Montagna - parte 1.

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Stavo ancora accarezzando il manto nero del cane-lupo, quando Twan mi suggerì che sarebbe stato meglio iniziare a muoverci, perchè più il tempo passava e meno saremmo potuti rimanere in giro.
Annuì per le sue parole e appena uscì dalla gabbia Aros mi seguì, sempre stando al mio fianco. "Non penso sia una buona idea farlo uscire" suggerì mia zia, io appoggiai la mano sulla testolina dell'ibrido e come al mio solito ribattei "Io invece penso il contrario e desidero che venga con noi, se per Twan non ci sono problemi."
Feci per voltarmi verso il ragazzo, per cercare il suo consenso, ma il mio sguardo fu attratto verso mia madre, la quale dovette contraddirmi: "Layla, per una volta fai poco la testarda e dai retta a tua zia."
La osservai intensamente, come il suo solito la mia opinione non contava niente per lei. Un esempio fu il trasferimento, se fosse stato per me non ci saremmo trasferite dalla "casa del delitto" e invece ci trasferimmo a Los Angeles.
Schiusi le labbra, pronta per ribattere per l'ennesima volta, ma il ragazzo parlò al mio posto "State tranquille, per me va bene che Aros venga con noi, anche perchè è stato chiuso in quella gabbia per molto tempo e gli farebbe bene una passeggiata."
Dopo quelle parole calò il silenzio, Elizabeth e Twan si guardarono negli occhi, come se stessero conversando tramite quelli sguardi, infine mia zia alzò una mano e se ne andò assime ad Anna.
Salimmo in macchina e subito dopo partimmo, la nostra destinazione era una montagna. Rimanemmo in silenzio per tutto il viaggio, solo quando fummo quasi arrivati Twan mi rivolse la parola " Montagna Dannata, così la chiamano", mi voltai verso di lui schiudendo le labbra.
Il biondo parcheggiò vicino alla montagna e una volta fermi scesi dalla vettura, osservai gli alberi, forti e robusti.
"Il posto è magnifico, ma come mai non ci inoltriamo nella foresta?" chiesi appena scese dall'auto e con lui anche Aros.
Ci sedemmo entrambi sul cruscotto e anche lui, come me, fece scorrere i suoi occhi chiari sugli alberi e prorpio in quel momento rispose alla mia domanda: "Per quello che ti ho detto prima" "Mi hai detto solo il nome" dissi accigliandomi, ma lui continuò: "Non è per il nome è per gli avvenimenti"
"Ti devo continuare a fare domande o continui da solo?"
Twan ridacchiò leggermente e spostò lo sguardo dal bosco a me: "Si dice che chiunque si sia avventurato tra quei alberi non è più tornato indietro, chi invece sedeva prorpio su questo prato, afferma di aver visto cose... persone non umane e la stessa cose si poteva dire delle urla che provenivano dal suo inerno... erano disumane."
"Sono cazzate." Alzai gli occhi al cielo e continuai: "Pensavo fosse successo un duplice omicidio, non queste fandonie."
"Non credi alle cose sovrannaturali?"
"No! Perché dovrei credere ai fantasmi? Se si muovono cose è solo per la forza della natura. I demoni? Scuse per le persone malate, pazze. Dio e il Diavolo? Vogliamo solo incolpare qualcuno per quello che ci succede. Creiamo mostri, ma solo pechè non vogliamo vedere la verità, che i veri mostri siamo noi."
Scosse la testa con un piccolo sorriso e a quella reazione parlai nuovamente: "Non sei d'accordo? Tu credi a tutto questo?" Non mi rispose e appoggiò la testa al vetro e chiuse gli occhi, feci la stessa cosa e ancora una volta lasciammo che il silenzio calò su di noi. Quella tranquillità mi fece quasi cadere tra le braccia di Morfeo, quando sentì delle voci maschili chiamare il nome del ragazzo, dal suo volto non mi sembrò molto contento di vederli, prima di raggiungerli mi chiese di non muovermi da lì e io acconsentì.
Quel mio obbedire durò pochi minuti, perchè Aros vide qualcosa nel bosco e corse verso di esso, io gli corsi dietro urlando il suo nome dimenticamdomi delle parole del ragazzo.
Sentì Twan richiamarmi, ma ormai mi ero già inoltrata, camminai tra gli alberi chiamando il nome del lupo, ma non sentì nulla, nè un abbaio, nè un rumore.
Improvvisamente tre uomini mi circondarono, avevano il volo sfigurato e sbiascicavano parole senza senso, mi stavano studiando e lo capì dal momento in cui iniziarono a girarmi intorno, proprio come un predatore con la sua preda.
Uno di loro mi colpì e io finì a terra, ero incapace di muovermi, mi portai le mani sul volto, se proprio dovevo morire non volevo guardare, poi tutto il resto fu veloce, sentì solo dei rumori intorno a me e dopo un lungo silenzio sentì due braccia prendermi e sollevarmi.
Tolsi le mani dagli occhi e spostai lo sguardo sul mio "salvatore" era un uomo alto, bello, dai capelli neri e gli occhi di ghiaccio.

La figlia del DiavoloDove le storie prendono vita. Scoprilo ora