Capitolo 20

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Mi divincolai da Tyrone e lo allontanai.
-Che succede Roxanne?-, domandò preoccupato notando la mia espressione sconvolta.
-S-Sei un cacciatore!-, cercai di urlare ma venne fuori solo un suono strozzato. Indietreggiai fino al muro che bloccò la mia fuga e spensi per sbaglio l'interruttore della luce, rimanendo così nell'oscurità.
-È vero-, confessò, avvicinandosi cautamente a me. Rimasi attonita, avrei voluto che mi dicesse che non era vero e che non sapesse cosa fossero i cacciatori e che era soltanto uno stupido tatuaggio con una storia buffa dietro.
-Non cerchi neanche di mentire?-, domandai furiosa. Sentivo la rabbia salire piano.
-Non voglio più farlo-, disse con una calma che non fece altro che accendermi. Fece un altro passo nella mia direzione.
-Non ti avvicinare!-, urlai.
Qualcosa dentro di me iniziò a divampare; scariche elettriche si diffondevano nel mio corpo, iniziai a bruciare come se il sangue stesse ribollendo in ogni arteria, vena e capillare del mio organismo.
-Sei un assassino-, dissi con la voce strozzata. Mi piegai su un ginocchio.
-Andrà tutto bene, Roxanne, non devi aver paura di me-, disse facendo un passo verso di me. Allungai la mano cercando di fermarlo.
-Che cosa mi hai fatto!-. Non seppi se riuscì a sentirmi, ormai dalla mia gola provenivano solo dei rantoli confusi.
I polpastrelli bruciavano dolorosamente come se avessi toccato il ferro rovente.
-Non... res... piro-, dissi fra le lacrime. La gola si era chiusa quasi del tutto.
-Roxanne, lasciati aiutare-.
-Mai!-. Gli occhi mi bruciavano da impazzire.
-Sono qui per guidarti, ricordi?-. Assentii col capo. Quel dolore era una tortura e avrei fatto di tutto per farlo smettere.
-Inspira ed espira-, consigliò.
-Ci sto... provando-, ansimai.
-Non provare, fallo!-. Avrei voluto insultarlo e dirgli che non mi avrebbe comandato mai più, ma il dolore mi piegò in due, così inspirai ed espirai faticosamente.
-Di nuovo-, ordinò. Ritentai e ogni volta che riprovavo sembrava che i polmoni iniziassero a riacquistare la loro funzionalità.
-Ora canalizza tutta l'energia dentro di te, la fiamma della vita, un ricordo felice, un frammento di luce...-. Non capivo cosa diavolo volesse dire e a cosa sarebbe servito per il mio attacco di panico.
-Io non...-. Stavo per replicare ma lui mi interruppe.
-È un ordine!-. Lo guardai sospettosa ma non avendo alternative, feci quello che mi disse.
Chiusi gli occhi dolenti e pensai a una giornata assolata, alla vacanza in California di due anni fa in cui mi presi una mega scottatura e alla pelle che si abbronzava al sole.
Le mani erano diventate pericolosamente rosse, le vene erano luminose e si intravedevano nitidamente sotto la pelle.
-Non ti stai impegnando, vuoi forse diventare una supernova?-. Mi sentivo sotto pressione e non capivo quasi neanche più quello che diceva.
-Pensa a qualcosa di luminoso nella tua vita, qualcosa che ti rende felice-.
Chiusi di nuovo gli occhi, le lacrime di dolore rigavano il mio viso ma non facevano quasi in tempo a scivolare che evaporavano sulla mia pelle incandescente.
Forse dovevo essere morta, ma il dolore era troppo intenso perciò dovevo avere un'allucinazione, perché mio padre era davanti a me e mi sorrideva felice. Aveva quella luce negli occhi solo quando guardava me e la mamma. La sua mano accarezzò gentilmente la mia guancia.
-Papà-, sussurrai, ma in un istante se ne andò.
Poi pensai all'arcobaleno dopo la tempesta e mi ritrovai ancora una volta in camera con Alec. Lui guardava l'alba e mi sorrideva dolcemente, quel raro sorriso che aveva concesso solo a me. La tenue e rosea luce del mattino gli illuminava il volto e i suoi occhi erano di un verde intenso come i prati d'Irlanda.
-Brava, sta funzionando, ora dirigi quella luce nelle mani-, disse una voce familiare.
-Tyrone?-, tentai di aprire gli occhi. Avevo la vista offuscata e gli occhi stanchi. Diressi tutta quella potenza e tutto quel calore nelle mani. Sentii scorrere quel fuoco opprimente dal petto, poi defluì nelle braccia fino ai polpastrelli. Un bagliore bianco, ondulava come fiamme al vento sulle dita delle mie mani.
-Che cosa mi sta accadendo?-, chiesi spaventata ed eccitata al medesimo istante. Ogni dolore era svanito per incanto.
-È quello che succede quando smetti di reprimere la tua natura, diventi potente e speciale-. Chiuse la distanza fra noi due e mi prese le mani avvolte da quel fascio di luce bianca. Non appena mi toccò, mi sconcentrai e sparì, rimanendo di nuovo al buio.
-Quando vorrai sentire cosa ho da dire, contattami e ti dirò ogni cosa-.
Me ne stavo andando, quando mi fermò, afferrandomi il braccio.
-E ricordati che il tuo sangue è per metà di cacciatrice. Non rinnegare parte di te- mi lasciò andare.
Presi le mie cose e iniziai a correre come se qualcuno mi stesse inseguendo ma, come appurai più volte, non era così. La città cominciava a rischiararsi con le prime luci del giorno e i lampioni si spegnevano come candeline di compleanno.
Una volta a casa, chiusi la porta alle mie spalle e mi ci appoggiai contro in cerca di conforto, come se fossi arrivata nella mia area di salvezza e che tutto ciò che stava fuori non mi avrebbe mai raggiunta.
Ero a casa, sana e salva, pensai.
Mi osservai le dita: quella sensazione di calore era sparita ma sentivo ancora l'elettricità tutt'attorno a me.
Mi precipitai in camera mia e mi sedetti fuori sul balcone rinfrescata dalla brezza notturna. Non potevo dormire dopo tutto ciò che era accaduto quella notte. Avevo mille dubbi, mille domande e l'unico modo per districare il bandolo della matassa era ascoltare la versione dei fatti di Tyrone, ma non lo avrei mai fatto. Avevano ucciso tante persone tra cui i genitori di Alec e Derek. Dovevo informare il branco, dovevo dirlo a tutti eppure una parte di me desiderava sapere di più sul mio potere e cosa ero in grado di fare.
Mi concentrai sull'energia bianca e una piccola fiammella di luce divampò sull'indice della mia mano. Era pura, candida e innocua.
Guardai la notte svanire e il sole sorgere in cerca di un qualsiasi segno e capii che dovevo riflettere attentamente prima di prendere qualsiasi decisione, perciò mi feci cullare dalle prime luci dell'alba e iniziai a pensare.

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