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Niall continua a chiedersi se dovrebbe sentirsi davvero sbagliato, proprio come stanno cercando di convincerlo tutte le persone che ha intorno.
Vogliono fargli credere che sia lui che non vada, che abbia un mucchio di problemi che non vede nemmeno, che sia stupido. Ma se deve essere sincero, pensa che lì l'unico sano di mente sia proprio lui.
Due dita schioccano davanti ai suoi occhi. «Mi stai ascoltando?»
«No.» e lo sguardo che riceve gli fa capire di aver dato la risposta sbagliata. «Sì! Volevo dire sì.»
Diavolo, non dovrebbe nemmeno restarci male per lo sguardo deluso che Finnick gli sta rivolgendo, visto che di certo non è la prima volta. Dovrebbe esserci abituato. 
Il maggiore degli Horan tira un sospiro profondo e si appoggia con le mani al tavolo di vetro della cucina di suo fratello, sporgendosi in avanti.
«Sei un idiota. E se prendessi soldi ogni volta che te lo dico, sarei già miliardario.»
«Pensa quanto amore provi nei confronti del tuo fratellino.» borbotta Niall, sollevando gli occhi al cielo.
Finnick sospira. «D'accordo. Smetterò di insultarti. E smetterò di urlare.»
Grazie a dio, pensa Niall, visto che è da più di mezz'ora che non fa altro. Insomma, non c'è bisogno che gli dica quanto sia stato stupido andarsene dagli Europei senza nemmeno fare l'esibizione al Galà e lasciando Eveline lì da sola. Niall si è sconnesso prima che uscissero quelle parole dalla bocca del suo allenatore. Fortunatamente, aggiungerebbe, dato che avrebbe potuto reagire ancora peggio se avesse metabolizzato davvero quella frase.
«Ma...» oh, diamine. Non sperava in alcun ma. «Rispondi alla mia domanda: perché te ne sei andato?»
Semplicemente perché non è riuscito a gestire tutto. Semplicemente perché si è sentito inappropriato, deluso da se stesso. Per una volta sapeva perfettamente di essere stato lui il problema e non Eveline. Oh, Eveline... La richiesta che le ha fatto prima del programma libero... Come potrà guardarla di nuovo in faccia? La fuga era stata la soluzione più semplice.
«Puoi farmene un'altra?» Niall non vuole di certo dire ad alta voce quello che sta pensando.
«D'accordo. Allora dimmi com'è stato gareggiare di nuovo con Eveline. È per questo che sei andato via?»
Il più giovane scuote la testa in segno di diniego. Ha amato gareggiare con la sua Eveline. Perché lei sembra essere tornata la ragazza aggraziata e perfetta accanto al suo partner. Certo, con qualche rughetta in più intorno agli occhi, ma pur sempre perfetta. Dovrebbe chiederle come ha fatto a cambiare in questo modo. O meglio, come abbia fatto di preciso ad accantonare le vecchie paure e a ritrovare la serenità con lui sulla pista. Se lo ha fatto adesso, perché non ci è riuscita cinque anni prima?
«Ne hai anche una terza di domanda?» Niall lo sussurra senza nemmeno guardarlo.
«In realtà sì.»
Oggi suo fratello deve essere davvero curioso. O rompipalle, anche se quello non sarebbe un particolare diverso dal solito.
«Adesso che vi siete qualificati per il mondiale, vuoi mollare tutto, Niall?»
Il pattinatore sospira, si guarda le mani per qualche attimo prima di alzare di nuovo gli occhi e puntarli su suo fratello. «Io... non ne sono sicuro.»
Finnick cerca di nascondere un sorriso, ma il più piccolo lo vede comunque.
«Non pensare che sia una cosa positiva. Avevamo un patto. Ho mantenuto la mia parola, nonostante tu non mi abbia creduto... a proposito, dovresti scusarti con me per questo, sai? Ma sono sicuro che non lo farai...»
Dopotutto Finnick è arrivato in casa sua accusandolo e urlandogli che non può mandarlo a fanculo in pubblico come ha fatto a Minsk. Di certo, non scusandosi per l'accaduto.
«Ad ogni modo, se dovessi decidere di non partecipare al mondiale, tu non potresti dirmi niente.»
«Vuoi smettere?» Finnick glielo chiede in modo diretto, perché vuole saperlo.
«Non lo so. Forse.»
«Ci vediamo agli allenamenti lunedì?» chiede ancora.
E Niall non può fare a meno di annuire. «Sì, ci sarò.»
«Benissimo.» l'allenatore è estremamente soddisfatto. Pensa che Niall non sia in grado di mollare tutto arrivato a quel punto e crede che dopotutto apprezzi fin troppo il pattinaggio per dargli un taglio definitivo.
Ma il più piccolo lo sta solo lasciando convincere che sia così. Niall ha ogni programma ben delineato nella sua testa, sa perfettamente cosa dovrà fare.
«Adesso te ne vai?» chiede con disprezzo, guardando fuori dalla finestra. È quasi ora di cena e ormai buio.
Finnick rotea gli occhi e alza la mani in segno di resa. «Ok, d'accordo. Me ne vado. Voglio che ti ricordi una cosa però prima: sono ancora capace di dirti che ti voglio bene, fratellino. Quindi sì, lo sto facendo. Meglio delle scuse, eh?»
E Niall fa soltanto un verso di disgusto, che fa ridere il più grande.
Il rumore della porta di casa che si chiude alle spalle del maggiore e l'assoluta pace che torna in quella casa, fa sentire Niall decisamente meglio.
Quella sera il pattinatore decide di collocarsi sul divano ed è proprio lì che si addormenta, con il suono basso della televisione in sottofondo.
Sono ormai le prime luci dell'alba quando si rende conto di essere ancora in soggiorno.
Geme e si passa una mano sugli occhi. Dovrebbe smetterla di addormentarsi sul divano. O forse dovrebbe comprarne uno più comodo, visto che ogni volta che si appisola lì si alza con nuovi dolori, neanche avesse settant'anni.
Si stiracchia, sbuffa e poi si alza in piedi. La casa è troppo silenziosa. Non sa perché, ma pensa che forse dovrebbe comprare un animale domestico. Un cane o un gatto, magari. Qualcosa che gli possa dare amore. Di sicuro non un pesce da far morire nel giro di poche settimane.
In realtà, il pattinatore adora quando il suo cervello crea solo quei pensieri stupidi senza soffermarsi sul resto. 
Niall alza un braccio e si massaggia il collo con la mano. I suoi piedi lasciano il tappeto ed entrano a contatto con il pavimento gelido, facendolo rabbrividire. Gli viene quasi istintivo camminare in punta di piedi.
Niall non sa di preciso da cosa sia attratto, forse dalla brina che c'è sulla finestra davanti alla quale passa per andare in camera da letto. O forse del biancore luminoso che arriva dall'esterno inondando la stanza di una luce quasi divina. Il pattinatore volta la testa e trattiene il respiro per un secondo. Si morde il labbro, mentre un sorriso minaccia di sfuggire involontariamente.
Ma alla fine un urletto felice lascia le sue labbra e si sente quasi un bambino davanti ai regali la vigilia di Natale. Fuori uno strato di neve fresca ricopre il panorama. Non è molta, ma quanto basta. A Niall non è mai importato più di tanto della neve. Eveline era un tempo quella che si divertiva a lanciargli addosso le palle di neve solo per infastidirlo. Ma la neve nel posto in cui abita equivale soltanto ad una cosa: il lago ghiacciato.
Era talmente arrabbiato al ritorno dagli Europei che non aveva degnato quella bellezza della natura di uno sguardo. Ma lo sta facendo adesso.
Ed ecco che improvvisamente cambia idea, non ha più bisogno... o meglio, non ha più voglia di tornare a dormire.
Saranno appena le sei del mattino, forse le sette. E lui sta correndo lungo le scale per raggiungere la cabina armadio e cercare quel paio di pattini, quelli vecchi, bianchi con i lacci giallo fluo. Li trova ed esulta perfino. Adesso l'unica cosa da fare è quella di andare a pattinare da solo nel laghetto, nel suo posto di pace, il piccolo mondo paradisiaco.
Pensa anche a prendere un berretto e a calarselo sulla testa, coprendosi bene le orecchie. Proprio ad esse Niall collega le cuffiette e il piccolo lettore mp3 nella tasca della tuta che indossa.
L'aria fuori è gelida, ma Niall sa che si scalderà in fretta. Sa anche che probabilmente sta facendo una pazzia, ma ne ha talmente tanta voglia che non riesce a fermarsi.
Spera che il ghiaccio sia ormai abbastanza duro da non rompersi, anche se quel rischio lo spinge ancora di più a farlo.
Niall esita solo qualche secondo davanti al bordo. Respira con la bocca e delle nuvolette di vapore escono dalle sue labbra.
La musica lo riempie già. Per di più, è una vecchia playlist e i ricordi lo assalgono senza che possa farne a meno.
Freme. È da troppo tempo che non scende al laghetto per pattinare. Anni di inutilizzo, anni di mancato coraggio. Forse allora Eveline non è l'unica ad aver ritrovato l'audacia per poter fare quelle piccole grandi cose.
Un brivido lo attraversa quando con i suoi pattini inizia a segnare il ghiaccio del laghetto.
Si muove a tempo di musica, balla immaginando di farlo con qualcuno. Con Eveline. Già, Niall è stato talmente bravo a scacciare Rose Marie dalla sua mente... A riporla lontano, solo perché gli fa troppo male. Ma a quanto pare, con Eveline proprio non ce la fa. Specialmente adesso che è tornata.
La sua mente sta cominciando ad immaginare cose e nonostante sia quasi roba da ragazzina adolescente, lascia fare al suo cervello ciò che vuole. Cosa alquanto sbagliata. I suoi occhi sono chiusi e la pace si sta trasformando in dolore.
È fantastico quanto sia ormai abituato a pattinare da farlo perfino con gli occhi chiusi, a girare lentamente sul posto e con una dolcezza e leggiadria che tira fuori soltanto in alcune occasioni. 
È meno fantastico quel dolore sordo al centro del petto. La canzone che sta ascoltando finisce, i suoi occhi blu si aprono e poi si spalancano. Il suo cuore deve aver perso qualche battito. Strizza gli occhi, perché non capisce se sta continuando ad immaginare o se lei sia davvero lì. Eveline sta scendendo a passo spedito il vialetto che la porta dritto al laghetto, dritto a lui.
No, deve star proprio sognando. Anche se Niall la stava immaginando vestita in modo più decente fino a poco prima. Adesso ha addosso un paio di pantaloni scuri e una felpa con il nome del locale in cui anche il pattinatore è stato più volte a bere qualcosa.
Alla fin fine, è proprio nello stile di Eveline, che non riesce mai a vestirsi in modo femminile, nonostante lei sprizzi femminilità da ogni poro, nonostante lei sia bellissima.
Niall si toglie le cuffiette dalle orecchie. Sta fermo al centro del lago e fissa la figura che continua a camminare in modo deciso. Due particolari importanti su cui il pattinatore non può fare a meno di soffermarsi: il cipiglio arrabbiato sul volto angelico di Eveline e i pattini che tiene per i lacci. Anche quelli diversi, più vecchi rispetto a quelli usati per gli allenamenti e per gli Europei.
«Eveline?» chiede, quando lei si ferma sul bordo del lago. Se lei inizierà a parlare, probabilmente significherà che è davvero lì. O forse no.
«Sapevo di trovarti qui.» dice lei, con una punta però di rabbia nella voce.
Alle sette del mattino di sabato? Come diavolo ha fatto ad immaginarlo? «Che ci fai te qua?» chiede Niall con un filo di voce. Non riesce davvero a capire. È frutto della sua immaginazione? È arrivato davvero a tanto?
«Sono appena uscita dal lavoro, avevo bisogno di parlarti e sono venuta a casa tua.»
Niall aggrotta le sopracciglia e la fissa mentre lei si abbassa per infilare i pattini ai piedi.
«Alle sette del mattino? Non hai pensato che stessi dormendo?»
«Dovevo portarti la colazione? No, sono troppo arrabbiata con te per farlo.»
Eveline entra finalmente nel laghetto.
Niall freme, ma probabilmente è più paura che altro. «Arrabbiata?» ripete.
Eveline è a pochi passi da lui adesso. Annuisce e basta.
«E per cosa?»
La ragazza stringe i suoi occhi verdi, si avvicina ancora, ma Niall inizia ad indietreggiare per mettere distanza. Non sa perché, ma non gli piace il modo in cui lei lo sta puntando quella mattina. Si chiede se non sia uscita dal lavoro ubriaca o qualcosa del genere.
«E per cosa?» ripete Eveline incredula prima di mettersi a ridere. «E me lo chiedi pure? Te ne sei andato, cazzo!»
Se deve essere sincero è la prima volta nella vita che vede la sua amica arrabbiata, così fuori di sé. Ed è davvero strano.
«Stai parlando dell'Europeo per caso?» il ragazzo si mette in allerta. Non può crederci.
I due stanno pattinando adesso. In tondo, uno davanti all'altro, senza nemmeno toccarsi. Sentono solo il bisogno di muoversi su quel ghiaccio.
«E di cosa dovrei parlare? Certo! Mi hai lasciata lì e te ne sei andato!»
Qualcosa nel cervello di Niall finalmente si attiva. Embolo in partenza tra tre, due... «Si vede che ho imparato dai migliori, cazzo!» bene, forse ha urlato più di quanto abbia fatto lei. «Con quale coraggio mi stai accusando di una cosa del genere?»
Niall allunga le mani verso di lei, ma le ferma in aria. Il suo istinto era quello di spingerla, ma sa che non può farle male.
Il ragazzo percepisce dallo sguardo di Eveline che sa che lui ha ragione. La mora afferra però le mani del pattinatore con le sue. I palmi a contatto e le dita ben intrecciate. Solo in quel modo, Niall capisce effettivamente che non si sta immaginando nulla, che lei è veramente lì. Può sentire perfino una scossa scaldare le loro mani fredde.
Il pattinatore non riesce del tutto a ragionare, non è nemmeno in grado di chiedersi che cosa stia succedendo.
«Non puoi scappare dopo avermi chiesto di baciarti.»
Niall si gela sul posto. Diventa quasi una lastra di marmo, più duro e freddo del ghiaccio sotto di loro. Non sta nemmeno respirando. Come dovrebbe risponderle?
«E non puoi andartene senza darmi il tempo di farlo.» Eveline lo sussurra, ma Niall lo sente perfettamente.
Forse è meglio che si allontanino. Il cuore del pattinatore sta accelerando. Non può reagire, lui non...
Niall tiene ancora gli occhi aperti quando succede. Quando le labbra di Eveline si schiantano quasi con violenza sulle sue. Già, perché la sua partner lo ha appena, davvero, veramente, incredibilmente, baciato.

Cold Heart ●Niall Horan●Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora