PASSATO 7malattia

157 18 0
                                    

Per tre lunghissimi giorni rimasti a marcire in quella schifosa senza cibo, senza potermi muovere, per via delle ferite, e al buio. Non che ovviamente fosse un problema dato che avevo una vista perfetta. Da un microscopico buchino sul soffitto passava uno spicchietto di sole quanto un granello di sabbia che mi permetteva di contare i giorni che passavano lenti, dolorosi e monotoni.

Sentii le gambe e le braccia bruciarni. Le ferite avevano fatto infezione. Di quel passo non sarei sopravvissuta ancora a lungo.

Iniziò a girarmi la testa e caddi per terra. Era tutto sfocato. La febbre stava salendo.

Caddi in un sonno profondo pieno di incubi.

Mi svegliai, qualcuno aveva aperto la cella.

-Alzati! -

Una guardia mi trascinò per svariati corridoi. L'infezione e il dolore mi impedivano di camminare o pensare lucidamente.  Ero nell'Anera.

La folla gridava, voleva la mia morte.

Agli spalti i miei genitori che ridevano di me... ridevano della mia debolezza... L'uomo che mi aveva impedito la fuga. Era davanti a me, teneva in mano una lancia. Sussurrò una sola parola -muori- prima di infilzarmela nel cuore. Ero morta.

Spalancai gli occhi ansimante. Era un incubo... o semplicemente quello che sarebbe successo? La testa pareva scoppiarmi. Le ferite sembravano fuoco su braccia e gambe. Sarei morta, ne ero consapevole. E non vedevo l'ora. La morte era sicuramente cento volte meglio dell'inferno che stavo passando. Portai le mani alle tempie e urlai di dolore quando le catene si strinsero ancora di più intorno alle braccia.

Urlai.

Ma più che un urlo uscì un verso disumano simile a un ringhio o a un ruggito.

Caddi di nuovo in un sonno di incubi dove morivo atrocemente sotto lo sguardo divertito dei miei genitori, della mia amica Alem, dei miei amici.

Le catene stringevano sempre di più penetrando il mio corpo ad ogni mia mossa. La porta si spalancò di colpo ed entrò l'uomo senza nome non sapevo se fosse pure quello un incubo ma sapevo che lo volevo morto.

Si accovacciò accanto a me. Sembrava godesse del mio dolore.

-ora capisci cosa significa tentare di fuggire di qui e mettersi contro di me? - disse con un ghigno.

Lo odiavo.

Sputai sangue sul suo volto.

La sua faccia divenne paonazza dalla rabbia. Strattonò le catene facendo uscire dal mio corpo un urlo terribile, ora ero sicura che non fosse un incubo, ma era centomila volte peggio. Piano, piano stavo scendendo nell'incoscienza. L'ultima cosa che sentii fu un sussurro dell'uomo davanti a me.

-non metterti mai più contro Malachia. La prossima volta non sarò tanto indulgente- poi caddi completamente nell'oblio mentre una guardia si avvicinava

alpha e omegaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora