Capitolo 21

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Erano le undici del mattino di un'assolata giornata estiva. Il condizionatore si era rotto da qualche giorno e l'addetto non sarebbe venuto fino a lunedì, perciò faceva un gran caldo. Il sudore colava lungo il mio corpo imperlandomi la pelle mentre facevo la valigia. Mi asciugai la fronte con il dorso della mano.
-Se continuo a sudare e fare docce, non finirò mai di fare i bagagli-, dissi a Koska, che si era rintanata nell'angoletto in cerca di un po' di frescura.
Andai in bagno, mi spogliai e mi refrigerai con una bella doccia fredda. L'acqua gelida mi fece rabbrividire e fu una gioia inspiegabile; era quasi come se il mio corpo avesse dimenticato cosa fosse il freddo e quel gesto avesse fatto riaffiorare i ricordi. Mi asciugai e iniziai a prepararmi: facendo così caldo, evitai di truccarmi troppo e optai per un trucco leggero. Acconciai i capelli in una coda di cavallo e indossai dei pantaloncini neri e una magliettina bianca.

Mentre infilavo le ultime cose nella valigia, ripensai al messaggio criptico che mi aveva mandato qualche giorno fa Tyrone: "Arriverà una macchina a prenderti fra cinque giorni, se accetterai di venire con noi poi non potrai più tornare indietro dalla verità".
Al solo pensiero iniziai a sentire il cuore palpitare nel petto e un formicolio spiacevole aveva messo in subbuglio il mio stomaco.

Controllai l'orologio, erano le dodici passate e fuori dalla finestra non c'era anima viva ad attendermi, solo il caldo e l'afa.
Scesi giù per le scale, portando con me la valigia; era più pesante di quello che credessi, rendendomi alquanto impacciata nei movimenti.

Mi stravaccai sul divano in balia delle mie ansie.
-Ma hanno intenzione di venirti a prendere a mezzanotte?!-. Mi voltai. Mia madre era apparsa in soggiorno spazientita.
-Vuoi liberarti di me?-, domandai scherzosa.
-Voglio salutarti prima di partire, ma devo anche andare a fare delle commissioni...-. Bofonchiò qualcosa sottovoce ma non riuscii a capire.
-Hanno detto che mi avrebbero mandato un messaggio al loro arrivo-.
-Ma almeno posso sapere dove si trova questo campus?-, chiese al limite della sopportazione. Ieri qualcuno aveva lasciato un opuscolo del campus davanti alla mia porta.
Aprii una tasca della valigia e glielo consegnai.
-Vermont, eh?-. Sulla facciata del dépliant c'era un grosso sole stilizzato e la dicitura "Campus del Sole - il divertimento è assicurato" e dentro c'erano foto di ragazzi che scherzavano sul prato, foto di montagne e i vari numeri da chiamare per avere informazioni.
-Mah-, disse dubbiosa.
-Che c'è?-.
-Non ti ho mai sentita dire che volessi fare l'animatrice e ora, tutt'a un tratto, parti per il Vermont-.
-Te l'ho detto un sacco di volte, è Megan che mi ci ha tirato dentro e poi così ottengo dei crediti scolastici-, dissi ripetendo a memoria quello che mi era stato detto di riferire in caso qualcuno facesse domande.
-Sará... ma voglio che mi tieni sempre informata su dove sei e quello che fai-.
-Sí-, dissi seccata.
All'improvviso vidi comparire l'anteprima di un messaggio sullo schermo del cellulare e il mittente era Tyrone.
Aprii il messaggio, mi avvisava che erano arrivati.
-Mamma, sono qui!-. Mi alzai dal divano e afferrai la mia valigia con decisione, le nocche sbiancate tradivano la mia sicurezza.
Mia madre mi abbracciò forte, le scese una lacrima sul viso.
-Mi raccomando: fai la brava, chiama spesso e divertiti!-.
-Ti voglio bene-, dissi mentre attraversavo il vialetto verso il minivan dal colore improbabile che mi attendeva col motore acceso.
-Anche io-, gridò sull'uscio, seguendomi con lo sguardo finché non sparii dietro all'auto.
Alla guida c'era un uomo che non conoscevo. Aveva i capelli brizzolati e una cicatrice che gli rigava la guancia sinistra, portava degli occhiali da sole.
-Dietro-, disse. Che modi, pensai.
Aprii il bagagliaio e ci infilai la mia valigia, poi feci scorrere la portiera e salii. Dietro era seduto Tyrone, non ero riuscita a vederlo dall'esterno per via dei vetri oscurati.
-Convinta?-, chiese.
-Sono qui-, confermai.
Mi sedetti accanto a lui, guardai le sue mani, erano grandi e forti.
-Tutto ok?-, chiese.
-Sono solo un po'... agitata-.
-Non devi essere in ansia, andrà tutto bene. Adesso però devi metterti questo-, rovistò dentro uno zaino che notai solo in quel momento e mi porse un tessuto nero.
-Che roba è?-. Me lo rigirai fra le mani.
-È un cappuccio... noi crediamo nella tua buona fede ma vorremmo che le nostre basi rimanessero segrete, perciò...-, mi fece segno di indossarlo.
Guardai per l'ultima volta la vegetazione che sfrecciava ai lati, il sole che faceva lacrimare gli occhi per la sua intensità e indossai quel cappuccio, immergendomi nell'oscurità.
Nella cecità forzata, però, il mio udito sembrò aumentare come per una sorta di incantesimo, ma sembrò che il guidatore mi avesse letto nel pensiero poiché alzò la musica e Tyrone iniziò a parlare, rendendomi difficile l'ascolto. Non capivo perché dovessero prendere tutte quelle precauzioni, quando avevo tenuto segreto che Tyrone era un cacciatore. Non era abbastanza come prova della mia lealtà?, pensai.
-Hai avuto problemi con qualcuno?-, domandò d'un tratto.
-Mia madre continuava a fare domande, ma penso sia comprensibile dato che non mi vedrà per un po'-.
-Nessun altro?-.
-Se vuoi chiedermi se ho parlato con certi licantropi, puoi domandarlo apertamente e no, non ho sentito più nessuno-. Sembrò soddisfatto perché percepii dalla sua voce che la sua tensione era calata.
-Bene-, disse.

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