Capitolo 5

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Era l'inizio di una nuova settimana e mi sentivo entusiasta, perché quella sera sarei andata al mio primo incontro con il branco. Il mio branco! Ero molto agitata, non sapevo cosa avrei dovuto dire o fare e l'ignoto mi terrorizzava, però al contempo ero felice di fare nuove esperienze. Era una situazione molto complicata e molto da me.
Quella mattina di fine marzo, era stranamente calda, perciò tirai fuori dall'armadio la mia giacca di pelle e uscii di casa, dove trovai ad aspettarmi June. Entrai nel suo Maggiolino, che aveva denominato Francisco per non so quale ragione, e la salutai affettuosamente.
-Ti vedo briosa, che hai combinato nel fine settimana?-, chiese con una punta di malizia.
-Ho fatto shopping con Derek-, risposi innocentemente.
-Ah, adesso si dice "fare shopping"?-, disse dandomi giocosamente una gomitata.
-Abbiamo comprato gli abiti per il matrimonio e mi ha anche fatto il regalo di compleanno!-, affermai contenta.
-E cosa aspettavate a comprarli, il mio lo avrò preso da un mese!
-Sei stata invitata anche tu?-, domandai confusa. Capivo che era la mia migliore amica ma non credevo che il sindaco l'avrebbe invitata.
-Sarò l'ambasciatrice del mio branco-, disse con fierezza. La sua affermazione mi diede non poco fastidio; certo ero felice che fosse con me a quella festa, però ero io l'Alfa del mio branco, perciò sarei dovuta essere io l'ambasciatrice.
-Mi hanno chiesto di presenziare perché sembrava non fossi più intenzionata a essere il capobranco, è da poco che hai cambiato idea e non sarebbe stato carino escludermi ora che siamo agli sgoccioli-, spiegò osservando il mio viso accigliato.
Notando il mio silenzio cercò di sviare il discorso.
-Mi stavi dicendo che ti ha già fatto il regalo di compleanno.-, continuò con un leggero turbamento nella voce.
-Mi ha regalato delle scarpe meravigliose, te le mostrerò al matrimonio-, commentai sprezzante. Non sapevo per quale motivo mi desse così tanto fastidio, eppure non riuscivo a passarci sopra.
-Non vedo l'ora che sia il tuo compleanno, cos'hai in mente di fare?-, domandò.
-Non lo so, manca ancora un po' e al momento non ho niente in mente. Chiusi definitivamente il discorso.

Dopo aver parcheggiato la macchina, entrammo a scuola e ci dirigemmo ai nostri armadietti. Notai una figura bionda con la coda dell'occhio, era Victoria che con velocità si avviò verso il bagno delle ragazze.
La seguii, scortata dalla mia fedele amica, ed entrai nella toilette. Notai la ragazza dalla chioma bionda entrare in uno dei bagni, così aspettai che uscisse, dopodiché iniziai a lavarmi le mani nel lavandino accanto.
-Che cosa volete-, disse con arroganza senza mai distogliere gli occhi dalle sue mani.
-Io... Io volevo...-.
-Non ho tutto il giorno-.
-Volevo sapere come stavi...-, chiesi timorosa. Sembrava che il suo caratteraccio fosse rimasto integro.
-Sei così prevedibile e scontata-, disse dopo una fragorosa risata. Si avvicinò pericolosamente a me. Avevo affrontato un branco di lupi mannari, dei licantropi assassini e una succube voleva ancora uccidermi, eppure l'unica che mi spaventava davvero era la mia bulla.
-Mi hanno dato della poco di buono, della traditrice e sono stata rinnegata dai miei amici e forse dal mio branco, ma la cosa che mi poteva irritare più di tutte è la tua pietà. Non hai ancora capito che per me conti meno di zero?-.
-Mi sembra che quella che conta meno di zero in questo momento sei tu-, disse June alle mie spalle.
-Tieni il guinzaglio più stretto a Fido o potrebbe scappare-. Percepii improvvisamente la presenza di June al mio fianco.
-L'unico che è scappato con la coda fra le gambe è tuo padre-. Vidi gli occhi di Victoria diventare incandescenti, mentre quelli di June divennero neri come lo spazio profondo.
-June, basta!-, implorai, ma sembrava non mi ascoltasse. Victoria di punto in bianco sembrò essere ritornata in sé.
-Dovresti addomesticare meglio i tuoi cuccioli.
June fece pericolosamente un passo verso di lei e instintivamente gli posi una mano sul petto per tenerla indietro.
-Non credere che la mia fosse pietà, so come ci si sente a essere soli; fa male, molto male, quasi da non respirare, ti sembra che il mondo intero ce l'abbia con te e che ti odieranno per sempre, ma non è affatto così. Io c'ero quella notte e ho visto nei tuoi occhi la rabbia e la delusione per le gesta di tuo padre, eppure con ardore e coraggio hai lottato con noi quella notte. Devi smetterla di colpevolizzarti e fare tutto ciò che è in tuo potere per essere una persona migliore, perché so che puoi esserlo. E so anche che è difficile perché è tuo padre, ma quando una persona cova così tanto rancore e odio per tanto tempo, cadrà sempre di più nel baratro. Non possiamo salvare tutti, ma puoi cominciare a farlo da te stessa-. Sembrò colpita dalle mie parole, ma d'un tratto, come in un battito di ciglia, il muro di antipatia che si era costruita si eresse nuovamente.
-Non ho bisogno dei tuoi consigli-, disse gettandomi le gocce d'acqua residue sulle sue mani in faccia con strafottenza. Mi asciugai furiosa il viso con la manica del maglione.
-Quando la pianterai di fare la bambina dispettosa e inizierai a essere più umile, ripenserai alle mie parole e capirai che volevo soltanto esserti amica-, conclusi. Le voltai le spalle e uscii furente dal bagno.
-Per quale oscura ragione vorresti esserle amica, ma non hai visto in che modo ci ha trattate?-, mi ammonì June.
-Non ti dovevi immischiare, ero in grado di gestirla da sola.
-Si è visto-, disse imitando l'ultimo gesto con le mani che aveva fatto Victoria.
-Non ho bisogno del cane da guardia, io sono l'Alfa e non tu-. Scoppiai furente di rabbia.
-Ancora con questa storia?! Sei tu che ci avevi abbandonati e qualcuno doveva prendere in mano la situazione e io mi sono sentita di farlo-. Le sue parole mi colpirono come lame affilate. Avevo perso il controllo.
-Hai ragione, scusami, non so che mi prende in questo periodo-. Lei mi mise una mano sulla spalla in segno di conforto.
-Forza che siamo in ritardo-.
Ci dirigemmo verso l'aula di algebra e ci sedemmo ai nostri soliti posti.
Dopo una lunga ed estenuante lezione con il professor Montgomery, ritornammo ai nostri armadietti per prendere i libri della seconda ora. Io e June ci salutammo e andai nell'aula di letteratura inglese. Entrata in classe notai una folta chioma rossa, era Meg, che stava guardando pensierosa fuori dalla finestra. Mi avvicinai a lei ma sembrò non notarmi.
-Un penny per i tuoi pensieri-, chiesi, riportandola tra noi.
-Ciao Roxanne-, disse, mentre attorcigliava distrattamente una ciocca di lunghi capelli ricci al suo dito indice.
-Tutto ok? Ti vedo assente.
-Tu credi nel karma?-, domandò all'improvviso. Mi sembrava molto preoccupata.
-Credo che ad ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria. Perché me lo chiedi?-. Rimase in silenzio per un lungo minuto poi sembrò che stesse quasi per rivelare ciò che le appesantiva la coscienza, ma la campanella suonò e l'insegnante si sedette alla cattedra.
-Sciocchezze-, disse con un sorriso incerto, chiudendo la conversazione. Per tutta la lezione la osservai senza che lei se ne accorgesse e notai che non mi guardò neanche per sbaglio; sembrava come se volesse evitare il mio sguardo. Al rintocco della campanella Megan si alzò con velocità e fuggì.

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