Capitolo 3.

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«Corri alla stessa velocità di un ghepardo, accidenti. Avevo paura che avresti preso il volo da un momento all'altro!» risi, cercando di attenuare il fiatone.

Mi appoggiai alla parete rocciosa della spiaggia, e inspirai profondamente.

«Credo che sia tu ad essere lenta come una lumaca.» sorrise lui, senza mostrare il minimo senso di affaticamento.

Gli diedi una spallata leggera, nonostante lo spazio per muoversi fosse davvero ristretto.

Mi chiesi come fosse possibile che quel ragazzo dovesse fuggire di continuo da fan impazzite, o da paparazzi e fotografi.

Forse era più famoso di quel che credevo.

«Camden...mi stai nascondendo qualcosa? Perché ti stanno così addosso tutte queste persone? Prima le fan, poi i paparazzi... Sei famoso? O comunque abbastanza conosciuto?»

Emise un verso, scuotendo la testa. «Il fatto è che frequento gente famosa. Mi invitano a qualche party, faccio con loro qualche live, ed ecco...magari ho acquisito un po' di notorietà. Probabilmente mi avranno confuso con qualcuno di famoso, oppure vogliono che rilasci qualche intervista o qualche scoop riguardo qualcuno con cui compongo. Mi capita più spesso di quello che vorrei.»

Sembrò sincero.

«Okay, ti credo, tranquillo.»

«Ti disturba questa cosa?» corrugò la fronte.

Feci spallucce. «No, affatto. È solo strano, tutto qui. Non avevo neanche mai visto dei paparazzi a Santa Barbara.» ironizzai.

Lo vidi rilassarsi. «Spero che questo non ti faccia allontanare da me. Mi dispiace per l'interruzione. E mi dispiace che in ogni nostro incontro io debba trascinarti in qualche strano nascondiglio.» i suoi occhi si fecero tristi. «Non deve essere piacevole. Ma ti prometto che la prossima volta farò in modo che nessuno ci segua, dovessi travestirmi da barbone!» esclamò, facendomi ridere.

La prossima volta.

Voleva rivedermi!

«Non ti preoccupare.» gli sorrisi. «E poi non mi dispiace così tanto restare nascosta. Tu mi fai sentire al sicuro.»

Perché continuavo a dire tutto quello che mi passava per la testa?

A lui non sembrò dispiacere, però. Si avvicinò, intrappolandomi contro la parete rocciosa. Diede un'occhiata alle sue spalle, e poi i suoi occhi furono contro i miei. «Ne sono felice, e fai bene a sentirti così, perché con me sei davvero al sicuro. Non farei mai nulla che possa metterti in pericolo. E poi...» il suo fiato mi solleticò il collo, «neanche a me dispiace restare nascosto con te.»

Arrivò una folata di vento fresco, e rabbrividii.

«Cazzo, sei senza giubbotto.» notò, strofinando le mani sulle mie braccia per scaldarmi.

«L'ho dimenticato in macchina.» mormorai, ancora scossa a causa della sua vicinanza.

Con un gesto veloce, si tolse il giubbotto in pelle nero, e me lo mise sulle spalle. Rimasi quasi imbambolata vedendolo con quella bella camicia bianca attillata, che adirava perfettamente alle sue spalle larghe, e al petto sodo.

Ahh.

«Ehm.» tossì.

Alzai gli occhi per incontrare i suoi, e sì, arrossii.

Beccata.

Mi strinsi nel suo giubbotto, avvertendo subito la fragranza dolce che aveva addosso. Sarei davvero potuta diventarne dipendente. Perché quello strano ragazzo che indossava perennemente vestiti scuri, e che si era ricoperto il corpo di tatuaggi, faceva ben intendere che la sua anima non era scura come ciò che lo ricopriva.

Guardami (IN REVISIONE)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora