Lullaby, Nickelback

165 12 0
                                    

Nina si stiracchiò, allungando le braccia verso l'alto. I corridoi della scuola erano già deserti quando arrivò, tutti gli studenti erano nelle proprie aule da un pezzo ormai, intenti a seguire le lezioni. Nessuno le chiedeva di andare così presto la mattina, in fondo le sue lezioni si tenevano nel pomeriggio, ma le piaceva comunque essere presente fin dalle prime ore per poter vivere l'ambiente scolastico fino in fondo. Voleva alimentare quella pressante malinconia e girare per i corridoi, andare in palestra, o semplicemente starsene in sala professori e mangiare dolcetti guardando gli altri lavorare ai propri computer, sentirli parlare e commentare gli studenti, era tutto così piacevole. Quella mattina sapeva già che l'avrebbe passata seduta sul divano, divorando la busta di Taiyaki che aveva comprato andando lì, e leggendo tutte le informazioni che poteva avere sulla classe prima A. Nei giorni precedenti si era concentrata esclusivamente sui suoi "casi problematici", su Midoriya e su Bakugou, ma cominciava a rendersi conto che avrebbe dovuto ampliare lo sguardo all'intera sezione. Nascosti nel loro anonimo silenzio c'erano alcune perle interessanti che non sarebbe stato male conoscere più a fondo. Aprì la porta della sala insegnanti, esclamando un allegro: «Buongiorno a tutti!» ma si bloccò, per un attimo confusa e stupita. Seduto sul divano, chino, con le dita intrecciate tra loro, c'era Bakugou. Alle sue spalle tre degli insegnanti stavano lavorando ai propri computer, tra questi c'era anche Midnight che non faceva che lanciare al ragazzino occhiate emozionate, probabilmente ancora su di giri per la promessa che lui le aveva urlato in corridoio.
Era una donna impicciona, ma quella sua passione non dispiaceva a Nina: almeno non era una di quelle che le remavano contro, ma finché avesse spronato i ragazzi a far uscire il fuoco dentro di loro avrebbe continuato a sostenere le sue scelte.
«Kacchan» lo chiamò. «Che fai qui? Non dovresti essere in classe?»
«Ho chiesto un permesso. Devo parlare con te» il viso corrucciato ostentava serietà e una certa maturità, ma era facile scorgerne sotto l'imbarazzo che anticipava la debolezza di una richiesta. Nina si voltò a guardare i professori, scoprendoli tutti distratti dal loro lavoro per quella conversazione: erano tutti dei gran ficcanaso, non solo Midnight, allora!
«Vieni con me» disse a Bakugou, sapendo che lì non avrebbero potuto parlare in pace.
Uno dei professori cominciò a balbettare, alzando un dito, riuscendo solo dopo alcuni lamenti a dire: «Il professor Aizawa sta sostenendo la lezione!»
Nina era sotto sorveglianza, lo sapevano tutti lì dentro. Non costantemente, ma almeno quando avrebbe passato del tempo con gli studenti, per impedirle di agire in maniera aggressiva nei loro confronti. In quel momento Aizawa non poteva adempiere a quel dovere, era quello che il professore stava cercando di dirgli: sarebbe stato meglio se fossero rimasti lì dentro, così potevano controllare loro la situazione.
«Salutalo quando lo vedi» disse Nina scocciata, rispondendo a una frase indiretta in maniera altrettanto indiretta. Non gliene importava niente di quelle stupide restrizioni, se voleva parlare sola con Bakugou avrebbe parlato sola con Bakugou.
«Ma...» balbettò ancora il professore, non sapendo come sarebbe stato corretto reagire. Nessuno aveva chiesto a lui personalmente di occuparsi della faccenda, una parte di sé gli diceva di farsi gli affari suoi, e probabilmente fu quello il motivo che lo spinse a lasciarli andare. Pieno di dubbi, chiedendosi se non avesse fatto meglio a seguirli, ma li lasciò andare. Anche perché sicuramente aveva ben altro da fare che star dietro a una folle che si divertiva a malmenare i ragazzini.
Si voltò verso Midnight, provando a chiederle con lo sguardo se avessero fatto bene, e lei rispose con un'alzata di spalle prima di tornare al suo lavoro. Se perfino lei dimostrava di non importarsene, perché avrebbe dovuto farlo lui?
Nina aprì la porta che conduceva al tetto e, seguita dal ragazzino, uscì all'esterno, tornando ad avvicinarsi alla ringhiera per guardare l'enorme mondo che aveva sotto di sé. Bakugou le si mise a fianco e fece altrettanto, assumendo una posa decisamente più scomposta e appoggiò la testa tra le braccia, posate su quella ringhiera.
«Allora» cominciò Nina dopo qualche secondo di silenzio. «Non sei un ragazzo che gira troppo attorno alle cose, perciò direi di andare subito al nocciolo della questione. Cosa ti turba?»
«Pensi che io sia uno che si lascia turbare tanto dalle cose?» ringhiò lui, lievemente rosso in volto. Bastava così poco per ferire il suo orgoglio, era teso come una corda di violino e al primo pizzicotto scattava. Ma era semplice capirlo, almeno lo era per lei, e lesse dietro quell'urlo furibondo solo tanto disagio. Gli fece una gran tenerezza.
«La lezione era pallosa, volevo solo una scusa per uscire dalla classe» disse lui, provando a giustificarsi.
«Oh» disse Nina, non riuscendo a trattenere un sorriso intenerito. «Che ragazzino indisciplinato che sei» ridacchiò, fissandolo mentre lui tornava nella sua posa chiusa e corrucciata. «E va bene, se startene qui in silenzio a guardare il panorama è quello che vuoi fare, starò volentieri qui a farti compagnia».
Si voltò a fissare l'orizzonte, oltre i tetti dei palazzi di quell'enorme città. Sotto di loro, tra le vie, regnava il caos, tra il traffico ruggente, le sirene della polizia che correvano ad ogni segnalazione, il vociare delle persone. Era come un enorme formicaio e loro da lì sopra lo potevano supervisionare interamente, una spanna sopra gli altri, superiori a qualsiasi cosa. Il vento che li accarezzava portava ancora con sé l'odore salmastro del mare. Era il posto ideale per loro due, che amavano guardare il mondo intero da quella posizione, superiori, irraggiungibili. Era un luogo di conforto.
E loro si lasciarono confortare, a lungo, immersi in quel piacevole silenzio.
«"Un giorno non potrai più guardare nessuno dall'alto"» mormorò Nina. «"Un giorno sarai costretta ad alzare gli occhi dal fango anche tu": c'è stato un tempo in cui me lo ripetevano spesso». Nessuno le aveva chiesto niente, perché avesse cominciato a parlare di quelle cose Bakugou non ne aveva idea, ma restò comunque in religioso silenzio, lasciandola fare.
«Magari è un modo sbagliato di vivere, ma a me piace così. Poter abbassare gli occhi, osservarli e magari ogni tanto divertirmi con quei burattini» continuò e allungò le mani nel vuoto, cominciando a muovere le dita come se stesse realmente muovendo delle marionette.
«Fai venire i brividi» mormorò disgustato Bakugou, fermo nella sua posizione.
«Me lo dicono in tanti, ormai è diventato un complimento» ridacchiò Nina, per niente offesa da quella frase. «Comunque quel giorno non è ancora arrivato, chissà che ne penserebbero i ragazzi che al tempo me lo dicevano».
«Non hai mai perso neanche una sola volta?» chiese Bakugou e la domanda colpì Nina più del dovuto: forse perché finalmente si era deciso a dire qualcosa per comunicare con lei o forse perché non sembrava una domanda posta a caso. Gli rivolse lo sguardo, osservando i suoi occhi corrucciati che puntavano all'orizzonte, talmente infuocati che avrebbero potuto incendiarlo. Quel ragazzo era dinamite pura.
«A dire il vero» cominciò lei, abbassandosi per poggiare i gomiti alla ringhiera e tornare a guardare il mondo di fronte a sé. «Una volta sono caduta. Ed è stato talmente doloroso che ne sono scappata. Non ne vado fiera, lo devo ammettere. Ma quando per tutta la vita ti aggrappi a una certezza, tanto ovvia da diventare scontata, il giorno che questa verrà a mancare il dolore sarà tale da risultare insopportabile».
«Sei scappata, come una codarda» commentò Bakugou, che sorprendentemente pareva ascoltarla più di quanto avesse immaginato.
«Sì, sono stata codarda».
«Come puoi credere di riuscire a rendermi il numero uno, allora, se neanche tu lo sei?»
«Tesoro, in sole due settimane non posso fare proprio un bel niente!» disse Nina, scocciata che stesse ancora ritirando fuori gli stessi discorsi.
«E allora che razza di promesse mi fai?» ringhiò Bakugou, tirando finalmente fuori la testa alle proprie braccia.
«Ma perché ci tieni tanto?» chiese Nina, guardandolo con un leggero sorriso sulle labbra. Qualcosa dentro di lei le suggeriva la risposta, era sicura di sapere il motivo di quell'accanimento: Nina era stata la prima persona, dopo una serie di frustranti sconfitte e muri non riusciti a sfondare, che aveva creduto nella sua superiorità. Da quando era arrivato in quel liceo tutto ciò in cui aveva creduto, l'impero che si era costruito di cui era re e padrone, era crollato miseramente nell'istante in cui si era trovato a fianco persone altrettanto forti e valorose. Nessuno l'aveva più guardato con timore, nessuno l'aveva preso sul serio, tutti credevano di poterlo superare e c'era chi addirittura ci era riuscito... si era sentito improvvisamente solo in una battaglia che lo colpiva da tutti i fronti. La affrontava a testa alta, non era il tipo di persona che si arrendeva di fronte a certe difficoltà, ma la sorpresa nel trovare una mano al suo fianco pronta a tirar pugni per lui, dopo che molte altre non aveva fatto altro che cercare di ferirlo, era stata tale che si era sentito come se non avesse avuto bisogno di altro d'ora in avanti. Un lieve rossore nacque sulle guance del ragazzino, a segnalare che, sì, lo sapeva anche lui qual era il motivo, e distogliendo lo sguardo sputò un infastidito: «Io non ci tengo affatto! Sei tu che ti sei accanita su questa storia!»
«Mi prendi in giro?» scoppiò a ridere Nina, prima di stringere i pugni e piegarsi in avanti. Infine urlò, imitando la sua voce: «Nina! Diventerò il migliore, te lo prometto!»
«Ho solo promesso di batterti! Non c'entra niente con questa storia!» rispose lui a tono, cominciando a irritarsi tanto che la faccia gli prese una piega quasi innaturale, sotto lo sforzo della rabbia.
«Beh, allora vedi di sbrigarti perché ti resta poco tempo prima che io me ne ritorni in America» gli disse tornando a sollevarsi e guardandolo in quel suo solito modo, come fissava ogni marionetta del suo palcoscenico.
«Combatti contro di me, allora! Adesso!» ringhiò Bakugou, mettendosi in posizione. «Forza! Che aspetti?!»
Nina lo squadrò qualche istante, studiando l'espressione del suo volto.
«Allora è questo il motivo per cui volevi vedermi» mormorò, cominciando a capire. Dopo la lezione che gli aveva dato in palestra, quando l'aveva fatto prendere a pugni da Todoroki, non l'aveva più combattuto direttamente. La faccenda della sorveglianza e della sospensione della licenza l'avevano segnata a tal punto che aveva allentato la presa sul ragazzo, costretta in un certo senso, e questo l'aveva frustrato, soprattutto dopo ciò che le aveva promesso. Si sarebbero entrambi messi nei guai, le esplosioni di Bakugou le avrebbero sentite tutti nella scuola e il preside non avrebbe potuto impedire un'altra punizione ad entrambi. Si sarebbero entrambi cacciati nei guai, ma loro due erano in realtà così simili. Dal loro piedistallo, studiavano il mondo sotto, osservandolo quasi con riluttanza, sapendo benissimo che se avrebbero voluto avrebbero potuto schiacciarli tutti. Entrambi accecati da un fuoco, intolleranti verso chi cercava di mettere loro le catene, non si sarebbero fermati di fronte all'ennesima sfida.
Sciolse le braccia, tenute incrociate al petto fino a quel momento, e fissò Bakugou con più decisione. Sarebbe stato più alto il palcoscenico della burattinaia o il piedistallo da cui il ragazzo desiderava sovraneggiare?
Se Nina non avesse avuto la certezza che quel piedistallo su cui si arrampicava con tanta fatica fosse davvero potuto esserle superiore, non si sarebbe messa in gioco a tal punto. Un semplice burattino non meritava tutta quell'attenzione e tutto quel rischio e lei ci aveva scommesso ormai sopra, come aveva scommesso sulla riuscita di un mito per la pace di nome All Might, molti anni prima. Era un suo difetto, quello di accanirsi su chi dimostrava che poteva uscire dal suo palcoscenico, su chi dimostrava di non essere un inetto alla sua mercè, e finiva sempre con l'aiutarlo con tutte le sue possibilità, anche a costo di se stessa, pur di incoraggiarlo a salire al suo stesso livello, addirittura a superarla.
Bakugou aveva tutte le carte in regola per essere il nuovo sogno per cui sacrificarsi, il nuovo desiderio da scrivere su un cartiglio e appendere a una canna durante la notte di Tanabata. Lui poteva batterla, rompere i suoi fili... doveva solo riuscire a capirlo.
«Avanti, ti aspetto» gli disse e ciò bastò a convincere il ragazzino a scattare in avanti, esplodendo due colpi alle sue spalle per darsi lo slancio.
«Un attacco frontale, non hai proprio imparato niente» lo rimproverò Nina, lanciando i propri fili nella sua direzione. Un'esplosione improvvisa alla sua destra e Bakugou riuscì a schivarli, deviando direzione all'improvviso. Approfittò della sorpresa negli occhi di Nina per lanciarsi su di lei, percorrendo quei pochi metri che li distanziavano. Nina si voltò di scattò e tentò nuovamente di arpionarlo, ma lui deviò ancora e riprese a correre verso di lei.
"Schiva gli ostacoli, passando oltre. Non perde tempo a combatterli come ha fatto con Ectoplasm la prima volta" pensò Nina, continuando a lanciare fili su fili, che lui, notando la posizione delle mani di Nina, riusciva a prevedere e schivare, avvicinandosi sempre più.
La donna sorrise, sentendo una pizzicante eccitazione all'altezza del petto.
«Fantastico» sussurrò, osservando l'espressione concentrata sul volto di Bakugou. Faceva sul serio, non era mosso dal solo istinto di distruggere ogni cosa. Avrebbe usato la testa e la forza, arrivando così a quella prima posizione che tanto ambiva. Aveva imparato così in fretta che Nina si ritrovò a confermare le sue prime impressioni: era un ragazzo brillante, decisamente superiore agli altri.
Saltò indietro, schivando un pugno del ragazzo e lanciò ancora la mano in avanti, puntandolo con i suoi fili. Un'altra esplosione e Bakugou le fu alle spalle, pronto a porre fine a quell'incontro. Ma Nina giocò d'anticipo, dimostrando di essere riuscita a prevedere anche quella mossa e trovandola già tesa con la mano sinistra, dietro la sua schiena per non mostrarla al ragazzo distratto dalla destra. I fili erano già stati lanciati prima che lui avesse potuto saltarla, Nina aveva intuito o forse costretto il ragazzo a portarsi nella posizione desiderata per colpirlo di sorpresa, e ora quei fili l'avrebbero preso da un momento a un altro, non c'era tempo di schivarli di nuovo. Doveva giocarsi il tutto per tutto. Esplose con l'unica mano che era già rivolta nella sua direzione, senza neanche prendere troppo la mira. A quella distanza ravvicinata, se fosse riuscito a colpirla anche dopo essere stato catturato, avrebbe comunque vinto.
La fretta, la poca precisione e l'urgenza lo portarono a esplodere un colpo più potente di quanto avesse inizialmente programmato, facendo tremare il tetto sul quale si stava svolgendo quell'incontro. Il polverone che ne scaturì fu visibile anche dal cortile, attirando l'attenzione di chi si trovava all'esterno.
Qualche colpo di tosse, accecato da tutto quel fumo, e cercò la donna con lo sguardo.
«Merda» la sentì mormorare, poco più avanti. La voce rotta dal dolore, gracchiante per il fumo, e finalmente riuscì a vederne la sagoma.
«Cazzo, Kacchan. Questa volta me l'hai proprio fatta» ridacchiò, sollevandosi in ginocchio. L'aveva colpita, era riuscito a prenderla, era messa davvero male, il piano aveva funzionato... ma allora perché lui era paralizzato?
Strinse i denti, furioso. Li sentiva, quei maledetti fili. Li sentiva sulla pelle, gli mettevano i brividi e gli impediva di muoversi.
«Ci eri quasi riuscito» aggiunse lei, sorridendo soddisfatta.
Aveva vinto lei. La mano sinistra allungata in avanti, i fili tesi, e il corpo di Bakugou nuovamente sotto il suo comando. Il colpo del ragazzo era stato potente, ma lei era stata più veloce ed era riuscita in qualche modo a proteggersi, spostando appena in tempo la sua traiettoria, facendo in modo che potesse prenderla solo di striscio. E infine l'aveva intrappolato.
«Non» ringhiò Bakugou, scuotendo la testa, l'unica parte del corpo che gli fosse rimasta sotto il suo controllo. Gli occhi talmente furiosi, iniettati di sangue e la follia che pian piano si impossessava di lui. «Non è ancora finita!» gridò con tutta la rabbia che aveva, prima di cominciare a esplodere colpi su colpi in nessuna direzione precisa, con il solo scopo di dar sfogo a tutta la sua potenza nell'unico modo che gli era permesso. Una furia tale che pareva quasi omicida, nel disperato tentativo di liberarsi dal suo controllo, e di nuovo il fumo si mise tra loro. Il rumore assordante delle esplosioni, le sue urla incazzate, sempre più forti, sempre più potenti e Nina percepì tutto quel dolore lungo i fili, fino alla sua mano. Faceva un male cane, quei contraccolpi che lui subiva arrivavano fino a lei, gli faceva davvero un male maledetto. Si corrucciò, ma restò concentrata e determinata. Non l'avrebbe lasciato andare, non glielo avrebbe permesso di vincere così facilmente. Doveva lottare di più, poteva farcela, ma doveva fare ancora di più o non sarebbe mai stato il numero uno.
Infine lui si arrese.
«Perché?» lo sentì ringhiare con la voce di chi sta piangendo, anche se il fumo le impediva di vedere. «Perché? Perché? Perché?» gridò sempre più forte, sempre più disperato. «Perché quell'idiota di Deku ci è riuscito e io no, merda!»
Quella frase, con tutta la rabbia che portava con sè, la colpì tanto che sentì il proprio cuore battere di un paio di pulsazioni più forti del solito. Deku, Midoriya si era liberato dei suoi fili proprio come riusciva a farlo All Might, e la cosa lo mandava fuori di testa perché non c'era niente che potesse frustrarlo più che vedere qualcuno, quel qualcuno in particolare, superarlo in qualcosa. Ma Midoriya aveva dentro di sé One for All, il potere ereditato da All Might in persona e da Nana prima di lui. Un potere tale non era paragonabile ad altri, era il potere del migliore al mondo, che maturava da centinaia di anni, artificiale, surreale, inumano. Non era una persona con il quale confrontarsi, giocava sporco, ma lei non poteva rivelarglielo e la cosa la rattristò profondamente.
Decise di liberarlo, sapendo che ormai dentro sè aveva decretato la sua sconfitta. Bakugou cadde in ginocchio a terra e cominciò a prendere a pugni il suolo, sempre più rancoroso, sempre più furioso.
«Quell'idiota di Deku» mormorò lei, pensierosa, sedendosi a terra al suo fianco. «Non ti sta molto simpatico, vero?»
«È un nerd di merda! Di merda!» ribadì, continuando a tirar pugni per terra, ormai in preda alle lacrime. No, decisamente non gli stava simpatico. Nina si tolse la giacca di dosso e la lasciò cadere sopra la testa di Bakugou, nascondendogli il volto rigato di lacrime, proteggendolo da quella umiliazione.
E infine confesso: «Nemmeno a me».
Loro due erano così inquietantemente simili.

Please let me take you
Out of the darkness and into the light
'Cause I have faith in you
That you're gonna make it through another night
Stop thinkin' about the easy way out
There's no need to go and blow the candle out
Because you're not done, you're far too young
And the best is yet to come

Puppeteer || All Might X OC || Toshinori YagiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora