Chapter 12

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Zayn
Flight Of The Stars

Mi svegliai lentamente.
Nel pieno silenzio.
Non apri gli occhi subito: attesi.

Attesi un segno, una voce, un movimento, ma non percepii nulla per diverso tempo.

Forse ero diventato sordo, pensai, lo credetti davvero all'inizio perché l'unico suono che riuscivo ancora a percepire era quel fastidiosissimo ronzio che seguì l'esplosione della bomba.

Mi accorsi in quel momento di non poter muovere il mio corpo.
Neanche il minimo movimento.

Andai in panico. Sentii il mio cuore battere all'impazzata e la mia testa gridare aiuto.

Impiegai un tempo che parve durare ore prima di ricevere un minimo segnale di vita dai miei occhi.

Li aprì di scatto non appena capì di esserne in grado e vidi che non era notte, anzi, c'era un sole fortissimo fuori dalla tenda.
Capì che, con tutte le probabilità, mi trovavo nella tenda dell'infermeria.

Lentamente, presi a guardarmi attorno e, tra tutte le cose, notai un uomo dal viso conosciuto, seduto sulla sedia accanto alla mia branda.
Era il colonnello Horan.

Lo fissai incredulo mentre anche il mio udito riprendeva a sentire dei rumori differenti da quell'odioso ronzio.

Lui pareva dormire beato. Nell'ombra tenue della tenda, i suoi lineamenti sembravano molto delicati.
I

capelli biondi corti cadevano dolcemente sulla fronte, le lievi occhiaie, le guance morbide, nonostante fosse abbastanza visibile la sua matura età, le labbra rosa, sottili, e le sopracciglia delicate a decorare gli occhi chiusi.
Era sicuramente uno dei ragazzi più belli che avessi mai visto, però, notai un non so che di mortalmente triste in lui.

Guardando, poi, le sue braccia incrociate al petto, riuscì a vedere ematomi e qualche lunga cicatrice ricucita in malo modo.

Eccoli li i segni del male.

Passai diversi minuti a domandarmi chi mai avesse potuto far tanto male ad un angelo come pareva essere quell'uomo.

Poi, un brivido mi percorse l'intero corpo e lì lo sentì: quel dolore allucinante.

Il brivido risveglió, completamente e tutto d'un colpo, il mio corpo.

Provai a muovermi, più per testardaggine che altro, ma non appena compresi quanto questo amplificasse il dolore mi bloccai.

Ogni minimo movimento, anche il più lieve, mi provocava il peggiore dei dolori.

Mi limitai, dunque, a sollevare la testa molto lentamente per vedere cosa ci fosse attorno a me, nella speranza che qualcuno entrasse e, vedendomi in difficoltà, mi aiutasse.

Ma non fu così.

Non arrivó nessuno.

Per molto tempo.

*

Era buio.
Silenzioso.
Il dolore sembrava essere scomparso nel momento in cui mi svegliai, qualche ora dopo.

You Bring Me Home ~ Larry StylinsonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora