Niall
On my ownÈ ora di andare.
Questa notte c'é un silenzio di tomba, i miei colleghi sono già andati, ognuno di loro é uscito dalla sua tenda a distanza di dieci minuti l'uno dall'altro e sono andati a prelevare i loro soldati. Io ho paura ad uscire da qui tutto solo. Non so perché ma ho la continua sensazione di essere il pericolo. Non é una cosa comune, per questo suona così strano.
Ma sono il capo qui, devo pensare in fretta e agire in silenzio se voglio proteggere coloro che stanno nei miei dintorni.L'accampamento é quasi completamente buio. C'é la mezza luna, niente nebbia, niente nuvole, solo qualche volatile che strappa quel lieve strato di vento presente.
Non è per niente facile essere silenziosi quando il proprio cuore, nello sterno, emette quel "tum tum" veloce, insistente e fottutamente fastidioso.Un piede davanti all'altro, fingo di essere tranquillo e di sentirmi completamente a mio agio, mentre attraverso l'accampamento. È importante che i soldati non vedano la paura negli occhi del loro Colonnello, è una questione di principio: io devo proteggerli.
Sveglio i miei uomini uno a uno, molti erano già vigili, altri semplicemente svegli, d'altra parte, ho pensato che avranno salutato i loro compagni. Riconosco la tristezza negli occhi di quelle persone, in particolare in quelli del ragazzino che, ho avuto la conferma, è il secondogenito degli Styles.
Stiamo lasciando l'accampamento quando vedo dei cespugli muoversi di colpo. Ad un tratto ne esce un'uomo che prende a correre veloce come una saetta.
Capisco da questo che non è un "amico" e quindi, senza esitare un attimo, mi lancio al suo inseguimento.Una dote che mio padre ha sempre voluto valorizzare è la mia velocità. Mi faceva correre un chilometro in più ogni settimana e contava i minuti che ci impiegavo spronandomi a fare passi lunghi e contatti minimi e delicati con il terreno. Se non riuscivo a fare quello che lui diceva rischiavo che mi picchiasse o che non mi permettesse di mangiare per qualche giorno.
Corro, corro e corro ancora, ogni passo di felpato e svelto del precedente, l'uomo é a pochissimo da me, massimo quattro metri. Stiamo correndo nel pieno del bosco ancora, ma so per certo dove mi sta portando: devo fermarlo prima di raggiungere il campo nemico, altrimenti è la mia fine. E io non posso morire in questo momento.
Quello corre ancora ma io l'ho raggiunto ormai vedo che siamo quasi arrivati al campo dove si è tenuta la battaglia e prima che lui possa mettere piede su quello, gli salto addosso.
Lui cade, io pure.
Cerca di dimenarsi ma io sono più abile, mio padre, qualche volta, mentre mi picchiava, implicava difendermi.
Le prime volte, ricordo, ne uscivo devastato, lui era brutale. Con il tempo, poi, imparai a stringere i denti, sopportare il dolore inflitto, accantonare la paura e rispondere ai colpi urtando i punti esatti dove ero certo di infliggere il giusto tasso di dolore.Quindi colpisco.
So dove, so con quanta forza: non terrà ancora molto prima di svenire.
Infatti, la spia sviene.
E ora?
Non voglio ucciderlo.
Penso, penso, penso.
In fine, decido che la cosa migliore da fare é portarlo dall'altra parte del fiume e lasciarlo là a riprendersi. Tanto, prima che si svegli, domattina, io e il mio gruppo saremo già troppo lontani perché ci raggiungano.Così faccio, afferro l'uomo e lo porto all'accampamento. Alcuni soldati se ne accorgono e si offrono per scortarlo al posto mio fino al fiume ma declino la loro offerta. Non è saggio mandare così tanti uomini in giro insieme, i nemici potrebbero notare dei movimenti insoliti tra gli alberi.
Vado io io solo e quando raggiungo il fiume, oltre a riempire nuovamente la borraccia, dedico qualche istante ad osservare il soldato nemico.
Non ha affatto l'aria cattiva, anzi, per un momento ho persino pensato fosse uno dei miei!
Buffo come gli uomini si somiglino tutti, eh!?
Viene quasi da piangere al pensiero che centinaia di persone si uccidano a vicenda senza neanche sapere davvero il perché!
Sul serio, io stesso a volte fatico a ricordarmi perché mi trovo qui!
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You Bring Me Home ~ Larry Stylinson
Hayran KurguIl primo febbraio 1941 compii 17 anni. Quel giorno ancora non sapevo che da li a poco la mia vita sarebbe cambiata per sempre. Non sapevo che avrei conosciuto delle persone uniche, dedite più all'amore che alla loro stessa esistenza. Non sapevo che...