Try not to love you, Nickelback

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Il vento sul tetto della scuola spirava più forte che altrove, forse complice la sua altezza o forse la vicinanza del mare. In effetti lassù riusciva a percepire in maniera molto flebile anche il suo odore salmastro: dopo le lezioni di quel pomeriggio avrebbe dovuto farci un salto. Ricordava che c'era una spiaggia bellissima, dove passeggiava spesso insieme a Toshinori e dove si fermavano per guardare le stelle la sera. Era molto romantico e anche se lui non lo ammetteva mai, era quasi più entusiasta di lei nell'andarci qualche volta. Chissà se ancora le coppie di innamorati la decoravano come ricordava.
Sentì la porta aprirsi alle sue spalle, ma non si voltò a vedere chi altro fosse andato lassù a cercar rifugio. Preferiva continuare a perdere lo sguardo oltre i palazzi, cercando il mare sulla linea dell'orizzonte.
«Ti piace ancora molto, stare quassù» disse All Might, raggiungendola e mettendosi al suo fianco, con le mani sulla ringhiera.
«Si ha una completa visuale della città, da l'impressione di essere il protettore di tutto ciò che si vede».
«O il burattinaio sul tetto del palcoscenico» disse lui e il paragone fece sorridere Nina, che dopo un'attenta riflessione confermò: «O il burattinaio che doma sulla scena, sì, esatto».
Sospirando si voltò di spalle e con uno piccolo slancio saltò sulla ringhiera, sedendocisi sopra. «Beh, il burattinaio andrà in ferie per un po'. Il giovane Pinocchio potrà sentirsi libero di fare quello che vuole nei prossimi mesi» disse, sistemandosi sulla sottile striscia di metallo. All Might d'istinto scattò verso di lei, ma si trattenne dal prenderla e farla scendere, limitandosi a guardarla con preoccupazione. «Cosa c'è?» chiese Nina, provocatoria. «Non avrai paura che io caschi, vero?»
«Solo...» balbettò lui, rendendosi conto che non era più nelle condizioni di darle ordini o preoccuparsi troppo per lei. Era adulta, ormai, sapeva badare a se stessa e lui aveva accettato di perderla di vista circa vent'anni prima. Voler tornare a vegliare su di lei fino a quel punto era alquanto ridicolo. «Solo fai attenzione», balbettò, sforzandosi di tornare al suo posto. Non avrebbe smesso di stare teso per tutta la durata della conversazione, fintanto che non l'avesse vista scendere da lì.
«Certo che è alto quassù» disse lei, con tono palesemente provocatorio, affacciandosi verso l'esterno per vedere il terreno almeno venti piani più in basso. All Might non rispose, ma la guardò sempre più terrorizzato e sempre più agitato. Lo stava facendo apposta, era da lei e la cosa lo mandava su tutte le furie. Perché si divertiva a giocare tanto con le persone?
«Toh, guarda! Yamada!» e sporta all'indietro, lasciò andare la ringhiera con una mano per allungarla nel vuoto e salutare l'uomo nel cortile. Questo ovviamente le causò una perdita dell'equilibrio e con un urlo cadde all'indietro, nel vuoto.
«Machiko!» si allarmò Toshinori, affacciandosi nel punto in cui era caduta, pronto a prenderla al volo. Con sorpresa -o forse avrebbe dovuto aspettarselo- la trovò perfettamente indenne. Si teneva alla ringhiera con le gambe e si aiutava a non cadere nel vuoto usando uno dei suoi fili che aveva usato per arpionare il collo di Toshinori stesso nell'istante in cui si era affacciato.
Sospirò sollevato e affranto allo stesso tempo, mentre lei se la rideva divertita, appesa a testa in giù come un salame. Afferrò il suo filo invisibile e la tirò su, facendola tornare a sedere sulla ringhiera.
«Scemo» sussurrò lei, una volta tornata col volto alla sua stessa altezza, e gli diede un buffetto sul naso. «Grazie però per essere corso ad aiutarmi».
«Mi stavi mettendo alla prova?» chiese lui, storcendo il naso.
«Nah. Volevo solo fartela fare nei pantaloni, in ricordo dei vecchi tempi».
«Accidenti, mi hai fatto spaventare» ammise lui con un sospiro e la confessione fece ridacchiare Nina, divertita e forse sotto sotto soddisfatta. La osservò mentre rideva di lui, eppure tanto divertita, tanto innocente e ancora una volta ebbe l'impressione di trovarsi di fronte la ragazza di un tempo. Quel sorriso splendeva più del sole stesso, non c'era volta in cui non riuscisse a non riscaldarlo. Poteva perfino perdonarle bravate come quelle appena commesse, se lei sorrideva così. Quanto ne aveva sentito la mancanza.
«Comunque, ero venuto a dirti che ho parlato con Tsukauchi» disse, facendo un passo indietro, ma restando al suo fianco, incapace di star tranquillo nel vederla in bilico su quella ringhiera della morte. «Ha detto che forse riuscirà a mascherare certi aspetti e fare in modo che tu non ne prenda troppe colpe. Cercherà di sottolineare la pericolosità della situazione, lo stato d'emergenza, il ritardo dei soccorsi... insomma, forse riuscirà a non farti sospendere la licenza».
«Hai chiesto al tuo amico poliziotto di modificare la realtà dei fatti per proteggermi?» chiese Machiko, alzando le sopracciglia. Un altro sorriso divertito, mentre Toshinori cominciava a capire dove volesse andare a parare e cercava di non cedere all'imbarazzo. «Hai infranto la legge per me, accidenti che mascalzone! Che ne sarebbe della tua reputazione se si venisse a sapere» lo canzonò lei.
«Nessuna infrazione! È che alcuni dettagli non sono chiari... e possiamo sottolineare alcune cose rispetto ad altre... non ho fatto niente di sbagliato» e in tutta risposta si beccò un delicato pugno dritto in testa. Niente di violento, solo un gesto simbolico a volerlo rimproverare. «Sei un idiota! Che fine ha fatto il tuo senso di giustizia?»
«Mi dispiace» balbettò, imbarazzato e questa volta fu Machiko a rivedere su quel viso il vecchio imbranato Toshinori di una volta.
«Mentire è una cosa che faccio io di solito, tu combatti per la giustizia. Non abbassarti al mio livello, non ti fa onore» e lo colpì ancora, ripetutamente, con l'intensità che avrebbe potuto avere nello sbattere un uovo per la colazione.
«Non è vero che hai dato tu l'autorizzazione, vero?» chiese lui dopo qualche secondo di riflessione, ignorando i colpi che continuavano ad arrivargli in testa. Machiko si fermò e lo guardò in viso qualche secondo, prima di ammettere, tornando a guardare il mondo oltre la ringhiera, alla sua sinistra: «No, è vero. I ragazzi hanno fatto di testa loro. La mia autorizzazione l'hanno avuta solo quando ci siamo trovati di fronte il rinoceronte» ammise con tranquillità, sapendo che non sarebbe stato certo lui a tradirli tutti e metterli nei guai, dicendo la verità.
«È per questo che Kirishima ti ha ringraziato in quel modo» osservò lui.
«Sì, credo che sia per quello».
«Credo ti si stiano affezionando» osservò lui, imitandola e volgendo lo sguardo alla città oltre la sua spalla. «Quando te ne andrai sarà un duro colpo per tutti».
«Per tutti?» chiese lei, lanciandogli uno sguardo enigmatico che lo fece arrossire. Metteva nel mezzo anche lui? Stava parlando dei ragazzi, cosa c'entrava lui. Eppure... non riuscì a negarlo. «No, non per tutti» sospirò lei, tornando a guardare la città. «Uno dei ragazzi è andato a dire al preside quello che ho fatto ieri a Bakugou, condendo il tutto con una serie di "è una persona cattiva" "ci terrorizza" e "ci bullizza"».
«Ha ragione!» si affrettò a confermare lui, facendo scattare i nervi a Machiko che lo fulminò con un: «Scusa?!»
«Ma è il tuo modo di fare, non ci si può fare niente» alzò le spalle. «Non sono riuscito a cambiarti nemmeno io».
«Questo non è vero» confessò lei. «Hai fatto molto più di quello che credi».
E Toshinori non seppe se prendere la confessione in positivo o in negativo, visto come le cose si erano chiuse tra loro. Il suo viso restava imperscrutabile in certi momenti, quando si immergeva nei pensieri e non riusciva mai a capire se fosse felice o meno. Sapeva solo che in quei momenti non desiderava altro che abbracciarla ed eliminare quell'espressione dal suo viso. Preferiva il suo luminoso sorriso, preferiva il suo sorriso in qualsiasi momento della sua vita.
«Comunque, se proprio volevi fare qualcosa per me saresti potuto intervenire ieri quando Nezu mi ha preso per i capelli per questa storia! Hai deciso di mettere mano alla faccenda meno importante».
«Non mi pare che la sospensione della tua licenza sia meno importante che un richiamo».
«In questo momento lo è».
«E io come facevo a saperlo, scusa?» si lamentò lui.
«Tu sei stato testimone, perché non c'eri ieri sera?» un leggero astio nella voce, lo trafisse. Come avrebbe potuto confessarle il suo segreto in un momento come quello? Con che coraggio le avrebbe rivelato che non era più quello di una volta, che aveva perso tutta la sua forza e che il giorno prima aveva finito il tempo a disposizione durante la lezione a cui gli aveva chiesto di partecipare? Come poteva ammettere che non aveva il coraggio di mostrarsi a lei in quelle orribili condizioni, intimorito all'idea che avesse potuto disprezzarlo e magari anche ritenerlo ripugnante? Sembrava tenere così cara l'immagine del vecchio e affascinante Toshinori, come poteva deluderla?
La verità era solo che non avrebbe potuto sopportare di vederla delusa da lui, ancora una volta.
«Ho avuto qualche impegno» mentì, non riuscendo ad ammettere che in realtà era rimasto chiuso nella stanza a lui designata, che riprendeva le forze per poter tornare ad assumere quella forma il giorno dopo e poter stare un altro po' in sua compagnia, senza vergognarsi. Perché era quello che portava dentro... solo tanta vergogna e paura.
«Tu hai sempre qualche impegno» mormorò Machiko, assottigliando gli occhi rancorosa. Non riuscì a rispondere, soffocato da un dolore all'altezza del petto a cui non poteva dare voce. Come poteva darle torto? Stava tornando a commettere gli stessi errori di una volta... e pensare che l'aveva fatta venire fin lì solo per poterle chiedere perdono. O almeno così credeva. Non aveva ancora ben chiaro nemmeno lui perché quel giorno, dopo averla sentita dire all'intervista che sarebbe tornata a Tokyo, aveva chiesto al preside di scriverle e permetterle di venire per quel corso di cui si era assolutamente inventato il nome. Certo, era stata una buona idea, inizialmente l'aveva fatto in nome dei suoi ragazzi, poi si era giustificato dicendo che sarebbe stato utile per il giovane Midoriya imparare qualcosa sui limiti. Aveva anche pensato che fosse giusto per lei, che era stata presente alla nascita di All Might, assistere anche alla sua fine, renderla partecipe di ciò che stava accadendo. E ora era arrivato alla conclusione che forse il suo era solo il desiderio di redenzione che per vent'anni l'aveva attanagliato e che, adesso, alla fine della sua carriera, non aveva più tempo per rimandare e avrebbe dovuto assolvere quanto prima. Un procrastinare che era arrivato al punto decisivo, ma ancora commetteva gli stessi errori.
«Mi dispiace» lo sorprese Machiko, con un sospiro. «Scusami, non avrei dovuto dirti così. È che tornare alla Yuuei mi ha fatto tornare in mente tanti di quei ricordi che a volte fatico a gestirli e mi lascio travolgere, dimenticandomi di tutta la strada che ho fatto per arrivare qui. Non ce l'ho con te, dico sul serio. Scusami, avrai avuto sicuramente da fare qualcosa di meglio che continuare a correre dietro alla solita ragazzina che si caccia nei guai e non riesce a risolverseli da sola» ridacchiò, cercando di sdrammatizzare.
«Machiko» mormorò lui, non sapendo cos'altro dire. Ancora quel dolore e ancora quel folle desiderio di stringerla a sé. Avrebbe voluto urlarlo, che non era colpa sua, ma che stava continuando a sbagliare lui. Che non aveva niente di cui sentirsi colpevole. Avrebbe voluto urlare che non aveva mai smesso di pensare a lei, neanche per un istante e che tra tutti gli errori commessi nella sua lunga vita quello era l'unico che non riuscisse ancora a perdonarsi. Ma con quale coraggio avrebbe ammesso una cosa simile, dopo averla fatta soffrire così. Il suo dolore meritava di essere rispettato, non poteva distruggerlo con una scusa vecchia ormai vent'anni. Avrebbe avuto tutto il diritto di odiarlo definitivamente se dopo averla vista soffrire così tanto per permettergli di realizzare il suo sogno, le avesse egoisticamente ammesso che in realtà l'avrebbe voluta avere con sè.
"Esci dalla mia vita" gli aveva urlato ed era quello che avrebbe dovuto fare.
«All Might» lo richiamò lei, con tono quasi scocciato. «Pensare troppo ti fa venire tutte le rughe qua sopra» disse, posandogli la punta del dito tra le sopracciglia. «E il tuo sorriso diventa inquietante, invece che rassicurante. Smettila, ok? O mi metto a urlare per la paura».
«S-Scusa» balbettò imbarazzato, rendendosi conto di come quelle sue riflessioni e titubanze fossero durate più del previsto.
«Imbranato» lo canzonò Machiko. «Hai visto, piuttosto, come ho risolto la faccenda Bakugou? Te l'avevo detto che tornava» ridacchiò orgogliosa, sforzandosi palesemente di cambiare discorso nel tentativo di trascinarlo via dai suoi pensieri... qualunque essi fossero.
«Hai una nuova marionetta tutta per te, adesso» disse lui.
«Smettila! Così mi fai passare per un mostro!» si imbronciò e questo riuscì a farlo ridere di nuovo. «Sei stata brava. Ma vedremo d'ora in poi come andranno le cose, il giovane Bakugou è difficile da domare».
«Lo so benissimo, ma ehy! Non vi dovete preoccupare!» disse gonfiando la voce, cercando di imitare quella di un uomo. E sapeva bene a quale uomo si riferiva. Gonfiò il petto e proseguì: «Perché adesso ci sono qua io! È tutto All Might!» e alzò le dita in segno di vittoria. Toshinori scoppiò a ridere per l'imitazione perfetta che Machiko gli aveva fatto, aggiungendoci quel pizzico di ironia in fondo che richiamava l'origine del suo nome, e Machiko non resse molto prima di scoppiare a ridere a sua volta. Una risata tanto spensierata, tanto leggera e felice non riuscivano ad averla da così tanto tempo che sembrò caricarsi di tutti quegli anni in cui era rimasta soffocata nel petto. E li liberò, li liberò così tanto da far a entrambi venire le lacrime agli occhi, così tanto che fu perfino udibile un paio di piani sotto di loro, attraverso le finestre. Non gliene importò niente, volevano solo ridere.
Machiko ispirò profondamente, cercando di riprendere fiato, ma questo le costò l'equilibrio e per quella volta sul serio. L'espressione terrorizzata sul suo volto ne fu la prova. Cadde all'indietro, ma ebbe la fortuna che Toshinori fosse lì di fianco a lei e si fosse lanciato in avanti per afferrarle il braccio. Si aggrappò al colletto della sua camicia e tirandosi su di colpo, aiutata dalla potenza con cui Toshinori, con lo stesso panico, l'aveva tirata, finì letteralmente schiacciata al suo petto. Il cuore che pulsava nel petto di entrambi come impazzito, per la paura della caduta, si dissero, ma perché allora ora che era salva non si calmava? I loro visi talmente vicini da far sfiorare la punta dei loro nasi, talmente vicini da poter sentire il profumo l'uno dell'altro. Faceva girare la testa, o erano le vertigini per l'altezza? E quel calore... il calore della propria pelle e il riflesso dei propri occhi in quelli dell'altro. C'era qualcosa di profondamente sbagliato in tutto quello, eppure non riuscirono a lasciarlo andare.
«Dunque è questo si prova ad essere salvata dall'eroe più grande del mondo» sussurrò Machiko, non riuscendo a staccare il proprio sguardo dagli occhi dell'uomo. Il fiato rotto, non la faceva respirare.
«Ti avevo detto che poteva essere pericoloso. Perché non mi ascolti mai?» disse lui, intrappolato nello stesso incantesimo. Machiko strinse il colletto dell'uomo tra le dita, quasi volesse impedirgli di scappare via, e senza rendersene conto si avvicinò lentamente, attirata dal quel folle desiderio che adesso le annebbiava la mente. Le sue labbra erano ancora quelle di una volta?
Socchiuse gli occhi e si lasciò stringere le spalle dall'enorme braccio dell'uomo, che sembrava si stesse ponendo la sua stessa domanda. Dovevano scoprirlo, dovevano scoprirsi, dimentichi di ogni cosa. Dimentichi di chi fossero e cosa li avesse portati lì. Dovevano solo rispondere a quella semplice e soffocante domanda.
Si sfiorarono, respirandosi, ma l'incantesimo si ruppe con il rumore della porta del tetto che si spalancava. Riaprirono gli occhi e si guardarono, confusi e in preda alla paura: che stava accadendo? Si voltarono a guardare chi fosse arrivato e videro sulla porta, con la bocca spalancata e il corpo pietrificato, un ragazzino mai visto prima. Ma la divisa non lasciava dubbi: era uno studente di quella scuola.
«Ahh...» riuscì solo a dire, forse nel vano tentativo di pronunciare il nome dell'eroe, ma lo shock gli impediva di prendere un vero possesso delle corde vocali. Dietro di lui una ragazza li osservò a lungo, prima di strabuzzare gli occhi e spalancare la bocca emozionata. Con la rapidità di una faina afferrò il compagno davanti a sé e lo trascinò via, dimenticandosi perfino la porta aperta.
«Cacchio» mormorò Toshinori, pallido in volto, rendendosi conto di ciò che era appena successo.
«Chi era?» chiese Machiko, perplessa.
«Uno studente di terza... credo».
«Quanto credi che ci metterà a farlo sapere a tutta la scuola?»
«Temo sia già troppo tardi».
«Accidenti!» si stupì Nina, ma non si agitò troppo. «Beh» disse, scivolando via dalle braccia di Toshinori e scendendo dalla ringhiera. Ora che aveva ripreso il controllo della situazione e di sé, si rendeva conto che più rimaneva vicino a lui più sarebbe impazzita. Doveva allontanarsi quanto prima, anche per poter razionalizzare quanto era appena successo. Aveva urgenza di andarsene, fintanto che riusciva a mantenere la calma, o il cuore sarebbe esploso e lei non ci avrebbe fatto una bella figura.
«La cosa non mi tange, io me ne vado oltreoceano tra poco più di una settimana! Sono affaracci tuoi!» ridacchiò, vedendolo rabbrividire. Lei avrebbe dovuto sopportare pettegolezzi e punzecchiature da parte dei ragazzini giusto per quel tempo necessario, lui se li sarebbe portati nella tomba molto probabilmente.
Nina fece i primi passi verso la porta che già cominciava a sentire le gambe cedere, mentre prendeva pian piano consapevolezza. Aveva ceduto. Erano bastati pochi secondi, poche chiacchiere, un paio di risate e di scherzi e la nostalgia l'aveva completamente soffocata, trascinandola in quel gesto che mai si sarebbe aspettata di compiere.
L'aveva superato, ne era stata certa fino a pochi istanti prima. Il calore della sua pelle, la forza delle sue braccia che la stringevano, che l'avvolgevano come un bozzolo sicuro, il suo profumo e tutti quegli anni erano stati spazzati via, insieme a tutto il lavoro che aveva fatto per riuscire a tornare ad essere felice. Si erano quasi baciati. Non erano riusciti a toccarsi completamente, interrotti nel peggiore dei momenti, ma anche se c'era stato quell'inconveniente ormai il passo era stato fatto, le intenzioni chiarificate: non erano ancora riusciti a dirsi addio.
Doveva dire qualcosa, non poteva lasciare tutto lì, su quel tetto, senza una conclusione. Sarebbe stato terribile. Doveva chiudere il cerchio, uscirne nel migliore dei modi e poter tornare a vivere il resto della sua settimana di vacanza in totale serenità, senza struggersi su cosa avrebbe fatto o detto d'ora in avanti. Andarsene da quel tetto senza dire niente, sarebbe stata la soluzione peggiore.
«Comunque» cominciò, cercando di rimettere insieme i pensieri. Impossibile, sfuggivano come cavallette. Cosa doveva dire? «La vecchiaia ti ha reso audace, All Might. Avresti almeno potuto prima invitarmi a cena. Quanta avventatezza» ridacchiò, facendogli un occhiolino malizioso. Buttarsi sull'ironia era l'unico modo che conosceva per gestire situazioni come quelle, per nascondere tutto ciò che aveva dentro dietro a un velo di freddezza e sicurezza apparente e fragile, ma funzionale. La proteggeva, e lei aveva tanto bisogno di essere protetta.
Ciò che non aveva previsto però era che All Might, anche se più saggio e con tanti anni d'esperienza alle spalle, era sempre Toshinori. Il grandissimo imbranato Toshinori che non era in grado di controllare certe situazioni e ne usciva sempre rotolando, arrancando e cadendo in qualche modo stupido e imbarazzante.
«Hai impegni per questa sera?» le chiese istintivamente, balbettando come un ragazzino. L'imbranato e stupido Toshinori.
Di male in peggio, la situazione era decisamente tragica. L'aveva davvero invitata a uscire? Era veramente così idiota da non capire il guaio che stava combinando? Sempre più agitata, sempre più confusa, Nina cercò nuovamente rifugio nell'ironia: «Ti farò sapere dopo aver controllato la mia agenda. Sono una donna molto impegnata, lo sai» sghignazzò e prima che potesse dargli tempo di fare altri danni, rientrò nella scuola e si richiuse rapidamente la porta alle spalle.
Fece un gran sospiro per tranquillizzarsi e si portò una mano al petto, come se avesse potuto fermare con la forza quel battito così violento. Cominciava a capire: tutti quei sentimenti, quelle paure, quei tremori non erano quelli di chi scappava dal proprio passato, non erano quelli di chi tentava di nuotarci contro, fuggendo da un amore concluso tragicamente. Erano quelli di chi, in quel tragico amore, ci stava di nuovo sguazzando con tutti i vestiti.
Un tuffo nel passato, sarebbe bastato affrontare tutto col sorriso e avrebbe potuto dimostrare a se stessa che, sì, ce l'aveva fatta a vincerlo. Che era diventata forte, che era cresciuta e che aveva finalmente vinto contro la vita, decisa ad essere felice con quello che le era stato concesso.
E invece quel maledetto passato la stava risucchiando, smentendola, trascinandola a picco.
Si portò le mani alla testa, lo sguardo impanicato, i capelli serrati tra le dita e l'espressione di chi ha commesso l'errore più grande della propria vita, ignorando che dall'altro lato della porta anche Toshinori stava vivendo esattamente la stessa situazione di panico.
«Ma che diavolo sto facendo?»


But if there's a pill to help me forget,
God knows I haven't found it yet
But I'm dying to, God I'm trying to
'Cause trying not to love you, only goes so far
Trying not to need you, is tearing me apart
Can't see the silver lining, from down here on the floor
And I just keep on trying, but I don't know what for

Puppeteer || All Might X OC || Toshinori YagiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora