8. La foto

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"Cosa ho detto? Cosa vuol dire Leuccio?" Isabella e il nipote si guardano e poi lui sospira rumorosamente. "Celeste mi chiamava così quando eravamo piccoli. Lo fa ancora, quando ha bisogno di attirare la mia attenzione". Devo aver la fronte corrugata. Lo sento. Guardo Sabina perché ho bisogno di qualcosa di stabile, visto che non capisco più niente e lei mi viene vicino e mettendomi una mano sulla spalla.

"Cosa intendi?" La sento dire a Leo. Lui si siede di nuovo sulla sedia. "Una volta eravamo al telefono. Lei continuava a dirmi che andava tutto bene, invece non era vero, aveva bisogno di me, ma non poteva dirmelo. Quella volta mi ha chiamato Leuccio. Lei sa quanto io odi quel soprannome..." Beh, effettivamente, come dargli torto? Così annuisco e gli faccio cenno di continuare. "Da quel momento, quando c'è qualcosa per cui lei vuole attirare la mia attenzione, mi chiama così. E ora l'hai fatto tu" I suoi occhi mi trapassano. Giuro. Non so cosa dire. C'è ancora un po' di accusa nel suo sguardo, ma soprattutto un'emozione che non riesco a capire. Anzi, che capisco benissimo ma non so descrivere. È un po' quello che sento io: paura. Paura di qualcosa che non conosco.

Tolgo lo sguardo da lui e mi metto a guardare le bustine di zucchero sul tavolo. Voglio andare a casa. Tutto questo non fa per me. Davvero. "Vado a casa" Mi volto verso la porta ma Isabella mi blocca, venendomi vicino e parlandomi a bassa voce. "Sei sconvolta, vai a casa, tesoro, ma... Possiamo restare in contatto? Sono sicura che se Celeste ha cercato di attirare l'attenzione di tutti noi, un motivo ci sia. Ora lei è al sicuro, in ospedale non può succederle niente, ma preferirei che tu prendessi il mio numero di telefono, così che se avessi bisogno di dirmi qualcosa..." io annuisco solo perché voglio andarmene da lì e Isabella scribacchia qualcosa su un foglietto. Quando me lo passa, leggo i numeri, ma senza vederli veramente e quando sto per metterlo in tasca, Sabina me lo ruba dalle mani.

"Ma... è un numero fisso?" chiede, rivolta prima a uno e poi all'altra. Isabella diventa rossa sulle guance e non mi è mai capitato di osservare una cosa del genere su una persona tanto più grande di me. "Io non ho il cellulare".

"Va bene, Sabina, dai. Voglio andare a casa. Va bene così" Cerco di tirarla via per andare verso la porta. Come diceva prima Isabella, che probabilmente ha già capito qualcosa di Stefano, finché Celeste è in ospedale non corre rischi e io voglio andare a casa.

"Aspetta" Tutte e due ci voltiamo verso Leo. Questa volta è lui che scrive qualcosa su uno dei tovaglioli di carta che ci sono sul tavolo e me lo allunga. Io guardo la sua mano e il biglietto ripiegato su se stesso. Poi riguardo lui. "Cos'è?"

"Il mio numero" dice lui. Oh. Sento quasi le guance diventare rosse. Oh, Nicole, smettila! Non ti sta dando il suo numero perché vuole che lo chiami, su. No. Di sicuro non è per questo. Scuoto le spalle e sto per dire che non lo voglio, quando Sabina glielo strappa dalla mano e sorridendo li saluta. Mi sento mentre li saluto anch'io e, senza che io me ne renda conto, siamo fuori dalla sala da tè.

Quando arriviamo sotto casa mia, (Sabina mi ha accompagnato pensando che non fossi in grado di arrivare fin qui da sola) la mia amica mi dice sorridendo e porgendomi il biglietto: "Hai il numero di un bel ragazzo" E mi strizza l'occhio. Come se non ci fosse niente di più importante. Alzo le spalle. Non mi interessa di Leo. Non in quel senso. Non adesso. Davvero. Davvero... Distendo il biglietto e guardo i numeri. Davvero... Davvero? Oh, cavolo! Sento Sabina ridere e un po', quel suo modo di sghignazzare, mi toglie la tensione dalle spalle. Poco dopo sto ridendo anch'io. "Oh, quanto sei stupida!"

Ma Sabina ridacchia ancora. "Ah, io?" Allora cerco di prendermi una piccola rivincita "Hai già dimenticato Marco della 5F?" dico dandole una gomitata. Mi odio nel momento in cui ho paura che le attenzioni della mia amica possano effettivamente essere passate sul bel Leo dagli occhi verdi e che, naturalmente, in quel caso non avrei più nessuna possibilità. Così abbasso lo sguardo e cerco di non guardarla in faccia, per paura che possa leggermi dentro come fa tutte le altre volte.

Flashback (in revisione)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora