Capitolo 25

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Scappai dalla lezione di chimica di base e mi avviai giù per le scale, perché l'ascensore tardava ad arrivare e non volevo arrivare tardi anche a tiro con l'arco. Stavo velocemente saltando da un gradino all'altro, quando mi imbattei in una scena alquanto curiosa: la voce, che riconobbi fosse di Tyrone, stava parlando al telefono con qualcuno.
-Non è ancora pronta-, disse al suo interlocutore.
-Ci vorrà del tempo ma so che ce la farà, credo in lei- e -ha bisogno di più addestramento-. Scesi ancora qualche gradino per ascoltare meglio, ma mi dovette sentire perché chiuse in fretta la telefonata.
-Non è educato ascoltare le conversazioni altrui-, disse rimettendo il cellulare nella tasca.
-Scusami, non volevo disturbarti-.
-Non ti preoccupare-. Mi sorrise guardandomi negli occhi, facendomi arrossire.
Se ne stava andando, quando tornò indietro.
-Roxanne... fatti trovare a mezzanotte sul tetto dell'edificio ovest-. Mi liquidò così, lasciandomi con mille domande.
Continuavo a pensare a Tyrone e alla sua conversazione telefonica e non potevo che chiedermi se stesse parlando di me e chi era il misterioso interlocutore all'altro capo del cellulare.
Cercai di non farmi impensierire troppo dalle sue parole e mi fiondai giù per la rampa di scale e finalmente varcai la soglia del primo piano sotterraneo. Mi unii ai miei compagni, Michael mi salutò timidamente con la mano. Davanti a noi c'era un ragazzo dall'aria anonima che ci guardava e poi appuntava in mondo convulso sul suo taccuino e mi chiesi se fosse lui l'insegnante, ma quando un uomo calvo e dalle vote rubiconde entrò con passo deciso e prepotente capii subito che doveva essere lui.
-Benvenuti, io sono Philip Thompson ma nell'ambiente sono conosciuto come Arrow, sebbene voi mi chiamerete con l'appellativo di maestro. Tutto chiaro?-, domandò.
-Sissignore-, rispondemmo in coro.
Ero abituata ad un altro tipo di Arrow, pensai, ricordando la serie ispirata dai fumetti.
-Bene, quest'oggi vi accingerete alla storia. Perché dico così, vi chiederete, ebbene l'arte del tiro con l'arco ha radici antichissime, pensate che il primo graffito che rappresentava un arco risale a sessantamila anni fa. Per questo motivo se vi vedo anche solo per un istante non trattare il vostro strumento come se fosse la vostra amante, vi caccio all'istante!-, imperò, mettendo subito in chiaro le cose. Sulla fronte corrucciata iniziarono ad apparire gocce di sudore.
-L'arco fu uno dei primi congegni primitivi evoluti e serviva a cacciare gli animali tenendosi a debita distanza-. Continuava a girovagare avanti e indietro squadrando uno per uno.
-Ora aprite entrambe le braccia-. Il suo assistente, il ragazzo di prima, lo seguiva come un'ombra. Sì piazzò davanti a ogni allievo e iniziò letteralmente a dare i numeri.
-Tre. Uno. Quattro. Uno. Due-, continuò così fino a me -per lei "uno"-. Il suo assistente scribacchiava freneticamente sul suo block-notes.
-Kevin vi mostrerà la vostra attrezzatura-. Kevin, il ragazzo timido che lo assisteva, ci portò nell'armeria e rimasi immediatamente meravigliata dall'abbondanza e la varietà di armi che c'erano. Sulle pareti vi erano pistole di varie dimensioni fino ad arrivare ai fucili, poi archi e balestre, spade di diversi tipi, coltelli, pugnali e così via. Ci dirigemmo verso un'altra ala dell'armeria. Anche un occhio profano come il mio capì che le armi di questo reparto erano più semplici e meno sofisticate come le altre.
-Quando vi chiamerò, dovrete prendere l'arco corrispondente al vostro numero-. Il mio cognome fu uno dei primi in ordine alfabetico.
-Roxanne Ford, uno-, mi avvicinai verso lo scaffale su cui erano riposti i vari archi e agguantai quello in zona uno e presi la faretra con le frecce. Aspettammo che tutti ebbero il proprio e ritornammo alla zona di tiro.
-Questi archi sono calibrati secondo il vostro allungo- vedendo le nostre facce spaesate, il maestro specificò, -l'allungo è la distanza che intercorre tra il corpo centrale, chiamato riser, e l'ancoraggio alla corda; anche le frecce sono su misura per l'arco, perciò trattatelo bene perché sarà il vostro fedele compagno per le prossime settimane-. Prese l'arco ad un ragazzo in modo brusco, il quale ne sembrò intimorito.
-Ora vi mostrerò come montare il vostro arco e nel frattempo vi inculcherò alcune nozioni basilari. Sia chiaro a tutti che mostrerò il procedimento una volta soltanto- si fermò e poi riprese -ah, e voglio che impariate i nomi dei componenti del vostro arco, non nominatelo invano... chiaro?-.
-Sissignore!-, rispondemmo all'unisono. Dopo la nostra risposta positiva, procedette nello smontare l'arma così velocemente che non ci capii nulla.
-Questo in legno è, come vi ho già detto, il riser che è composto dall'impugnatura e dal rest, dove poggerete la vostra freccia-. Poi prese una delle due parti flessibili.
-Questo è il flettente inferiore, riconoscibile dalle incisioni che riporta. Adesso lo aggancio con il bullone ma facendo attenzione a non stringere troppo. Dopodiché è il momento di quello superiore e procederemo nella stessa maniera-. Inserì il corpo elastico e lo strinse con cura a quello centrale con il secondo bullone.
-Prendo la corda, la quale ha due asole; quella piccola va inserita nel flettente inferiore, poi teniamo il flettente superiore e la corda, alla cui estremità avremo l'asola più grande, nelle nostre due mani. Successivamente infilo il piede all'interno dell'arco-. Ci guardò uno ad uno.
-Tutto chiaro fin qui?-, domandò come spinto da un dovere professionale più che dalla volontà di volersi ripetere.
Tutti acconsentimmo. Il maestro mi piaceva molto, sembrava non sapere neanche chi io fossi, per lui eravamo tutti uguale, ossia degli ignoranti buoni a nulla.
-Ora guardate tutti il mio piede. Lo metto a ridosso della parte finale del flettente inferiore, ancorandomi a lui, creando una leva. In seguito, inseriamo la corda in quello superiore, assicurandoci che aderisca alla scanalatura. Se è messa bene, possiamo togliere il piede e il nostro arco è pronto per l'uso-. Il suo occhio cadde alle mie spalle e così anche per gli altri allievi.
-Noto che avete messo tutti la faretra sulle spalle... be' avete sbagliato tutti!-. Mi tolse la faretra e se l'agganciò al fianco, poi prese una freccia e, senza quasi guardare, la tirò facendo perfettamente centro.
-Siete per caso Robin Hood e state scappando dallo sceriffo di Nottingham?! Sulle spalle la potete tenere solo se state correndo, altrimenti va posta al fianco-. Strinse la mano attorno alla custodia per le frecce, dopodiché sbuffò e roteò gli occhi per la disperazione e mi riconsegnò l'equipaggiamento.
-Ogni anno la stessa cosa-, sussurrò fra sé e sé, stringendosi il ponte nasale con indice e pollice e scuotendo la testa in rassegnazione.
-La freccia è composta da una punta, da un'asta che può essere in alluminio o in carbonio composito, da una cocca, che sarebbe questa-, disse indicando la parte finale dell'asta opposta alla punta -e, infine, le alette. Come potete vedere ce ne sono due blu e una rossa: quelle blu devono essere posizionate piatte verso il riser, mentre quella rossa, anche chiamata vettore, viene posta verso l'esterno, poiché sbatterebbe contro il legno-.
-Ora prendete tutti una freccia dalla faretra che vi mostro come incoccare una freccia-. Ne presi una dalla mia faretra; era leggerissima e impressionantemente lunga.
-Sulla corda, nella parte centrale, c'è il punto di incocco, dove posizioniamo  indovinate cosa? La cocca!-, disse sarcasticamente -nel frattempo appoggiamo l'asta nell rest-. Kevin, intanto, passava a controllare che tutti seguissimo alla perfezione le direttive del maestro.
-Ah, è severamente vietato lasciare la corda una volta flessa senza che ci sia la freccia, perché potreste farvi del male, o peggio, rovinare il vostro arco-. Mi scappò un sorriso nel sapere quale fossero le sue priorità.
-Kevin vi consegnerà le protezione e vi spiegherà tutto a riguardo-. Il maestro uscì dalla stanza.
-Questo che ho sulle dita si chiama tab, o paradita, ed è una pelle protettiva che protegge i polpastrelli dai possibili danni causati dalla corda-, spiegò. Era un guantino curioso per dita che si indossava tipo un anello.
-Poi abbiamo il paraseno- era una sorta di pettorina che copriva solo una parte del petto -e il parabraccio che protegge l'avambraccio dalle frustate della corda, utile soprattutto per chi ha il braccio valgo-. Indossammo le protezioni e una volta che il maestro tornò ci chiese di metterci in posizione.
-Oggi vi insegnerò come tirare senza mirino...-. Un ragazzo alzò la mano.
-So già la domanda, il mirino è sconsigliato per i neofiti perché prima bisogna imparare bene le posture, le posizioni e inizialmente bisogna allenare l'occhio e la muscolatura. Dovete sentire il vostro arco, dovete parlarci e con il mirino sarebbe difficile-. Ogni volta che parlava del suo lavoro il suo cuore sembrava riempirsi di gioia e fierezza.
-Ora se qualcuno si azzarda ancora ad interrompermi giuro che lo caccio dalla lezione!-. Il suo sguardo passò ognuno allo scanner.
-Prima di tutto-, ripese ad alta voce, poi fece un grosso respiro per calmare la foga e continuò -posizionatevi sulla pedana di tiro perpendicolarmente al bersaglio. I piedi devono essere aperti ad altezza spalle-. Attraverso Kevin, il maestro ci mostrò la corretta posizione. Kevin sistemò la freccia nel rest e la agganciò nel punto di incocco, poi flettè la corda.
-Dopo aver incoccato la freccia, fletteremo la corda con il braccio dominante, mentre l'altro sorreggerà il riser. Come potrete notare, le tre dita si trovano sotto la corda, questa è la corretta posizione delle dita senza mirino, mentre col mirino cambieranno ma lo vedremo più avanti-. Indicò il viso di Kevin.
-Vedete il dito indice che si trova all'angolo della bocca? Quel dito ci fa da ancoraggio, ossia lo prendiamo come punto di riferimento per il nostro tiro-.
-Ho detto tutto?-, chiese fra sé e sé -Ah sì, dimenticavo... mai e poi mai flettere e rilasciare la corda senza freccia o danneggerete irreparabilmente il vostro strumento-, in realtà lo aveva già detto ma a nessuno venne in mente di contestarlo, neanche il suo assistente. -Kevin, ora puoi procedere-.
Kevin prese dalla faretra la freccia e la fece roteare con maestria tra le dita della mano, ipnotizzando il suo pubblico. Incoccò, prese la mira e rilasciò la corda, disegnando con la mano una curva attorno all'osso della mandibola terminando dietro l'orecchio come una carezza. La freccia saettò verso l'obiettivo con grande velocità e si conficcò perfettamente al centro. Notai come una volta tirata la freccia, accompagnò la potenza dell'arco col polso verso il basso per poi riportarla alla posizione iniziale. Kevin sembrava che, non appena tenesse in mano l'arco, acquisisse coraggio, fierezza e sensualità, come se avesse trovato il suo posto nel mondo.
-Kevin è il mio miglior pupillo in trent'anni di carriera-, disse vantandosi della sua stella nascente.
-Ovviamente non sarei diventato così bravo se non avessi avuto un maestro eccellente che mi insegnasse-, lusingò.
-Non servono queste moine-, disse dandogli una pacca come se fosse in realtà quello che avrebbe dovuto fare.
-Per quanto riguarda il bersaglio ne parleremo più avanti, per ora mi aspetto che almeno lo miriate-.
Se ne andò lasciando la supervisione al suo sottoposto.
Ripetei a mente tutte le nozioni che mi erano state insegnate, mi assicurai di avere sempre la corretta postura. Feci di tutto ma quella freccia non voleva nemmeno sfiorare quel maledetto bersaglio.
Kevin arrivò in mio soccorso dopo la terza freccia lanciata a vuoto.
Mi diede alcuni accorgimenti e in effetti colpii un angolino del bersaglio.
-Dirò al tuo referente per la palestra di farti allenare quel braccio perché è un po' debole, tremolante, non regge la trazione della corda ma per il resto va molto bene. Continua a provare. Mentre ritentavo notai che gli altri avevano almeno centrato il cerchio nero più esterno e mi sentii ancora una volta inadeguata.

Finita la lezione, Michael, Darrel ed io ci fiondammo verso la sala mensa perché non ci vedevamo più dalla fame. Per cena servivano carote bollite tagliate a rondelle, trota al forno con patate arrosto. Mangiai tutto voracemente e una volta piena mi accasciai sulla sedia, ascoltando i discorsi degli altri.
-Sí, ti dico che è lei-, disse Mike.
-Ma non è una sangue argento-, discordò dubbioso Darrell.
-Me lo ha detto Tiberio-, giurò l'altro.
-Chiediamo a Roxanne, magari lo sa-, convenne lui. Sentendo il mio nome mi risvegliai dal mio coma indotto dal cibo. Feci un verso interrogativo.
-Ho visto che oggi parlavi con Foxy-.
-Chi?!-, domandai confusa.
-Non mi viene in mente il nome... Megan, Megan Clarke! La conosci?-.
-Sì-.
-Ti ha mai raccontato di essere un'ammazza streghe?- chiese tutto d'un fiato.
-No...-.
-Vedi?! Tiberio dice un sacco di fesserie-, disse Darrell.
-Magari non hanno tutta questa confidenza dopo tutto-.
-Forse hai ragione-, ammisi guardandola mangiare da sola.

Dopo mangiato, ci salutammo e tornammo nei nostri rispettivi dormitori e fui piacevolmente sorpresa nello scoprire che per la festa delle matricole ci si doveva vestire elegantemente, così tutti quei vestiti e trucchi che mi ero portata non erano stati una perdita di tempo totale. Nonostante la passione per uccidere creature soprannaturali che le accomunava, le mi compagne erano pur sempre ragazze e come ogni donna era in ansia per apparire al meglio, chi più e chi meno. C'era un via vai in tutto il dormitorio: chi si acconciava i capelli, chi si truccava, chi sceglieva i vestiti o chi, come Gin, stava spaparanzata sul letto già pronta a leggere un manuale sulle trappole più sofisticate. Infine c'ero io che dopo essermi fatta la doccia ed essermi spalmata quasi tutto il tubetto di antidolorifico che mi aveva prestato Gin, mi apprestavo a scegliere gli abiti per stasera. Controllai nella mia valigia e, con la coda dell'occhio, sondai i look che avrebbero sfoggiato le mie compagne: alcuni erano sul casual elegante ed altri estremamente succinti. Decisi di optare anche io per qualcosa di semplice ed elegante; desideravo apparire al meglio ma allo stesso tempo non volevo essere notata troppo; ero già abbastanza sulla bocca di tutti. Indossai dei pantaloni a palazzo bordeaux un top bianco e una giacca nel caso in cui facesse freddo. Vidi con la coda dell'occhio Megan che mi stava guardando ma feci finta di niente e una volta che fummo tutte pronte, uscimmo dal dormitorio e ci dirigemmo in gruppo verso il dojo. All'entrata incontrammo i ragazzi che sembravano uno più bello dell'altro dentro ai loro abiti firmati e mi pentii di non essermi messa qualcosa di un po' più sfarzoso, poi notai che anche Michael e Darrell si erano vestiti semplici e mi misi il cuore in pace.
-Non mi ero accorto di essere attorniato da figli di papà-, disse Mike guardando la folla che si dirigeva in ordine su per le scale.
-Parli del diavolo e...-, rispose Darrell. Tiberio si avvicinò a noi nel suo costosissimo completo Armani.
-Tiberio, ti avevo perso nella calca!-, urlò contento Michael. Per le poche volte che li avevo visti sembrava che Darrell soffrisse un po' la presenza di Tiberio, ma come dargli torto.
-Sono un po' agitata-, ammisi.
-Non hai ancora visto niente-, suggerì Tiberio.

Eccoci qui alla fine di questo capitolo. Volevo ringraziarvi del vostro sostegno che è sempre importante. Ma bando alle ciance, cosa succedere alla festa di benvenuto delle reclute e perché Tyrone vuole vedere Roxanne di nascosto? Lo scoprirete nel prossimo capitolo!
Nel frattempo, se vi è piaciuto il capitolo, lasciate una stellina e commentate!

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