Mancanza

239 24 11
                                    

La sua assenza fece nascere in me una strana sensazione. Non ero in grado di descriverla.

Girai per la casa in modo irrequieto alla spasmodica ricerca di un qualche suo segno. Il fatto che se ne fosse andato, dopo aver imposto la sua presenza con tanta ostinazione, senza neanche salutare o lasciare un biglietto, mi aveva indispettita.

A lavoro fui intrattabile per l’intera giornata. Discussi praticamente con tutti. Ebbi da ridire persino sul caffè che mi aveva cortesemente offerto una collega. Decisi di tornare a casa mezz'ora prima del previsto. Nessuno si permise di obbiettare.

Appena iniziai ad avvicinarmi al palazzo di casa mia, cominciai a sentire qualcosa di strano e familiare allo stesso tempo: era l’odore dell’umano.

Arrivata davanti al portone, lo trovai in piedi in un angolo accanto ad una siepe.

«Buonasera», mi disse.

Io non risposi. Il mio raziocinio mi abbandonò nuovamente e lo azzannai lì, in mezzo la strada, dove chiunque avrebbe potuto vederci.

Questa volta, mentre bevevo il suo sangue, percepii un sentimento di stupore in lui.

Improvvisamente, fece anche dell’altro: mi abbracciò. Era sempre stato immobile quando io mi nutrivo di lui. Questo cambiamento repentino mi spiazzò. Smisi di colpo di bere. Ma lui mi trattenne tra le sue braccia e mi sussurrò: «C’è un passante. Non ti muovere. Se ora ti scansi, lui vedrà il sangue».

Rimasi ferma.

Non mi ero minimamente accorta di quel passante. Avevo azzerato il mondo attorno a me. Come se esistessimo solo io e quel l’umano.

Scampato il pericolo di essere scoperta, afferrai l’uomo per la giacca e lo portai in casa.

Vampiri 2.0Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora