Capitolo 18.

178 38 15
                                    

Amélie Walker abitava sulla Masonic Ave, sempre nel quartiere di Haight-Ashbury, in fondo ad una bellissima via di villette in stile vittoriano.

Casa sua era a tre piani, grigio platino, con un'arcata all'entrata simile a quella di casa dei suoi genitori, e con le finestre in stile inglese.

Dall'esterno non sembrava molto grande, ma sapevo che solitamente, questo era l'effetto che si vedeva dall'esterno.

Ero di lato a Jolanda, all'entrata, mentre reggevo tra le mani un vassoio con i biscotti preferiti di River, il nipotino cinquenne della famiglia.

Alle nostre spalle, Jeffrey e Samuel tenevano i regali e i palloncini gonfiati ad elio.

Dayron, seduto pazientemente di lato a Samuel, stava osservando il quartiere con la lingua di fuori.

«Non è possibile che a trent'anni non senta mai il campanello! E che cazzo!»

«Samuel!» lo sgridò sua madre.

«Ti ho sentito, stronzo!» gridò una voce femminile dall'interno.

«Scusali. Giuro che li ho educati meglio di così.» si scusò Jolanda.

Ad interrompere il battibecco che era sfociato tra Samuel e sua madre, fu una donna bellissima che aprì la porta con un sorriso raggiante.

Amélie era alta, formosa al punto giusto, con dei bellissimi capelli ondulati biondi, con i colpi di sole, e una montatura di occhiali cat-eye rosa che le davano un'aria giovanile e simpatica.

«Finalmente ho l'onore di conoscerti, Phoebe!» mi salutò con un abbraccio affettuoso. «Scusa se non sono venuta prima, ma Beverly ha avuto la varicella e non mi sono potuta muovere da casa. Tu l'hai già avuta, vero? Non dovrebbe essere contagiosa, ormai che è debellata. Ma non si sa mai.»

«Potresti farle tutto il monologo una volta che saremo entrati? Non ho tutto il giorno per starmene qua fuori prima che qualcuno mi riconosca!»

Amélie alzò gli occhi al cielo, così come Jolanda e Jeffrey. «Ciao anche a te, fratellino.» gli scompigliò i capelli, una volta che fummo dentro.

La casa era molto sobria, elegante e sofisticata. Era quasi interamente arredata di bianco e grigio, e mi stupii di quanto riuscisse a tenerla in ordine con due bambini piccoli.

«Phoebe, ti presento mio marito Dean.» mi disse Amélie, scusandosi con gli ospiti mentre suo marito mi salutava.

Nel frattempo, Dayron scodinzolò, prendendosi le carezze di tutti i presenti, divenendo il centro dell'attenzione.

«Zio! Sei arrivatooo!» la voce di un bambino ci fece voltare verso la veranda che portava al cortile sul retro.

Samuel abbracciò un bambino bellissimo, uguale a lui. Capelli castani, ricciolini, occhi azzurro/verde e un sorriso furbetto.

«Auguri principino.» bisbigliò Samuel, all'orecchio del nipote.

«Ti voglio presentare una persona...» gli disse, venendo verso di me. «Phoebe, lui è River. River, lei è Phoebe.»

Il piccolo mi porse la mano, e con un sorriso, gliela strinsi.

«Oh, ma che gentiluomo. Tanti auguri, piccoletto. Qualcuno mi ha detto che ti piacciono i dinosauri...» gli porsi la busta.

River me la strappò letteralmente dalle mani, e non appena vide la collezione di dinosauri con la riproduzione di una piccola giungla, si mise a gridare per attirare l'attenzione della madre.

«Grazie Phoebe! È bellissimo.» disse eccitato. «Ma questo cane è tuo?»

«Sì. Ti piace?»

Guardami (IN REVISIONE)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora