- Roy Harper

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«L'ho superata, okay? Quante volte devo ripetertelo? Sto bene, magnificamente, non mi lascerò di certo abbattere da una cosa del genere.» l'ex arciere assottiglia lo sguardo, guardando il suo vecchio mentore con una nota di disprezzo «Smettila di starmi appiccicato.»

«Voglio solo aiutarti.» il tono abbattuto di Oliver viene susseguito dal movimento del suo capo, chinato sulle sue scarpe «So che non sono stato molto d'aiuto in passato, ma-»

«Ma cosa, Oliver?» il rosso alza un sopracciglio «È per pena? Sensi di colpa? Oppure» accenna un'aspra risata «È per il timore che torni a drogarmi dopo l'accaduto?»

L'arciere non risponde, non trovando neanche il coraggio di rialzare lo sguardo e di poggiarlo sull'ormai giovane uomo. Aveva sempre visto Roy come un figlio, provando a crescerlo proprio come tale, eppure qualcosa era andato storto. Forse per i troppi impegni, forse per le due vite da gestire, forse perché non era ancora all'altezza di essere genitore. Il ragazzo con cui aveva creato quel legame così speciale si stava sempre più allontanando, sgretolando tutto il lavoro fatto in quegli anni. Oltre ad essere un pessimo padre, era anche un pessimo mentore, a quanto pare.

«Roy, lasciami spiegare.»

«No!» il rosso gli rivolge un altro sguardo infuriato, Oliver non sa neanche più quante volte sia stato guardato in quel modo negli ultimi tempi «Per cosa lo stai facendo, eh? Non hai niente di meglio da fare questa volta? Di più importante, magari?»

«Per te...» un nodo alla gola gli fa pronunciare a fatica quelle due parole, immaginandosi la reazione del figliastro nell'udirle «Lo sto facendo per te.». 

"Per te", ci avrebbe mai creduto dopo tutto quello che era successo? Il solo pensiero fece quasi ridere perfino lui, che continuava a sperare nel perdono per il suo comportamento passato.

Un'altra risata amara esce dalla bocca dell'ex arciere, facendo vagare gli occhi occhi per la stanza pur di non guardarlo «Non prendermi in giro. "Per me" ci saresti dovuto essere prima. A cosa pensavi quando mi lasciavi solo a casa per giorni che a me sembravano infiniti, eh?»

«Non credevo soffrissi così tanto la mia assenza.»

«Ma ti senti quando ti parli?» la mano bionica chiusa a pugno colpisce violentemente la parete «Mi lasciavi da solo, per giorni, senza neanche una misera chiamata o un messaggio. Non ti veniva minimamente in mente che potessi volere un misero sostegno da te?»

«Non pensavo che-»

«Lo sapevi.» lo interrompe di nuovo «Eccome se lo sapevi.» la mano ancora poggiata sul muro leggermente crepato cerca di rilassarsi, tornando insieme al braccio steso vicino al corpo del ragazzo «Adesso è meglio che vada.»




Ehy.

Non so in quanti la leggeranno, non ha neanche un titolo ed è stata scritta circa un anno e mezzo fa, credo.

Non ha un vero e proprio finale, né so come continuarla. O meglio, la mia mente malata mi ha fatto pensare che questa conversazione fosse nata dal fatto che Ollie volesse stare vicino al figlio dopo la morte di Lian, ma sinceramente non ricordo cosa pensai quando la scrissi, quindi non voglio concluderla con le mie idee di adesso.

Non so quanto durerà o se durerà la sua pubblicazione, ma al momento la lascio qui, mentre nella mia testa vengono riprodotte le canzoni di Ariana Grande che mi hanno portato in una sorta di stato di nostalgia.

Scusate, sto provando a non trascurare la scrittura, ma è un casino.

Alla prossima, spero.

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