui era cresciuto.
"E Rolf? Dove si è cacciato quel mostriciattolo? Rolf, dove sei?" chiese ancora Wolfrun, facendo finta di non vedere il ragazzino timido che, accanto a Timo, non partecipava agli abbracci.
"Sono qui. Sono qui" disse lui quando il padre lo spinse appena con la mano.
"No! Non è vero. Non sei Rolf. L'ultima volta che l'ho visto Rolf era alto così" esagerò Wolfrun, sorridendo e portando la mano alla sua vita.
"Ma non è vero!" Finalmente il ragazzino rise. Wolfrun lo guardò con affetto e poi lo stritolò in un abbraccio mozzafiato.
"E Julia?" Julia, di sette anni l'abbracciò dopo essersi fatta coccolare da Anneke. Era una bambina bellissima. Aveva gli occhi del padre e i lineamenti di Nora.
"Diamine, sei sempre più bella, Julia. Tuo padre farà fatica a tenerti lontano i ragazzi, fra qualche anno" si complimentò la mora, guardando William con un sorriso sornione.
"Ho comprato un fucile nuovo" rispose lui, con uno sguardo divertito.
Nora sbuffò alle parole di William e lui sorrise, mentre le circondava la vita. Salutò anche Ulrike e poi, vicino a lei, vide una ragazza. Si sorprese, ma fu contenta: lei non era mai venuta. L'aveva sempre vista quando andavano loro a Berlino, ma non si era mai fatta viva a Lemos.
"Nina!" esclamò. Sentì le lacrime agli occhi. Cavolo, stava diventando una sentimentale. Tutti quegli abbracci le provocavano una strana sensazione. Si sentiva sempre vulnerabile, ma era sempre felice di vederli. Soprattutto Nina.
Poteva avvicinarsi? Poteva abbracciarla? Nina allungò la mano verso di lei. Sapeva quanto fosse importante quel gesto per la ragazza, così gliela strinse con tutte e due le mani, mentre le diceva: "A Jakob farà piacere sapere che sei venuta".
"A proposito, Jakob e i ragazzi?" le chiese Britta, lasciando che Louis prendesse in braccio il bambino.
"In hotel. Ci aspettano lì" rispose e gli altri annuirono.


Da quando avevano sistemato l'Hotel dei genitori di Eleni, ogni anno, in settembre, per dieci giorni, non si accettavano prenotazioni. L'albergo era tutto per loro: i ragazzi di Berlino.
Una vacanza per tutti. Tutti insieme.


Quando arrivarono in hotel, Jakob aveva già sistemato tutto. Wolfrun guidò quella carovana di gente nella hall, il ragazzo sorrise e andò loro incontro. Louis fu il primo a salutarlo. Si abbracciarono a metà con una stretta di mano e poi abbracciò anche gli altri e le ragazze e poi i bambini. Cavolo, come passava il tempo.
"Guarda chi c'è" disse Wolfrun e indicò Nina.
Nina! Era venuta a Lemnos! Non lo avrebbe mai detto. Anche la piccola Nina cresceva! Si avvicinò per salutarla e lei gli sorrise. Poche parole, come solito, ma bastarono.
"Jakob... dove sono i bambini?" gli chiese Wolfrun, mentre lo guardava con uno sguardo un po' preoccupato.
Come se li avesse chiamati, dalle scale arrivarono le grida tipiche di una battaglia in corso fra i loro figli. Una testa ricciuta fece capolino dalla prima rampa di scale, scendendo col sedere lungo il corrimano. Una piccola furia alta poco più di un metro, atterrò con un balzo e continuò a saltellare verso di loro.
"Dorothea!" la sgridò Jakob sospirando.
Quando li raggiunse, la bambina gridò verso le scale: "Ho vinto io!", si voltò verso Jakob e continuò. "Scusa papà, ma Bernd diceva che non avrei mai avuto il coraggio di farlo davanti a voi". Indicò il fratello, dietro di lei, che sorrideva sornione.
Sei anni. Avevano sei anni e l'energia sufficiente di un'esplosione nucleare. Quando erano insieme sembravano una mandria di vitelli. Allo stato brado. Jakob fece cenno al bambino moro con gli occhi chiari di avvicinarsi a salutare.


"E non avresti dovuto farlo, infatti" la riprese Wolfrun, incrociando le braccia al petto e con il viso serio.
La bambina la guardò e disse: "Ok, non lo farò più".
Sapevano tutte e due che era una bugia. E poi la bambina scappò verso gli altri.
"Julia!" gridò spalancando le braccia e lanciandosi in quelle dell'amica. La ragazzina l'abbracciò forte e poi la piccola fece il giro di tutti gli altri.

Tornare a BerlinoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora