Capitolo 14.

225 35 6
                                    

Eravamo alla metà di ottobre. Mancava un mese al ritorno a casa della mia migliore amica, e un'ora alla partenza per San Francisco insieme a Samuel.

Lui e mio padre erano stati più che convincenti, e alla fine mi avevano letteralmente costretta a prendere una pausa da tutto e staccare un po'.

Ronda mi aveva promesso che avrebbe dato una mano a papà, e Troy si sarebbe occupato di scarrozzare le mie sorelle dovunque volessero, a patto che Samuel lo facesse alloggiare in casa sua nei giorni di assenza. Azura e Nora sarebbero passate a casa mia di sera, nei giorni in cui mio padre avrebbe dovuto trattenersi più del dovuto al lavoro.

Eravamo una grande famiglia, ed ero felice di poter contare su di loro. Su tutti loro.

Tranne che su Braiden.

Ogni tanto, di sera, Samuel lo portava nella palestra che aveva adibito in casa sua per farlo sfogare un po' con i sacchi da boxe, e quello sembrava aiutarlo, perché la mattina dopo sembrava sempre più sereno. Ma quella serenità era momentanea, durava troppo poco perché io potessi rivedere negli occhi di mio fratello il ragazzo d'oro che era.

Così papà lo aveva iscritto definitivamente a boxe, in modo che potesse avere una valvola di sfogo sicura per gli altri, e soprattutto, per sé stesso.

«Phoe-Phoe, ma porterai via anche Dayron?» sbuffò Alisha, strisciando con i piedi per terra, e venendo a mettersi in braccio a me.

«Sì, tesoro. Dayron verrà con me e Samuel, ma sarà solo per quattro giorni, poi torneremo.»

«Ma quattro giorni sono troppi!» esclamò teatralmente, tirando su le braccia al cielo. «Con chi giocherò, adesso? E a chi darò gli scarti della carne che non voglio mangiare? E cosa farò mentre Lola fa i compiti?»

Risi. «Puoi invitare qualche tua amichetta a casa, che ne dici? Potete giocare insieme, e puoi mostrarle gli alberi che abbiamo piantato in giardino, o giocare con i mille giochi che hai in camera tua.»

«E poi cosa facciamo?» incrociò le braccia, mettendo su il broncio. «Non possiamo mica giocare tutto il giorno!»

Samuel, davanti a noi, si nascondeva per non scoppiarle a ridere in faccia.

«Poi potete uscire con Ronda e farvi una passeggiata. Andare allo zoo, in giro per negozi, in spiaggia...»

«In spiaggia ad ottobre? Phoebe, ma sei pazza?!»

Samuel scoppiò a ridere.

«Alisha, il mare è bello in qualsiasi stagione.» rivolsi un'occhiataccia a Samuel. «Anzi, adesso è nel suo periodo più bello. Perché non la smetti di fare i capricci e inizi a farti venire delle idee in mente? Prima di avere Dayron cosa facevi?»

«Niente!» mi fece la linguaccia, e corse in cucina da mio padre.

Samuel si sedette sul divano di lato a me, con un sorrisetto furbo stampato sulle labbra. «Ha proprio il caratterino di sua sorella maggiore.»

Gli tirai uno schiaffetto sul braccio, e lui mi abbracciò. «Sono contento che ti sia decisa a partire insieme a me, Phoe-Phoe. Se non lo avessi fatto, probabilmente non ti avrei più rivolto parola per la delusione.»

Alzai gli occhi al cielo. «Alisha non è l'unica melodrammatica qui dentro.»

«Dovremo davvero ascoltare per cinque ore i tuoi bellissimi album?»

«Beh, non sarebbe una cattiva idea. Ti darei lezioni di buon gusto.»

«Ah sì, eh? Modestia a parte.»

«Ammettilo che non ti dispiacerebbe stare cinque ore con la mia voce che risuona nelle tue orecchie ininterrottamente.»

Forse un fondo di verità nelle sue parole c'era...forse...

Guardami (IN REVISIONE)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora