Fireworks, Katy Perry

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«Katsuki Bakugou» annunciò lei stessa, avvicinandosi al ragazzino che si era interrotto solo nell'istante in cui li aveva visti avvicinare, avvolti dalla polvere. Non rispose e ansante rimase in ascolto. «Primo della classe alle medie, terzo in questo primo anno di liceo. Quirk: esplosioni. Parlami del tuo potere, Kacchan».
Bakugou fece una smorfia nel sentirsi chiamare in quel modo, ma non protestò. «Faccio esplodere il mio sudore» spiegò brevemente
«Disgustoso» ridacchiò. «Che altro?»
«Si tratta di un composto simile alla nitroglicerina e io lo faccio esplodere, niente di più e niente di meno. Ho fatto realizzare questi bracciali in modo da poter raccogliere il sudore in eccesso e poterlo usare per i colpi a lunga gittata».
«Cosa che in genere non puoi fare, giusto?»
«No» confermò Bakugou.
«Adesso ne hai accumulato abbastanza? Puoi mostrarmi questa tua arma segreta?» chiese Nina, mostrando un certo interesse. La cosa parve compiacere Bakugou, che si lasciò andare a un sorriso soddisfatto. Finalmente qualcuno cominciava a capire chi fosse il migliore, lì dentro. Sentiva l'interesse della donna nei suoi confronti maggiore rispetto a quello rivolto agli altri e questo non faceva che gonfiare il suo ego e il suo bisogno di primeggiare.
«Ne ho usato tanto, non ne ho molto a dire il vero, ma posso comunque ricavarne qualcosa».
«Sorprendimi, allora» sorrise Nina, facendo un paio di passi indietro per dare spazio al ragazzino. Il sorriso in volto di Bakugu si allargò, colto da un'irrefrenabile eccitazione. Con un urlo rabbioso, atto a caricarsi di energia, alzò il braccio e infine tirò la leva del proprio bracciare.
Un'esplosione partì dal suo polso come un vero colpo di cannone, sovrastato dal «Muori!!!» ringhioso del ragazzo, e si fece strada nel cemento, aprendo un vero e proprio buco nel muro che dava sull'esterno. Nina osservò l'enorme foro, lasciando che il vento le smuovesse la punta dei capelli e si perse in un'emozionante riflessione. Quel ragazzino era eccezionale, davvero unico.
«Questo mi darà un bel po' daffare» lamentò Cementoss, raggiungendoli e mettendosi al lavoro per ricostruire parte dell'edificio distrutto e tutto il suo contenuto. Lanciò un'occhiataccia a Nina, dando indirettamente a lei la colpa di quel disastro, ma d'altro canto era proprio quello il suo obiettivo fin dall'inizio. Spremere quei ragazzi come limoni e ricavarne il succo.
Bakugou fissò Nina intensamente, aspettandosi con orgoglio una qualsiasi parola soddisfatta da parte sua. La donna riuscì a coglierlo, quel desiderio ardente, e quasi con sfida, come una bimba capricciosa che negava la soddisfazione di darla vinta agli altri, affermò: «Hai una mira un po' imprecisa».
Il sorriso di Bakugou si indurì e lui rispose con un verso gutturale, contrariato. «Stronzate» bofonchiò, non riuscendo a trattenersi.
«Modera il linguaggio, moccioso!» lo rimproverò Nina, prima di lanciare verso di lui i suoi fili e bloccargli i muscoli della bocca, in modo da impedirgli di proferire altro. Bakugou si afferrò il mento e cercò in tutti i modi di liberarsi, mentre la rabbia saliva sempre più dentro di lui. Odiava quella donna e quella sua fastidiosa capacità di impadronirsi del suo corpo. L'odiava con tutto se stesso. Cercò di gridare, forse qualcosa che poteva sembrare un "lasciami andare", ma dalle labbra serrata uscivano solo lamenti indistinti. Strinse i pugni furioso, prima di perdere il controllo e lanciarsi contro di lei, intenzionato a darle una lezione. Non doveva permettersi di usarlo in quel modo, era violazione di privacy e un attacco diretto al suo orgoglio. Ma, come c'era da aspettarsi, Nina non gli permise di avvicinarsi e gli bloccò anche la funzionalità delle gambe, facendo in modo che si piantasse lì dov'era. Bakugou si dimenò, urlò, esplose dei colpi anche contro se stesso nella speranza di spezzare quei maledetti fili così come aveva fatto quell'idiota di Deku, ma non c'era niente da fare. Lei l'aveva in pugno.
«Adesso che ti sei sfogato, ascoltami bene» disse Nina, avvicinandosi a lui senza timore. Aveva le mani libere, poteva attaccarla in qualsiasi momento, ma lei non aveva paura. Era una donna con le palle e Bakugou sotto quello strato di rabbia e orgoglio in fondo celava un inespresso sentimento di ammirazione.
«Katsuki Bakugou, io resterò qui con voi solo per un paio di settimane. Non ho molto tempo a disposizione, ma ti prometto solennemente una cosa» si avvicinò al volto del ragazzino e con uno sguardo che metteva i brividi gli sussurrò, in un'intima confessione che solo lui avrebbe potuto e dovuto sentire: «Farò tutto ciò che è in mio potere per renderti il numero uno».
Qualcosa esplose nel petto del ragazzo, qualcosa che non era il suo Quirk. Smise di dimenarsi, anche se il respiro restò pesante e lo sguardo duro. Poteva vederlo, Nina, in quegli occhi colmi di fuoco tutta l'eccitazione che quella promessa aveva fatto ardere in lui. Lo lasciò andare, lentamente, ma con fiducia e come si aspettava Bakugou non mosse un muscolo nonostante tutta la furia scatenata in lui fino a quel momento. Restò a fissarla a lungo, dritto nel suo orgoglio e nella sua forza. Quel ragazzino aveva tutte le carte in regola per diventare un perfetto villain e lei aveva promesso che non glielo avrebbe permesso. Si sarebbe impossessata del suo cuore e l'avrebbe fatto battere dei battiti giusti, proprio come aveva detto al preside Nezu in sala professori il giorno prima. L'ancoraggio del suo filo, anche se metaforico, era appena venuto. Ora doveva solo dosare le scariche correttamente. Avrebbe risolto quel ragazzo problematico che a quanto pareva era uno dei motivi per cui Nezu l'aveva convocata alla Yuuei.
«Dimmi, Kacchan... qual è il tuo limite?» chiese lei, tornando al suo lavoro.
Bakugou si prese il suo tempo, forse ancora non del tutto convinto, o forse perché desiderava far credere che non se l'era fatta passare così facilmente. Ma lentamente sollevò una mano, l'osservò e ammise: «C'è un numero limitato di esplosioni che posso generare. Dopo, il mio fisico comincia a cedere e non reggerle più».
«I contraccolpi sono troppo potenti. Li ho percepiti anche io, durante i miei ancoraggi» osservò Nina, un istante prima di chinarsi e afferrare la mano del ragazzino. Se la tirò contro e cominciò a studiare quell'immenso raccoglitore di sudore che si era fatto costruire da tenere ai polsi. Ne osservò accuratamente l'esterno, poi l'interno e ci infilò una mano, cercando di tastarne la parte interna e capire bene come fossero stati costruiti. Bakugou la lasciò fare per un po', poi per aiutarla nel suo studio se lo sfilò e glielo porse, sotto lo sguardo sbigottito dei compagni che per la prima lo vedevano calmo e collaborativo. Che Nina fosse davvero riuscita a fare breccia nel suo cuore avvampato?
«Sono buoni» osservò lei, rigirandosi l'arma tra le mani e studiandola da ogni angolazione. Cinghie, imbottitura, materiale di costruzione... tutto era stato preparato con cura.
«Possono però essere migliorati. Ho sentito che al dipartimento di supporto c'è una ragazza molto brava in queste cose, scommetto che può trovare il modo di dissipare meglio la forza di rinculo e proteggere maggiormente gli arti» glielo restituì e tornò ad alzarsi in piedi. «Ma continua anche ad allenarti, più sarai forte e più sarà facile per te gestire un potere di questo calibro» e Bakugou annuì.
«Adesso voglio fare con un ultimo giochetto, prima di lasciarti ai tuoi allenamenti» ammise lei e cominciò ad allontanarsi, avvicinandosi ad Ectoplasm «Ho bisogno che fai una cosa per me, professore».
"Che intenzioni ha?" si domandò Bakugou, guardandola parlare col professore sottovoce. Ectoplasm annuì e lei si allontanò ancora di qualche metro, piazzandosi nuovamente di fronte a Bakugou.
Gli puntò un dito contro e disse: «Sessanta secondi. Ci sono esattamente quindici metri tra noi due e tu hai sessanta secondi di tempo per superarli, arrivare a me e darmi una bella lezione. Prometto non ti bloccherò» sorrise con malizia, prima di mostrare le proprie mani che andavano a nascondersi dietro la schiena. «Niente Quirk. Vieni qui e fammi nera, mascalzone».
C'era sicuramente l'imbroglio, non gli avrebbe certamente permesso di colpirla, anche se aveva promesso non avrebbe utilizzato il proprio Quirk. E probabilmente la fregatura stava proprio in Ectoplasm, con cui aveva parlato poco prima. Poco importava... se lei non poteva bloccarlo, non sarebbero stati due cloni da strapazzo a impedirgli di raggiungere il suo obiettivo.
«Ce ne metterò dieci!» annunciò lui.
«Non fare lo sbruffone che poi mi cadi di stile. Accontentati dei tuoi sessanta e fatteli bastare. Avanti, quando sei pronto, io ti aspetto».
«Arrivo!» urlò lui un istante prima di portarsi le mani dietro la schiena e usare le sue esplosioni come turbo per prendere il volo verso la donna. Urlò, sentendo già la vittoria in pugno, ma come c'era da aspettarsi tre dei cloni di Ectoplasm gli si piazzarono davanti. Li abbattè rapidamente e tornò in posizione per riprendere il volo, ma altri due cloni gli si misero davanti.
«Stiamo scherzando?» lamentò lui, scocciato dell'intralcio. Li fece fuori rapidamente, ma altri arrivavano al loro posto, impedendogli ancora di camminare.
«Hai ancora quaranta secondi, Kacchan! Io non mi sono mossa» urlò Nina dall'altro lato.
«Toglietevi dai piedi!» urlò Bakugou furioso, facendo esplodere violentemente i dieci che aveva davanti. Fece un altro passo in avanti, ma ancora venne bloccato. E sparò e sparò e avanzò di soli altri dieci centimetri.
«Trenta secondi» annunciò Nina.
Bakugou digrignò i denti e continuò a sparare in faccia a tutti quei cloni, avanzando, passo dopo passo, ma ancora troppo lentamente. «Non combattono neanche, stanno qui in mezzo solo per impedirmi di camminare! Che razza di allenamento sarebbe?» gridò lui contrariato, continuando a sparare e avvicinarsi lentamente.
«Quindici» disse ancora Nina e si rifiutò di rispondere alla sua domanda.
«Morite!!!» urlò Bakugou e con un ultimo sparo più potente degli altri si liberò la strada. Finalmente riuscì a vedere Nina dall'altro lato. Mancavano solo pochi passi e cominciò a correre, urlando per caricarsi.
«Cinque».
Un clone gli si piazzò davanti e lui gli sparò addosso, senza pensarci oltre.
«Quattro».
Ancora uno, ancora una volta.
«Tre».
Solo un passo.
«Due».
Altri due: ma quanti diavolo ce n'erano? Li fece fuori e si lanciò in avanti, sentendo l'acqua alla gola.
«Uno».
Tirò indietro il pugno.
«Tempo scaduto» e fu afferrato dallo stesso Ectoplasm, che lo fermò per il gomito. Aveva perso, non era riuscito a raggiungerla, per quanto fosse sembrato una sciocchezza. Se i cloni fossero arrivati tutti insieme non ci avrebbe messo molto a distruggerli tutti in una volta sola, ma loro continuavano ad arrivare uno dopo l'altro, giusto in tempo per impedirgli di procedere. Era frustrante. Era odioso.
«Hai fallito» gli disse Nina e lui digrignò i denti, furioso. «Stima dei danni: quanti colpi hai usato?»
«Non lo so, non li ho contati» ammise lui, frustrato, ma non per questo deciso a mandarla a quel paese. Se aveva fallito era stata solo colpa sua, doveva rendersi più forte e lei aveva promesso che l'avrebbe fatto.
«Settantotto colpi, per una cinquantina di avversari, di cui almeno tre di potenza superiore alla norma. Più di uno al secondo. Quanti ne può sopportare il tuo corpo?»
Bakugou digrignò i denti ancora di più, cominciando a capire dove volesse arrivare. Era stremato, aveva il fiatone, le braccia gli facevano un male cane.
«Non molte di più... non a una frequenza come questa».
«Ho chiesto espressamente a Ectoplasm di impedire ai suoi cloni di attaccare, quindi tecnicamente erano solo ostacoli inermi che ti si piazzavano davanti. Sarebbero potute essere colonne, per esempio, niente di minaccioso, eppure tu hai dato sfogo a tutte le energie che avevi per qualcosa che potevi semplicemente raggirare. Sei arrivato al limite, non ti sei risparmiato per qualcosa che invece avresti potuto prendere con più calma. Se io fossi stata una donna sotto un palazzo che stava crollando, sarei morta perché tu ti saresti preso la briga di distruggere tutte le macerie che ti si piazzavano davanti invece che correre a salvarmi. Capisci dove voglio arrivare?»
Capiva eccome e la cosa lo faceva incazzare ancora di più. Lui aveva bisogno di sfogarsi, aveva bisogno di dare sempre il massimo, aveva bisogno di andare oltre ogni limite. Solo così sarebbe arrivato primo.
«Il numero uno è colui che arriva prima degli altri, non chi si stanca di più per fare il giro largo per un senso di appagamento personale. Solo per fare lo sbruffone».
«Non sono uno sbruffone!» ringhiò lui, stufo di sentirsi appellare in quel modo.
«Sì, invece, che lo sei, moccioso!» rispose a tono Nina. Bakugou la fulminò. La rabbia correva tanto nelle sue vene che delle scintille scaturirino dalla punta delle sue dita, ma lei sostenne lo sguardo, severa e altrettanto incazzata.
«Sei il numero uno?» gli chiese Nina, con sfida, quasi con denigrazione. Il suo sguardo avrebbe fatto venire i brividi a chiunque. Si poneva una spanna sopra gli altri... lei era il burattinaio, sovrastava il palcoscenico, governava i propri burattini, nessuno poteva superarla. Era quello lo sguardo della burattinaia. «Rispondi quando qualcuno ti fa una domanda, moccioso! Sei o no il numero uno, adesso?» alzò il tono di voce, come una madre che rimproverava il proprio figlio.
«No, merda, adesso non lo sono! Sei contenta ora?» urlò anche Bakugou, piantando gli occhi colmi d'ira in quello della donna.
«E vuoi diventarlo, sì o no, moccioso del cazzo?»
«Sì!!!» urlò Bakugou con tutto il fiato che aveva. «Sì, sì, voglio essere il migliore!»
«E allora fallo! Che diavolo stai aspettando?»
«Devo diventare più forte, cazzo!» e urlò talmente forte che le vene sul collo si gonfiarono e parve quasi un ruggito, verso la donna che continuava a guardarlo con superiorità. Lo lasciò sfogare, lo lasciò urlare con tutto il fiato che aveva e quando lui non ce la fece più, ormai senza fiato, lei sorrise eccitata.
«Ben detto» sussurrò orgogliosa.
Sotto lo sguardo stupito di Bakugou, allungò una mano verso la sua testa e gli scompigliò affettuosamente quei suoi capelli pazzi. Avrebbe fatto di tutto per renderlo il numero uno, l'aveva promesso e sentiva di volerlo fare sempre di più. Gli voltò le spalle e si allontanò, affiancata da Ectoplasm, lasciandolo solo con la sua confusione ma quel rilassante senso di liberazione e soddisfazione. Urlare in quel modo, sfogarsi a tal punto, gli aveva fatto bene.
«Andrebbe punito per un simile linguaggio, se non fosse che hai cominciato tu a insultarlo» disse Ectoplasm. «Tappati le orecchie la prossima volta» gli rispose Nina, per niente pentita di quanto appena accaduto.
«Ci sei riuscita, non è così?» chiese ancora il professore, attirando così l'interesse di Nina. «Lo hai appena portato oltre il suo limite».
La donna sorrise divertita del fatto che fosse stata smascherata. «Il suo limite era il non riuscire ad ammettere a gran voce di avere limiti. Quando gli ho chiesto la prima volta quale fosse il suo limite mi ha raccontato del rinculo dei suoi colpi con un filo di voce, come se non volesse essere sentito. Dovevo farglielo urlare, che lui non era perfetto e che non poteva far altro che andare avanti. Se si fosse convinto di essere già il migliore non sarebbe avanzato di un solo passo. È brillante e incredibilmente forte, ma il suo carattere può diventare la sua rovina. Devo farglielo battere decentemente, quel cuore che si tiene segregato nel petto».
«Il preside Nezu ha fatto bene a chiederti di aiutarli, sei in gamba».
«Non è stato Nezu a scrivermi» confessò lei. «Anche se si nasconde dietro al suo nome, non è lui che ha avuto l'idea di chiamarmi».
«No? E chi allora?» chiese curioso Ectoplasm. Nina svoltò dietro a un immenso pilastro di cemento e si trovò di fronte al suo secondo caso interessante: Izuku Midoriya stava tirando pugni al vuoto, urlando ogni tanto uno «Smash» per darsi la carica necessaria. L'osservò a lungo, sempre più pensierosa, sempre più dubbiosa e forse sempre più convinta. Conosceva quel potere, non poteva essere un caso.
Tornò a guardare Ectoplasm e alzò le spalle, assumendo un'espressione innocente: «Chissà» sorrise, cercando di far cadere lì il discorso. Non si sarebbe messa a parlare con lui di certe faccende, non in quel momento per lo meno.
«Smash!» urlò nuovamente Midoriya, tirando un altro pugno al vuoto.
"Smash" pensò Nina, lasciando che i ricordi prendessero possesso di lei.
Lo ricordava, lo ricordava eccome tutte le volte che Toshinori si rifaceva vivo dopo gli allenamenti di Nana, la donna che l'aveva preso sotto la propria ala per far di lui l'eroe numero uno, il simbolo della pace. Ricordava come puntualmente avesse qualche parte del corpo che gli faceva un gran male, indolenzita o fratturata. Spesso non era possibile neanche toccarlo, che saltava sulla sedia urlando dal dolore. Ce n'era stato di lavoro da fare per Recovery Girl, al tempo.
«Midoriya» si avvicinò, lasciandosi alle spalle Ectoplasm. Il ragazzino si fermò nel suo allenamento e attese che la donna si fosse avvicinata. Un gesto impercettibile del dito e Midoriya si ritrovò con un braccio fuori uso. Saltò sul posto, osservandosi il braccio bloccato con sorpresa e panico.
«Liberati» ordinò Nina.
«Eh?» balbettò lui, confuso.
«È un ordine» insistè Nina, dura nella voce tanto quanto nel viso. Faceva davvero venire i brividi quel suo modo di guardare le persone dall'alto. Midoriya deglutì, dopodichè decise di obbedire e cominciò a usare la forza che aveva nel braccio destro per liberarsi dei fili che continuavano a mandare scariche al suo braccio, bloccandolo. Strinse i denti, ma niente si mosse.
«Mi prendi in giro?» lo fulminò Nina. «Non ti starai mica prendendoti gioco di me, vero?»
«Non mi permetterei m...» ma venne interrotto dal suo stesso braccio, che scattò contro la sua volontà verso il suo viso e gli piazzò uno schiaffo su una guancia. Neanche il tempo di realizzare cosa stesse accadendo, che Nina aveva preso il controllo anche del secondo braccio e ora lo tempestava di pugni con le sue stesse mani, colpendosi ora la guancia destra e ora la sinistra, senza risparmiarsi nella potenza.
«Che stai aspettando? Liberati!» ordinò con un tono di voce imperativo e aumentò la potenza dei colpi. «Liberati! Ora! Fallo! Usalo quel dannato potere! Liberati!»
E all'ennesimo urlo Midoriya rispose accontentandola. Usò parte del potere che All Might gli aveva trasmesso, quel poco che riusciva a gestire, e con un urlo caricatore riuscì a strattonare i fili che lo imprigionavano liberandosi. Nina l'osservò ancora più sconvolta. Non poteva sbagliarsi, non poteva essere che altrimenti. Quel ragazzino aveva dentro di sé il potere di All Might e quello di Nana, prima di lui. Lo One For All era stato passato a un nuovo successore.
"Allora... è questo il motivo per il quale mi hai fatto chiamare, Toshinori?" pensò, guardando Midoriya che si riprendeva dalla fatica. Il testimone era stato passato, presto ci sarebbe stato un altro simbolo della pace. Per All Might era davvero giunto il momento della fine. Qualcosa le si chiuse nel petto e per la prima volta da quando era arrivata sentì il desiderio di correre fuori, andare a cercarlo, parlargli... dopo vent'anni, parlargli ancora. Parlargli di nuovo.
«Il mondo ha bisogno di un grande Eroe. Un simbolo che racchiuda in sè tutto il bene di questo mondo e lo conceda a chi ne invocherà l'aiuto. Un simbolo di pace a cui fare appello. E io sarò quel simbolo, Machiko! Io sarò l'eroe portatore di pace, facendo sorridere chiunque incontri. Nessuno smetterà più di sorridere. Io sarò quell'eroe!» quell'eco nella sua testa portava sempre con sè il ricordo dello scintillio negli occhi di Toshinori. Un fuoco che sembrava avrebbe potuto riscaldare chiunque avesse avuto attorno per il resto della propria vita. Un fuoco inestinguibile... che invece adesso si stava spegnendo. Il passaggio del testimone, il mondo avrebbe per sempre avuto il suo All Might, ma per Toshinori sarebbe stato il capolinea. La fine di un sogno alimentato per trent'anni. E lei, che l'aveva visto nascere, che ne aveva alimentato la fiamma, avrebbe ora assistito alla sua cessazione. Quel sogno, quella ragione di vita, ora non gli apparteneva più. Quanto coraggio stava mostrando in quel momento, il ragazzino che si portava con affetto nei ricordi, con i suoi sorrisi e le sue promesse. Faceva così male al petto.
«N-Nina?» la richiamò Midoriya preoccupato del fatto che ancora non avesse proferito parola e che avesse assunto quell'espressione così sconvolta, così addolorata. Senza riuscire a liberarsi dai sentimenti che la stavano attanagliando, riuscì a balbettare: «Quanto riesci a usarne?»
«Come?» chiese Midoriya, non capendo bene cosa stesse cercando di domandargli.
«Quanto di quel potere riesci a domare senza andare in pezzi?»
Nina sapeva. Midoriya ne era convinto al settanta per cento: lei sapeva, aveva capito, non c'era altra spiegazione.
«Cinque» mormorò, affranto. «Cinque per cento».
«Così poco» sussurrò lei, forse rassicurata che ci fosse ancora tempo, che non fosse proprio la fine, o forse addolorata che il successore prescelto fosse tanto debole.
«Vieni con me» ordinò e insieme al ragazzo uscì dall'edificio dove il resto della classe si stava allenando. Indicò un albero, non molto lontano, prima di ordinare al ragazzino: «Corri fino a laggiù, più veloce che puoi».
Midoriya non capì il senso di quell'esercizio, ma ormai aveva rinunciato a capirla. Si mise in posizione e partì, imprimendo alle gambe la massima energia. Arrivò all'albero e tornò indietro, ansante.
«Più veloce» disse Nina.
Midoriya fece un grosso sospiro, recuperando fiato, e infine partì nuovamente. Più veloce, più energia. Corse a perdifiato e tornò indietro, più stanco che mai.
«Ancora più veloce» disse Nina.
«Eh?» chiese lui, sconvolto, ma in tutta risposta Nina lo fulmino e Midoriya ebbe i brividi lungo la schiena. Perciò decise di stare zitto e correre ancora. E ancora. E ancora. Sempre più veloce. Fino a quando: «Se vado più veloce di così mi andranno in pezzi le gambe».
«Allora è questo il tuo limite» disse lei. «Nel tuo caso non si può superare, se non con l'esercizio fisico. Allenati sempre, ogni giorno, diventa ogni giorno più forte e più grosso e riuscirai a superare la tua velocità da gambe a pezzi. Per il momento, però, superarlo non farà che peggiorare la situazione. Ma tieni a mente una cosa... è la tua energia che non può essere superata. La forza che imprimi nelle gambe. Prova a ragionare da solo, quale sarebbe un modo per aumentare la rapidità senza incidere ulteriormente sull'energia consumata?»
E Midoriya ci pensò qualche secondo prima di rispondere: «Fare passi più lunghi?»
«Passi più lunghi, stessa forza, lunghezza decimata, velocità aumentata. Se tu usassi il massimo della tua energia in passetti brevi ci metteresti una vita ad arrivare in fondo, al contrario se tu la usassi per ampliare la distanza percorsa, non andresti in pezzi ma saresti ancora più veloce. È questa l'immagine mentale su cui devi focalizzarti. Minimo sforzo, massimo rendimento. Amplia il tuo raggio d'azione e la tua forza non ti distruggerà».
«Ho capito!» annuì Midoriya, convinto e deciso a seguire il suo consiglio. Non desiderava altro che migliorare fino ad essere degno di quell'enorme responsabilità che gli era stata affidata.
«Vieni dentro, adesso, per favore. Tra poco sarete liberi di andare, ma prima voglio dirvi una cosa» disse lei, e rientrò nell'edificio, seguita dal ragazzino. Prese fiato, prima di gridare a gran voce: «STOP!»
Pian piano i rumori e le urla cessarono, lasciando spazio al silenzio.
«Ragazzi per favore, raggiungetemi solo un istante!» continuò Nina, prima di lasciar andare un sospiro silenzioso. E il viso si tirò improvvisamente in un sorriso che aveva tutta l'aria di essere davvero felice. Davvero un'ottima attrice.
"Basta affrontare tutto col sorriso" si ripeté, mentre attendeva di essere raggiunta dai membri della classe.
«Il nostro tempo scadrà tra pochi minuti e voi potrete tornare a casa. Mi dispiace tanto oggi non essere riuscita a seguire tutti quanti, per questo vi dico che se avete delle domande o dubbi impellenti ne possiamo tranquillamente parlare anche alla fine di questa lezione. Per tutti gli altri, non preoccupatevi perché questo sarà materia delle prossime lezioni e io terminerò il giro di ciascuno di voi. Prometto che farò del mio meglio per rendervi dei supereroi coi fiocchi, per quel poco che mi è concesso fare» e sorrise ancora, illuminandosi. «Se volete fermarvi qui un altro po' per allenarvi Cementoss e Ectoplasm saranno felici di concedervi un'altra mezz'ora qui dentro. Ma se vi sentite stanchi o avete impegni per il resto della giornata potete pure andare, per quanto mi riguarda la nostra lezione finisce qui. Detto questo, aggiungo solo una cosa: domani pomeriggio, dopo la nostra lezione, andrò al museo per una mostra di storia naturale. È qualcosa che esula completamente dagli obblighi della scuola, andrò solo per puro piacere personale, ma ci tengo a dirvi che se voleste unirvi a me ne sarei felicissima e ne potrei approfittare per darvi qualche nozione e stimolo in più, in merito a quanto stiamo facendo finora, collegandomi a ciò che vedremo durante la mostra. Non ci crederete ma il mondo animale ha davvero tanto da insegnare, quando si tratta di sopravvivenza e superamento dei limiti».
Un rumorio di sottofondo, mentre i ragazzi cominciavano a parlottare tra loro della mostra e della loro intenzione ad andare o meno.
«Un appuntamento fuori dalla scuola!» si lasciò andare Mineta. «Non me lo perderei per niente al mondo, bellissima Signorina Nina».
«Non avevo dubbi, Mineta» lo schernì Nina, smuovendo l'ilarità del resto della classe. «Non è importante che mi diciate ora se ci sarete o meno, se volete unirvi semplicemente mi troverete lì fuori. Ora potete anche andare» e con quelle ultime parole, finalmente la riunione improvvisata si sciolse. In molti decisero di andarsi a cambiare e tornare a casa, ma altrettanti restarono per quella mezz'ora che Cementoss e Ectoplasm avevano loro concesso. Dei veri e propri stakanovisti, proprio come lo era stato Toshinori.
Già... erano proprio come lui.


Do you know that there's still a chance for you
'Cause there's a spark in you
You just gotta ignite the light
And let it shine
Just own the night
Like the Fourth of July
'Cause baby you're a firework
Come on show 'em what your worth
Make 'em go "Oh, oh, oh!"
As you shoot across the sky

Puppeteer || All Might X OC || Toshinori YagiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora