❈ᴹᵒᵒᵑ'ˢ ᴿᵒᵗᵃᵗᶥᵒᵑ❈

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‣In a river of desperation,
I'll lead you on the other side‣

Taehyung aveva aperto gli occhi
da poco, nell'assoluta oscurità che regnava nella sua camera
e quasi gli venne il dubbio di non averlo fatto davvero,
ma di averlo solo immaginato.
Era sicuro che nemmeno
se ne sarebbe accorto se fosse
stato così.
Buio dentro e buio fuori.
Talmente pesto e scuro da non
riuscire a identificare i contorni delle figure,
allo stesso modo, Taehyung non riusciva più a ripassare i bordi di ció che costituiva la sua vita.
Un ammasso unico,
privo di contorni,
triste, scarno
e senza vita.

Dovette toccare con mano il materasso per capire dove fosse.
La testa gli pulsava e si sentiva spossato.
Tentó di ricordare cosa
fosse successo la sera precedete,
cosa avesse ingerito,
ma la mente pareva proprio non
voler collaborare.
Si susseguivano solamente
un ammasso di ricordi
con un ordine cronologico sicuramente errato, intervallati da enormi
buchi neri.
Solo uno spiccava piú di tutti,
l'unico che aveva stampato nella mente in modo nitido e
che avrebbe fatto carte false pur di dimenticare.

"É finita Taehyung, anzi non é mai nemmeno iniziata. Ci siamo divertiti e basta, non mi sembra di averti mai detto di essere in una relazione stabile".
Gli aveva detto Cho-Hee,
poco prima di voltarsi e tornare a infilare la lingua in bocca a uno che Taehyung non aveva mai visto.

Se faceva male?
Stava cercando di capirlo,
ma al momento si sentiva solamente vuoto.
Sbilanciandosi, si stese di schiena sul letto, puntando gli occhi sul soffitto e trovando solo altro buio.

A quattordici anni lo avevano dato per spacciato.
I genitori spariti nel nulla
e un unico zio che si potesse prendere cura di lui.
Per i primi tempi andó bene;
certo, quell'uomo non era il ritratto dell'affettuosità,
né dell'amorevolezza,
ma Taehyung se lo faceva bastare.
Poi qualcosa cambió.
La sua compagna perse il bambino
che portava in grembo,
la relazione precipitó
e si lasciarono.
L'uomo perse il lavoro e conobbe un'altra compagna, forse valida quanto la prima.
La droga.
Fu una rapida discesa verso la distruzione.

Taehyung se lo ricordava ancora il giorno in cui, tornato a casa da scuola, lo aveva trovato steso sul divano con la pelle cianotica e le pupille come due spilli.
Overdose da eroina.
Nessuno pareva esserne sorpreso né, tantomeno, dispiaciuto.
"Se l'é cercata", era questo che Taehyung sentiva dire dalle persone per strada, assieme a "e ci piangi pure? Dovresti esserne sollevato, quello ti menava quasi ogni sera".
Eppure, per Taehyung quell'uomo, quell'appartamento, erano le uniche cose da chiamare casa.

La casa famiglia poi,
fu l'inferno creato su misura per Taehyung.
Lui era fragile, diventato morbido
a suon di pugni,
odiava l'egoismo.
Pensava sempre che, se gli spacciatori avessero riflettuto facendosi un esame di coscienza invece di essere così egoisti,
allora suo zio sarebbe stato
ancora vivo.

Fu proprio lì dentro che Taehyung divenne Kim Taehyung.
Lì dentro crebbe,
nel modo sbagliato probabilmente,
ma crebbe.
Imparó che nulla doveva toccarlo,
né gli insulti, né gli schiaffi.
Si uniformò a quella banda
di ragazzini inariditi dalla crudeltà
della vita e non gli dava
piú problemi rimanere senza cibo
per mezza giornata o
bere a stento due bicchieri d'acqua al giorno.
Imparó ció che piú di tutto odiava: l'egoismo.
Veniva prima lui e poi, forse, tutto il resto; solo così sarebbe potuto sopravvivere.

Taehyung si voltó di lato,
tirando il cuscino per lungo, fino a ché non fu accanto a lui.
Poi lo strinse tra le braccia e lasció
che le sue lacrime al gusto
di alcool e fumo
gli bagnassero la pelle.

 Poi lo strinse tra le braccia e lasció che le sue lacrime al gusto di alcool e fumo gli bagnassero la pelle

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Quando Taehyung incontró Jimin,
a momenti lo odiava.
Era tutto ció che lui aveva perso o
che non aveva mai avuto,
ma Jimin non si arrese facilmente.

Così, riuscì ad ammorbidire
quella corazza che aveva attorno
e gli riscaldó il cuore,
stando attento a non
stringerlo troppo forte con la paura che si rompesse.
Perché Jimin l'aveva capito com'era fatto Taehyung.
Spesso sulla difensiva, ripeteva fino allo sfinimento che nulla lo toccava.
"Non mi interessa" diceva,
quando una cosa gli stava arrivando troppo vicino al cuore.
Taehyung era stracolmo di sicurezze che,
se si toccavano con una piuma, cadevano tutte
rovinosamente al suolo.
Quando lo conobbe,
a Jimin parve essere una di quelle persone forti e fredde,
che l'affetto te lo
dimostrano raramente.

Poi peró, capì che Taehyung aveva solamente bisogno
di essere amato costantemente
e non solo: necessitava
specialmente di
sentirsi amato.
E Jimin voleva sempre
assicurarsi che lui lo sapesse che l'amava, che sarebbe stato al suo fianco, che il "per sempre" era qualcosa
che gli faceva schifo ormai,
a causa di tutte le volte che la gente glielo aveva promesso per poi scomparire,
ma per Taehyung lui avrebbe fatto un'eccezione.
Magari fino alla fine dei loro giorni
o anche di piú.
Jimin sentiva di poter stare bene
anche in mezzo a un uragano,
se solo Taehyung l'avesse stretto a sé.

E anche in quel momento avrebbe voluto stare tra le sue braccia,
piuttosto che appoggiato contro uno scomodissimo muro,
appena accanto alla sua porta.
Ma da lí Jimin non si sarebbe mosso così che,
quando Taehyung avrebbe desiderato essere abbracciato,
non avrebbe dovuto fare altro che aprire la porta e lasciarlo entrare.

₪₪₪

Buon compleanno Sun💗

Halfway Soulmates | VminDove le storie prendono vita. Scoprilo ora