Il giorno seguente alla festa, io e Nolan ancora non ci parlavamo. Dovevo essere arrabbiata con lui.
Ma allo stesso tempo avevo così bisogno di lui, specialmente in quel momento, seduta alla mia scrivania intenta a fare degli stupidi esercizi di matematica.
Io e la matematica? Due rette parallele che non saranno mai destinate ad incontrarsi.Quel giorno ero a casa da sola (tanto per cambiare) ed attendevo che mio fratello tornasse dagli allenamenti di football per cenare assieme.
I miei genitori erano a qualche conferenza di cui non avevo nemmeno voglia di ricordare il nome.Con più di mezz'ora di anticipo, Colton suonò al campanello di casa, ed io corsi giù per le scale per aprirgli. Con mia grande sorpresa, davanti a me non trovai mio fratello, bensì il suo migliore amico.
Evan era particolarmente attraente quella sera: i capelli castani schiacciati da un berretto nero, le guance scavate leggermente arrossate a causa del freddo di dicembre, gli occhi verdi incastrati nei miei e il corpo coperto da una, apparentemente, pesante giacca nera.
«Ciao» dissi.
«Colton?»
«Non c'è, è agli allenamenti di football. Tu piuttosto, perché non sei con lui?»
«Ero a fare una visita medica» disse entrando.
Prego accomodati pure, pensai chiudendo la porta di casa.
«Come mai?» chiesi curiosa.
«Devo portare un certificato medico al coach» si guardò attorno. «Sei a casa da sola?»
Io annuii.
«E Colton a che ora arriva?» chiese.
«Tra mezz'ora, circa» dissi lanciando un'occhiata all'orologio appeso al muro.
«Posso aspettarlo qui? Dobbiamo studiare storia insieme» chiese.
«S-sì certo, mi casa es tu casa» sorrisi.
Accennò ad una risata e si tolse la giacca scura, per lasciarla sullo schienale del divano dietro di me.
Un paio di jeans neri fasciavano perfettamente le sue gambe palestrate, mentre una felpa color verde militare, copriva il suo torace.
E quella, era stessa felpa che mi prestò tempo prima.Maledizione Collins! Com'è possibile che qualsiasi capo d'abbigliamento ti stia alla perfezione?" pensai e sperai di non averlo detto ad alta voce.
«Che stavi facendo?» chiese arrotolandosi le maniche della felpa fino agli avambracci.
«Uhm, matematica» sbuffai, evitando i suoi occhi.
«Perché sbuffi? Ti serve una mano?»
«So cavarmela benissimo da sola»
«D'accordo, cercavo solo di essere gentile»
«Tu? Gentile? Con me?» accennai ad una risata.
«Le cose che meno ti aspetti, sono quelle che alla fine ti sorprenderanno di più» mi fece l'occhiolino facendo un passo verso il corridoio. «Vado un secondo in bagno»
Annuii e mormorai un "okay".
Mi guardai attorno e mi sentii una completa estranea nella mia stessa casa. Eppure quella non era una casa di uno sconosciuto; perché diavolo mi sentivo così a disagio ed...insicura? Era forse per la presenza di Evan?
Evan Collins era in grado di farmi sentire a disagio tra le mura di casa mia?Mi dicessi verso il divano, perché della matematica ne avevo fin sopra i capelli. Poi ecco che vidi un bigliettino fuoriuscire dalla tasca della giacca di Evan.
Ma perché ero così curiosa di scoprire cosa fosse? Magari era solo una scemenza.
Prenderlo o non prenderlo?
Farmi gli affari miei o no?
Dopo qualche trentina di secondi, presi finalmente una decisione e cedetti.
Presi il bigliettino.
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Tutta colpa di mio fratello | #Wattys2019
Romansa[COMPLETA] Adolescenza: l'età della trasgressione, dell'amore, dei brufoli e dei capelli colorati. L'età delle sigarette e delle feste, l'età della musica a palla e dell'alcool. L'età dei sorrisi, delle risate, dei pianti. Gli anni migliori della v...