Capitolo 8.

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Dentro di me, sapevo che quel momento sarebbe arrivato, prima o poi. Ignorare un presentimento non è mai una buona idea; soprattutto se si ha quasi la dimostrazione giorno dopo giorno che questo potrebbe avverarsi. Ignorare la realtà dei fatti non mi era mai sembrata una buona idea, eppure molte volte mi imponevo di farlo per non rimanere troppo delusa.

Cosa dire, ero rimasta fregata. Ero rimasta davvero fregata dalla realtà. Perché, detto tra noi, a volte ci aspettiamo delle cose, spesso brutte, ma non siamo mai davvero pronti ad affrontarle. E quando arriva il momento di farlo, ci troviamo in preda al panico, con poche forze e troppe lacrime. Proprio com'ero io, durante il tragitto da casa di Camden verso casa mia. Proprio come quando superai la porta di casa mia, e trovai mio padre con un foglio tra le mani, seduto sul divano, la testa china, senza dire una parola. Senza una lacrima a rigargli il viso.

Solo un assordante silenzio.

Di lato a lui, Braiden, che gli teneva una mano sulla spalla e si guardava intorno come perso, come se quello fosse solo un brutto sogno.

«Papà...» sussurrai.

Lui alzò lo sguardo, e vidi i suoi occhi che solitamente mi infondevano forza e coraggio, come due pozze profonde, scure, vuote.

«Sapevamo che sarebbe successo...» disse lui, con un profondo sospiro. La voce gli tremava. Spostò lo sguardo da me, e lo vidi sorridere quando guardò Camden. «Finalmente ho il piacere di conoscerti, Camden. O Caden, come ti chiama qualcuno. Sono contento di conoscere il ragazzo che ha rubato il cuore delle mie tre figlie. Io sono Noel.» si strinsero la mano, e Camden sorrise.

Come riusciva mio padre a trovare la forza di sorridere? Io avrei solo voluto buttarmi a terra e piangere per i successivi quattro mesi.

«Mi creda, il piacere è tutto mio, signor Butler. Sua figlia mi ha parlato molto di lei.»

«Spero solo cose belle.» disse mio padre alzandosi, e facendo cenno a Camden di seguirlo dirigendosi verso la cucina. «E per carità, ragazzo, Noel! Nessun signor Butler, quello riservalo per mio padre.»

Il foglio che mio padre teneva tra le mani cadde a terra, e il mio sguardo si posò su quel pezzo di carta, come se fosse veleno.

Mentre loro si diressero in cucina, io e Braiden restammo da soli nell'imponente e disordinato salone di casa mia. I giochi delle bambine erano sparsi ovunque, un tutù era sullo schienale del divano, e una tazza di Barbie era sul tavolo in legno, ancora piena di latte. Per fortuna Lola e Alisha stavano dormendo, e potevano stare lontane da quella sofferenza.

Almeno per il momento.

Giuro, non l'avrei mai perdonata. Questa non potevo passargliela. Non potevo perdonare il fatto che lei, mia madre, ci avesse abbandonati. No, quello era al di fuori delle mie capacità. C'era un limite a tutto. E quello era il mio.

Braiden fece un cenno con la testa verso il foglio, così lo raccolsi, mi sedetti sul divano, lo misi tra noi due, e lessi l'uscita di scena di una donna che per me era ufficialmente morta.

Ciao Noel,

spero che non mi odierai. So che avrai la forza per andare avanti e per tirar su i tuoi figli, come hai sempre fatto fin ora. Sai perché dico tuoi. Sappiamo entrambi che l'amore, la forza, il coraggio e l'affetto di un genitore gliel'hai dato solo tu, e non riesco più a fingere, a vivere una vita che mi rende infelice e non fa altro che ricordarmi, giorno dopo giorno, che non è questo quello che voglio. Non volevo arrivare fin qui, e non potevo più prendere in giro te, e nemmeno i ragazzi.

Avere Phoebe a vent'anni è stato un grande sbaglio. Un errore che ho pagato per tutta la vita. Io non ero pronta a diventare madre. A quell'età avevo bisogno di vivere, di realizzarmi, di fare quello che facevano tutte le mie coetanee. E grazie a te, un po' ci sono riuscita. Eri tu che passavi le notti in bianco con lei, le cambiavi il pannolino e le preparavi il latte. Voleva dormire solo con te, e ha camminato e detto la sua prima parola solo in tua presenza.

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