L'ANERA (PARTE 2)

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Le porte si aprirono con lentezza straziante scoprendo il mostro celato dietro di esse. 

Spalancai leggermente gli occhi riconoscendo il mostro che vidi prima che mi modificassero.

Gigante, alto almeno tre metri e largo due, vestito di pochi stracci sgualciti sulla pelle pallida e violacea. La mascella era squadrata e dalla bocca uscivano zanne affilate e giallognole. Il naso pareva quello di un predatore che fremeva per l ' odore di carne e sangue. Furono gli occhi a farmi fremere dal disgusto della creatura non più umana che avevo difronte. strabici, rossi, gonfi e di un verde che sembrava acqua di palude ma fu proprio quello a farmi riconoscere l'essere.

Weima

mi scrutò a lungo trattenuta da quattro catene che le bloccavano braccia e gambe. si dimenava emettendo versi gutturali e innaturali. Oramai era solo una bestia. La guardai con freddezza mentre raccolsi il pugnale da terra disgustata da tanta crudeltà applicata su un essere vivente.

L'avrei uccisa non per cattiveria, piuttosto per pietà di quell'essere cosi poco umano.

Fu un attimo.

quattro uomini abbatterono le catene con delle scuri e Weima si abbattè su di me.

Schivai il pugno in arrivo e iniziai a correre lungo il perimetro dell'Anera pensando a cosa fare.io avevo dalla mia velocità, agilità e buonsenso mentre lei aveva dalla sua la stazza e la forza bruta.

Non feci in tempo a spostarmi in tempo per schivare il pugno successivo che mi colpì al braccio rompendomelo. Mi si mozzò il fiato per un attimo e Weima ne approfittò per prendermi come se fossi un giocattolo di legno e iniziare a stringermi. gridai sentendo le ossa scricchiolare. Non potevo liberarmi.

con la coda dell'occhio vidi Malachia ridere.

Rideva di me.

Perché ero debole.

Perché sarei morta da li a poco.

Qualcosa si risvegliò nella mia testa. Un istinto antico e primitivo di sopravvivenza.

riuscii a liberare il braccio quasi intero e conficcai artigli e denti nelle mani di Weima che ululò di dolore lasciandomi cadere.

Avrei dovuto sentire dolore ma in quel momento non mi importava. Mi rialzai con un balzo e gli conficcai il pugnale tra il collo e la spalla più e più volte finchè con un ultimo ruggito non cadde a terra. A quel punto mi voltai verso Malachia con un ghigno insanguinato. Aveva una faccia sorpresa. Non se lo aspettava il bastardo. Corsi verso la rete metallica e mi ci attaccai usando gli artigli per crearmi un buco da dove potessi passare.

POV SCRITTORE

Delle guardie le si avvicinarono per ucciderla ma un suo sguardo bastò per farli bloccare dalla paura.

I più impavidi vennero uccisi mentre Tressa era riuscita ad aprirsi un piccolo varco. Vi passò attraverso graffiandosi con i ferri ma il suo obbiettivo era solo uno: Malachia. Per cui non si curò molto del dolore. tutta insanguinata vide suo padre furioso correre verso di lei. Un tempo avrebbe avuto paura ma ora no. Gli tirò un calcio cosi forte da mandarlo a sbattere su una delle scalinate. Non si mosse.

Poi tressa si voltò verso Alem e sua madre dal viso shoccato, incredulo e.... terrorizzato. La madre è mise un sussurro che però la figlia sentì bene
"Mostro"

Spalancò gli occhi come se l'avessero colpita.
Mostro
Mostro
Mostro

Si riprese quasi subito. Era consapevole di quello che era diventata. Si voltò ormai indifferente all'aggettivo con cui sua madre l'aveva chiamata e si ritrovò davanti lui.

Malachia.

Dire che fosse fuori di se era poco.

Lei lo guardò divertita con aria di superiorità e attaccò.

Doveva solo rallentarlo poichè in quelle condizioni le sarebbe stato difficile ucciderlo.

Lui attaccò a sua volta ma i suoi colpi erano resi imprecisi dalla furia ceca che nutriva in quel momento.

Un pugno sbagliato diede a Tressa l'occasione di attaccare. Gli colpì l'occhio sinistro con gli artigli cavandoglielo. Malachia si contorse dal dolore e dalla rabbia maledicendola. Stavano arrivando altre guardie e stregoni. Con un balzo felino tressa si aggrappò al ramo di un albero li vicino e scappò nella foresta. Nella fuga sentì un dolore lancinante colpirla al braccio. Una freccia.

Strinse i denti e continuò la sua fuga tra gli alberi.

Quando fu abbastanza sicura di essere al sicuro si fermò guardando la freccia che le trapassava il braccio sinistro. Quello rotto. Con un urlo bestiale se la tirò via esaurendo tutte le forze e svenendo.

 

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