❈ˢᵒᶴᵃʳ ˢᵗᵒʳᶬ❈

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‣Hold me in your arms,
it's my favourite place to live in,
'cause I love how your parfume
smells like home‣

La maggior parte delle volte, la realizzazione porta con sé sofferenza e delusione.
Basta leggere una singola parola, assistere a un determinato gesto, ascoltare ció che prima non si aveva il coraggio di sentire.
E quando succede, si realizza di non essere poi tanto speciali, magari che il posto che si credeva di avere nella vita di una persona, in realtà è di qualcun altro.
Magari si realizza che quella parola o quella definizione, che si credeva fosse propria, non lo è.
In un attimo crollano le certezze e ci si chiede perché si continua ad andare avanti in quel modo, perché non si chiedono spiegazioni, perché non si parla apertamente.
È perché si ha paura.
Perché si preferisce fare finta di nulla, piuttosto che ritrovarsi la verità sbattuta in faccia.
Perché se la persona che ami non sa nulla, allora tu puoi fare finta che nemmeno tu lo sappia.

<<Taehyungie, ti prego>> mormorò il maggiore, avvicinandosi all'altro lentamente.
Le lacrime avevano preso a bruciargli gli occhi come fuoco vivo e le gambe faticavano a reggere il suo peso e quello dei sensi di colpa.
<<Mi-mi dispiace, ho sbagliato, lo so, ma volevo solo proteggerti>> continuò disperato, con le movenze che iniziavano a essere sempre più frenetiche.
Che stupido che era stato a credere di poterglielo tenere nascosto e, ancora di più, a pensare di poter decidere al suo posto qualcosa di tanto importante.

Taehyung deglutì, sentendo subito la rabbia e la delusione aggrovigliarsi l'una all'altra nella sua gola, permettendogli a stento di respirare.
<<Perché non mi hai detto nulla, Jimin?>> il tono era fermo e pareva quasi essere calmo, nascondendo la tempesta che infuriava dentro di lui.

Desiderava urlargli contro, distruggere tutto, aprirsi il petto con le unghie e mostrargli quanto quei sentimenti lo stessero soffocando.
Il dolore che provava era però troppo forte per lasciarlo parlare, pungente e acuto, come se miliardi di spilli gli stessero trafiggendo gli organi di continuo, lasciando che piccoli zampilli di sangue ne fuoriuscissero.

Jimin invece, aveva l'animo invaso da una cruda disperazione, che piano lo trascinava a fondo, toccandogli la pelle con le dita fredde e viscide.
Abbassó lo sguardo sulle mani tremanti, respirando affannosamente tra i singhiozzi :<<ti hanno distrutto la vita Tae, non volevo che tornassero>>.
<<Ma è la mia vita Jimin e loro sono i miei genitori! Solo io potevo decidere cosa fare!>> urló il minore, sgranando poi gli occhi sorpreso dal suo stesso tono.
Jimin trasalì e chinó il capo per riflesso. Assieme alla disperazione, era tanta anche la vergogna.
<<Lo so, ma sul momento mi era sembrata la cosa più giusta da fare e invece era la più errata>> si fermò, sentendo improvvisamente le parole che gli morivano in gola.

Ciò che aveva fatto, sembrava totalmente privo di senso in quel momento, eppure non ne era pentito.

Il cuore di Taehyung intanto sembrava quasi rallentare e indurirsi centimetro dopo centimetro, perdendo il tipico rosso vivo, che andava a mutare in un grigio opaco.
Le parole di Jimin non parevano poterlo toccare, schermato com'era dal dolore e accecato dalla delusione.
Scosse con insistenza la testa, muovendo le labbra senza pronunciare parole, in modo quasi febbricitante.

Jimin alzó il capo giusto in tempo per vederlo voltarsi e dirigersi in camera.
Rimase fermo, gli occhi puntati sulla parte della camera che si poteva intravedere dal salotto.
Tutto gli sembrava essersi fermato, mentre nella casa rimbombava il suono della zip di un borsone e l'aprire agitato delle ante dell'armadio.
Eccolo il momento di realizzazione di Jimin, l'esatto istante in cui capì che il suo mondo era sul punto di ridursi in macerie.
Cosa fece per fermarlo? Nulla, semplicemente crolló assieme a esso.

Halfway Soulmates | VminDove le storie prendono vita. Scoprilo ora