Juno

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-Continua, deve berla tutta.- dissi con un ghigno malvagio, comodamente seduta sul bordo di un lavandino, nei bagni della scuola. Era bello guardare cinque Quin con le facce dentro al water, i miei amici che le tenevano dai capelli. Quei bellissimi spaghetti giallo piscio glieli avrei staccati uno ad un… mi voltai di scatto alla mia destra, sentendo qualcuno che mi picchiettava la spalla.

-Quello sarei io che affogo Quin nel water?- Noah indicò l’altro se stesso iginocchiato accanto alla bulletta.

-Ehi…- lo salutai pacatamente, cercando di capire cosa stesse accadendo. Perché improvvisamente c’erano due Noah? Non ero psicologicamente in grado di sopportarne due in una volta. Troppi fustacchioni insieme mi avrebbero fatto venire il diabete, e ultimamente nella mia vita ne vedevo troppi. Sforzandomi mi ricordai di ogni cosa: l’ospedale, quell’inquietante sogno che forse avevo condiviso con gli altri e la strano appuntamento che avevo preso con Noah. –Ma allora è tutto vero!- urlai scendendo dal lavandino, un po’ impaurita ma allo stesso tempo eccitata. Prima di tornare a casa dall’ospedale io e Noah ci eravamo incontrati di nascosto al bar, dove  avevamo deciso che quella sera ci saremmo rivisti dentro la mia porta, che avrei lasciato aperta apposta per lui.

-A quanto pare si…- disse un po’ confuso, grattandosi distrattamente la nuca. Leggermente a disagio, aggiunse: -ti va se… diamo un’occhiata in giro?- ma a quel punto era troppo tardi, io ero già davanti alla porta, il mio sogno completamente sbiadito. La aprii, feci due passi indietro e mi inchinai.

-Prego, prima i fustacchioni.- Noah scoppiò nella risata più allegra e calda che avessi mai sentito, e quando mi passò davanti mi tirò un colpetto sulla testa che mi fece ridacchiare.

-Perfetto, allora tu con me.- afferrò un lembo del mio pigiama e mi trascinò nel corridoio insieme a lui, senza darmi il tempo per raddrizzarmi dal mio inchino. –Sei proprio un figo.-  

Fuori il corridoio era proprio come lo ricordavamo, un’infinità di nero e silenzio che si estendeva alla nostra destra e alla nostra sinistra.

-Questo posto mi mette i brividi.-  Noah abbassò la testa tra le spalle e si guardò intorno, seguendo me che ero poco più avanti a lui.

-E’ come se da un momento all’altro qualcuno dovesse spuntar fuori.- dissi sottovoce. Noah ebbe la sensazione che non stessi parlando con lui, come se fossi così matta da pensare ad alta voce. Quelle parole gli fecero sollevare un sopracciglio, perché soltanto dopo averle udite si rese conto di trovarsi perfettamente d’accordo con me.

-Già, eppure tutto questo ci intriga da morire, vero?- in effetti nonostante fosse da pazzi era così, avevo sentito l’impulso di tornare in quel corridoio e scoprire cosa fosse, trovare una spiegazione plausibile e risolvere l’ennesimo enigma che mi si parava davanti. Tanto per dire: io amavo gli enigmi. Mi piaceva cercare tracce, trovare un collegamento tra queste e svelare la verità perché, come dicevano sempre in Detective Conan, poteva essere soltanto una.

-Ehi Juno Gens…- se ne uscì fuori Noah, tirandomi una gomitata –Ma da dove salti fuori?-

-Pre…prego?-

-Avanti, sei la tipica nuova arrivata dal passato misterioso. Ho indagato su di te: Francia, Germania, Italia, addirittura Giappone… adesso il West Virginia. Amate viaggiare o scappate da qualcosa?-

-Il lavoro di mio padre.- risposi in tono derisorio, e  vedendolo sospirare di delusione aggiunsi:- Anche io avrei voluto qualcosa di più interessante da dire.-

-Allora prova a immaginare: Sei la figlia del presidente degli Stati Uniti d’America-

-Noah, Obama è nero!-

I have a nightmare (IN PAUSA)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora