Capitolo 23

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Il risveglio quel giorno fu traumatico, una ragazza alle 6.50 in punto del mattino accese le luci del dormitorio e ci svegliò.
-Sveglia, belle addormentate, avete venticinque minuti per prepararvi, rifare i letti ed essere in mensa per la colazione!-. Tutte si alzarono all'istante e iniziarono il loro tran tran mattutino. A file ordinate ci lavammo e sistemammo i capelli, ma essendo una ritardataria cronica per me fu un'impresa praticamente impossibile seguire quei ritmi frenetici, sebbene, in qualche modo, riuscii lo stesso a rendermi presentabile. Indossai la divisa per le lezioni e nel complesso mi stava bene, potevo passare quasi per una cacciatrice. Fui l'ultima ad uscire dalla baita ma riuscii ad arrivare lo stesso in orario.
La sera prima era stata alquanto noiosa, nessuna parlava con me e la mia compagna che stava nel letto in alto non aveva professato parola se non per dire il suo nome: Ax.

Una volta entrata in mensa, presi il vassoio e mi avvicinai al buffet più abbondante e colorato che avessi mai visto. C'era frutta fresca e quella sciroppata, waffles, pancake, ciambelle e brioches, nei distributori vi erano cereali di tutte le qualità, mentre nelle caraffe c'era il latte, vari tipi di succhi e acqua aromatizzata al cetriolo e menta. Ovviamente c'era ogni tipo di marmellata, il burro, la nutella, lo sciroppo d'acero e infine uova, bacon, salsicce e vari tipi di salumi e formaggi. Decisi di prendere qualche fetta di pancake e spalmarci sopra un po' di crema alla nocciola, poi riempii un bicchiere abbondante di spremuta all'arancia rossa e aggiunsi al dolce i frutti di bosco come guarnizione. Il mio stomaco stava già gorgogliando solo alla vista di quel paradiso culinario. Adesso veniva la parte difficile: trovare posto. Con lo sguardo scansionai la mensa in cerca di un tavolo a cui sedermi e vidi che vicino all'angolo dei té, c'era un tavolo semivuoto così mi accomodai. Stavo per assaporare un boccone, quando vidi un'ombra davanti a me. Alzai gli occhi e vidi un trio di ragazzi che mi stava guardando.
-Questo è il nostro tavolo ibrida-, disse il ragazzo alto con gli zigomi e la mascella pronunciati.
-Levati di torno-, gli fece eco quello più basso dalla voce profonda.
Presi il mio vassoio e mi trasferii in un altro tavolo ma anche qui non mi permisero di sedermi, così mi rassegnai e mi sedetti vicino a Megan.
-Non dire niente-, dissi.
-Buongiorno anche a te-, rispose gongolando.
Ingurgitai voracemente la colazione e mi dissetai con la spremuta. Davanti agli occhi mi passò Tyrone che si andò a sedere al tavolo con gli altri maestri e per un istante i nostri sguardi si incrociarono. Un brevissimo momento di intensità che dovette essere carico di elettricità perché Megan se n'era accorta e mi diede una gomitata facendomi cadere una goccia di succo che mancò per un millimetro la divisa e cadde sul vassoio.
-Seriamente?!-, chiese lei.
-Non so di cosa tu stia parlando ma anche se fosse?-, domandai.
-Ci sono cento motivi e uno dei tanti è che è l'ex di Marìa, non ti è bastata la scenata di ieri?!-, sussurrò ma fu come se mi avesse strillato nelle orecchie. Girai gli occhi, mi alzai, riposi il vassoio e seguii la massa che stava andando verso la bandiera per il saluto.
Ci disponemmo in file ordinate, poi facemmo il saluto e l'inno nazionale iniziò a risuonare per tutto il campo. Finito il canto, mi diressi verso il dojo seguita da Meg.
-Roxanne...-.
-Devo andare a lezione di Storia della Caccia-, la interruppi e mi diressi con l'ascensore verso il quarto piano. Seguii le istruzioni che mi erano state date ed entrai nell'aula 401.
La stanza era più grande delle altre che avevo visitato. Sulle pareti c'erano ritratti di persone sconosciute ma avevano uno sguardo da leader, perciò dedussi che erano ex cacciatori che dovevano aver intrapreso molte imprese eroiche per finire su quelle pareti. Poi c'era una cartina geografica del mondo ma non capii in che modo era suddivisisa. Mi appuntai mentalmente di guardare la legenda e carpirne i segreti. Sistemati uno vicino all'altro, vi erano una quindicina di banchi; presi posto in ultima fila così da non attirare l'attenzione, ma un ragazzo mi fece segno di sedermi vicino a lui, così mi spostai ma non prima di controllare che si stesse rivolgendo proprio a me.
-Questa è una lezione introduttiva perciò solo le nuove reclute partecipano. Non sederti in fondo o l'insegnante penserà che non hai voglia di ascoltare-. Rimasi imbambolata a guardarlo, non potevo crederci che mi stesse rivolgendo la parola di sua spontanea volontà e che non aveva compiuto ancora nessun gesto di bullismo.
-Me lo ha detto il supervisore del nostro dormitorio, comunque mi chiamo Michael Thompson-, disse allungando la mano.
-Roxanne Ford-, gli strinsi la mano sudaticcia.
-Tu sei la ragazza di cui parlano tutti!-, sembrava eccitato.
-A quanto pare-, confermai.
-È vero che hai ucciso un licantropo alfa?-.
-Si sparge in fretta la voce-.
-E come hai fatto?-. In quel momento entrò il professore. Per qualche ragione gli insegnanti di storia sembravano anziani quanto la loro disciplina. L'uomo era calvo, ma aveva una barba folta di un bianco intenso. Le rughe segnavano profondamente il suo volto, le palpebre calanti nascondevano i suoi occhi lasciando solo due piccoli spiragli da cui si intravedevano gli occhi color nocciola. Le sopracciglia e le ciglia erano un ricordo. Gli mancava qualche dita della mano, probabilmente le aveva perse in battaglia contro qualche essere soprannaturale o combattendo le guerre prussiane data l'età avanzata, ma la divisa militare con tutte quelle mostrine sul petto lasciavano intendere che non si scherzava con lui. Entrò zoppicando con il suo bastone e iniziò a scrivere qualcosa sulla lavagna. Il gessetto strideva sulla superficie costringendomi a tapparmi le orecchie. Sulla lavagna aveva scritto semplicemente "sole".
-Io sono il capitano Eugene Draper e sarò il vostro insegnante di Storia della Caccia-, disse con voce autorevole. -Come potete vedere siamo qui in pochi perché questa lezione è rivolta a chi non è nato cacciatore, ma lo è diventato per una ragione o per l'altra-. Mi guardai attorno, erano ragazzi più o meno della mia età e non potei non chiedermi cosa li avesse spinti a diventare dei cacciatori. Chissà cosa era capitato a Michael per entrare a fare parte di questa cerchia, pensai.
-Qui in questo campo d'addestramento ci sono reclute con la metà dei vostri anni che hanno già compiuto grandi imprese, perciò sarà molto dura stare al loro passo ma oggi è l'inizio della vostra avventura-. Il professore girò attorno alla cattedra e si posizionò vicino alla lavagna.
-Qualcuno sa dirmi perché ho scritto "sole"?-, domandò alla classe. Mi guardai attorno e vidi che una mano si levò sicura sopra tutte le altre.
-Il sole è il simbolo dei cacciatori-, disse una voce femminile.
-Ma sapete il perché?-, domandò. Ci guardammo l'un l'altro ma nessuno aveva la risposta.
-Il sole è dall'alba dei tempi un simbolo positivo e la luce che da esso scaturisce dà vita a tutte le sue creature, ma al sole è contrapposta la luna, un elemento instabile che si nasconde e vive di luce riflessa. Le sue creature vivono nell'ombra e tramano nell'oscurità-. Ricordai lo sguardo triste e deluso di Luna al rito di unione dei genitori di Alec e Derek e mi chiesi se lei non sapesse già cosa avrei fatto.
-Le creature della notte vivevano libere da ogni vincolo morale: ci ammaliavano con la loro magia, depredavano i nostri villaggi, rubavano i nostri figli con l'inganno e si cibavano di loro, uccidendo senza conseguenze. Eravamo prede e loro i nostri predatori-. Fece una lunga pausa e notò che aveva ottenuto l'attenzione del suo pubblico.
-Tutto cambiò quando un bambino nacque durante il solstizio d'estate al sorgere del sole. La bellezza di quel bambino era nota anche nei villaggi più lontani: i capelli erano di un bianco intenso come la più candida delle anime, ogni fibra dei suoi capelli era intrisa di luce, mentre gli occhi brillavano come i raggi del sole sopra a un mare placido.
Si sparse la voce del suo splendore anche nelle tenebre e le creature notturne, gelose della luce del bambino, decisero di rapirlo, così, servendosi dell'oscurità, si intrufolarono nell'umile dimora e non appena lo videro sapevano che era intriso della scintilla della vita e che impossessarsene avrebbe significato possedere ciò che non avrebbero mai avuto, ossia vivere nella luce. Misero gli artigli su quella creatura innocente, ma non appena lo toccarono, il bambino iniziò ad ardere di un fuoco bianco che sembrava non bruciarlo, ma che annientò le creature oscure in un istante. Così venne chiamato Helios che significa Sole e le sue gesta eroiche venivano cantate e i suoi ideali tramandati di generazione in generazione, così fino ai giorni nostri-. Fui affascinata da quella leggenda. È possibile che avesse i miei stessi poteri?, pensai.
-Le antiche famiglie che oggi costituiscono purtroppo un'esigua parte dei cacciatori, si tramandano questo sapere di padre in figlio, perciò è importante che a voi sia inculcato attraverso queste lezioni-.
Una ragazza poco più grande di me alzò la mano.
-So che esistono diverse famiglie e che ognuna si dedica nello specifico a combattere un tipo di creatura-.
-Ovviamente i sangue argento con il passare del tempo e in base alla loro collocazione geografica si sono specializzati ognuno in un tipo di caccia, ad esempio in Romania ai vampiri, nei paesi scandinavi ai troll e agli elfi oscuri, in Russia alle baba jaga e così via. Mentre qui negli Stati Uniti la faccenda diversa. Ci sono state importanti contaminazioni tra le diverse culture, le tradizioni e così anche per le creature soprannaturali. La piaga più nociva nel nostro paese sono le streghe, i licantropi e i vampiri. Si moltiplicano nell'ombra e diffondono la loro malattia nelle nostre città, nelle nostre strade e persino nelle nostre case-. Il termine piaga mi fece stortare il naso ma, per quanto riguardava la seconda parte, non era del tutto errato. Per quasi diciassette anni ero andata a scuola con un branco di licantropi e non né sapevo nulla finché mio zio biologico non aveva morso il mio padre adottivo. Mi venne mal di testa.
Un ragazzo a tre banchi di distanza alzò incerto la mano; il professore gli diede la parola.
-Perchè lei è qui?-, disse indicandomi. Tutti gli occhi puntarono verso di me come il mirino di un cecchino. Molti annuirono e iniziarono a borbottare dei consensi.
-La signorina Ford ha diritto forse più di voi di stare qua, dato il suo lignaggio-. Avevo un... lignaggio?, pensai confusa.
-Ma non dovremmo tenerle segrete certe... cose?-, disse l'ultima parola come se custodisse tutti i loro segreti.
-La signorina Ford è stata fortemente raccomandata e quindi cerchiamo di esserle meno ostili e a cercare di fidarci un po' di più-. Lo disse con tanta apatia che forse non ci credeva nemmeno lui.
-Ora torniamo a noi- si sedette stancamente alla cattedra e continuò la lezione ma io non facevo altro che pensare a mia madre, la mia vera madre e che mi sarebbe piaciuto sapere di più delle mie origini. Di lei sapevo soltanto che era la figlia di noto e sanguinario cacciatore del soprannaturale ma forse c'era di più sotto. Dovevo chiedere a Tyrone, magari lui sapeva qualcosa e forse poteva dirmi di più sui poteri di questo Ílios.
Le due ore sembrarono volare, infatti, quando la lezione terminò, mi sembrò di essermi appena seduta che già me ne dovetti andare.
Alle undici iniziava la lezione di strategia e tattica nell'aula 405, era a due passi ma Michael Thompson ci tenne ad accompagnarmi. Sembrava che oggi avessimo parecchie lezioni in comune.
L'aula era piccola rispetto alle altre che avevo visitato. Nella classe non vi erano banchi ma due lunghi tavoli con cinque sedie per ciascuno, poi un grosso armadio chiuso a chiave, un grosso plastico di una zona boschiva posto in una vetrinetta e una libreria con vecchi libri consunti e una cattedra dietro cui era appesa una lavagna multimediale.
Ovviamente Michael si sedette al tavolo più vicino alla cattedra e io mi accomodai accanto a lui.
-Quindi oltre a essere un'ibrida sei anche una sangue argento?-.
-Ne so quanto te-, dissi sinceramente.
-Non sei curiosa di sapere chi era tua madre?-, domandò.
-È mia intenzione scoprirlo-, risposi con fermezza. Era l'unico motivo per cui mi trovavo lì.
-Posso... farti una domanda?-. Lui mi sorrise e fece un cenno col capo.
-Perchè non mi odi come tutti gli altri?-, chiesi.
-Aspetta a dirlo-, scherzò -no, sul serio, non mi piace giudicare un libro dalla copertina. Mi piace assaporarlo pagina dopo pagina fino al finale e a proposito di questo mi devi raccontare come una ragazza ha ucciso un licantropo alfa-. Stavo per raccontargli il mio parricidio, quando fummo interrotti dall'arrivo dell'insegnante. Michael sbuffò e con le dita mi fece segno di posticipare la storia per dopo.
La professoressa era la donna più bella che avessi mai visto: aveva un corpo sinuoso su cui si poteva suonare una melodia, i passi erano leggeri ed eleganti nonostante gli scarponi e la divisa le stava perfetta, come se fosse stata disegnata e cucita per lei. I capelli raccolti in una crocchia esaltavano gli zigomi pronunciati e gli occhi leggermente a mandorla.
-Io sono il tenente Isabella Plata e sarò la vostra insegnante di "Strategia e Tattica"-. Plata... possibile che era parente di Marìa?, mi domandai. Speravo non fosse così, ma più la guardavo e più notavo delle somiglianze.
Scrisse la parola strategia sulla lavagna.
-Cos'è la strategia?-, domandò -La strategia è un piano d'azione a lungo termine ed è utilizzato per il raggiungimento di uno scopo-. Iniziammo tutti a scrivere sui quaderni che si trovavano davanti a noi.
-La tattica, invece, è la pianificazione delle singole attività che insieme formano una strategia e tiene conto di tutti vincoli pratici connessa ad essa-. Annotò la seconda parola.
-Mi spiegherò meglio in termini pratici-. Dalle parole partirono delle frecce alle cui estremità annotò qualcosa.
-La tattica si svolge su una scala geografica e temporale ridotta, sono singole attività e si può cambiare in corso d'opera, anzi, a volte risulta vantaggioso cambiare tattica poiché così facendo, si confonde il nemico. Diversa è la strategia che è un piano a lungo termine e su scala geografica ampia, il risultato è lo scopo finale a cui vogliamo arrivare ed è, contrariamente alla tattica, difficile da cambiare, perché, appunto, ne conseguirebbe una riorganizzazione profonda-. Vedendo i nostri visi sconvolti ci propose un esempio a portata di tutti.
-Avrete sicuramente sentito parlare dell'Eneide di Virgilio-, tutti facemmo un cenno affermativo col capo.
-Per chi non lo conoscesse faccio un breve riassunto: le mura troiane erano impenetrabili, ben difese e la città era rifornita di scorte alimentari, perciò sarebbe stata un'impresa penetrarne le difese, ma grazie all'astuzia e all'ingegno di Ulisse i greci riuscirono a superare le porte e conquistarono la città. Ma quale strategia e quali tattiche sono state adottate?-.
-Facile, il cavallo di Troia!-, disse un entusiasta Michael.
-Esatto! La strategia finale era invadere Troia con il minor numero di vittime possibile e la tattica vincente fu di nascondere i greci nella pancia del cavallo di legno che doveva essere un regalo di pace e una volta entrati aspettare che tutti dormissero per attaccare. Ma non tutti sanno che un'altra tattica fu usata per espugnare le mura; affinché il cavallo venisse accettato dai troiani, venne spedito Sinone, un acheo, che li ingannasse facendogli credere che i greci fossero partiti, tuttavia erano nascosti in attesa di attaccare-.
La campanella suonò.
-Spero abbiate capito la differenza fra i due termini. Nella prossima lezione parleremo del primo trattato di strategia. Studiate bene gli appunti perché queste cose le darò per assodate!

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Vi auguro una buona serata!

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