Not Alone, Red

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I successivi due giorni furono i più belli che Machiko avrebbe ricordato. Tutto andava alla perfezione: le sue lezioni supplementari presero pian piano una piega diversa, sollecitate dal suo buon umore, tornando ad essere un momento costruttivo e stimolante. Gli allenamenti di Bakugou proseguivano secondo i piani e si sorprese ancora una volta nel vedere in quanto poco tempo il ragazzino riuscisse a migliorare. Era riuscito un paio di volte a contrastare il potere dei suoi fili, muovendo un dito o una spalla, e da lì aveva cominciato a capire quale potesse essere la strada giusta: i contraccolpi delle sue esplosioni percorrevano quei fili, arrivando anche a lei. Non era abituata a un simile dolore, perciò non doveva far altro che battere la sua capacità di resistenza esplodendo colpi su colpi, fintanto che non mollava la presa. Avere uno spazio protetto dove sfogarsi e perseguire i loro obiettivi, permise ai due di non creare altri guai e questo sollevò anche il preside e il resto dei professori. Ma chi stava vivendo quei giorni meglio di chiunque altro, erano Machiko stessa e Toshinori. Essersi ritrovati, essersi liberati di ogni spina e finalmente essersi ripresi per mano dava loro un senso di pace e sollievo che neanche il paradiso avrebbe potuto eguagliare. Sembrava come se niente avesse potuto abbatterli, ora, nessuna difficoltà, nessun super cattivo, niente di niente. Bastava incrociare le dita per rimettere a posto il mondo intero: un sorriso per illuminare, un bacio per riscaldare e fare l'amore per curare. Anche se poi, la mattina, Machiko si ritrovava sempre a stringere tra le braccia un cuscino ormai freddo. Forse era quella l'unica nota stonante, il ritorno alla realtà ogni volta che sorgeva il sole il giorno dopo, il ticchettio dell'orologio alla parete che si beffava di lei, della sua felicità, ricordandole a ogni tic tac che presto avrebbe ripreso un aereo che l'avrebbe riportata a migliaia di chilometri da lì, di ritorno in una vita che si era costruita e di cui ormai ne era intrappolata. Il battito di un sogno, che presto quel dannato tic tac avrebbe interrotto con un agghiacciante urlo.
Era quella l'unica nota stonante... ma preferiva scuotere la testa, lavarsi delle angosce e correre verso un altro giorno di luce, calore e cure. Godere a fondo di quel sogno, fintanto che il tempo glielo avesse concesso.
Ingenuamente inconsapevole del fatto che non solo una sveglia programmata sarebbe stata in grado di svegliarla, spezzando ogni cosa.


Il cielo era ormai color arancio, il sole basso all'orizzonte e il silenzio li circondava, rotto solo dal cinguettio di qualche uccellino ritardatario che si affrettava a preparare il nido per la notte. Una leggera brezza ristoratrice diede sollievo alla pelle umida dal sudore di Nina. Chiuse gli occhi, alzò il mento e si lasciò avvolgere da essa, ascoltando solo il rumore del proprio respiro ancora affannato. Si allungò a prendere una delle due lattine fresche al suo fianco, appena prese al distributore, l'aprì tirando la linguetta e l'allungò infine alla sua sinistra. Bakugou l'afferrò e senza fare troppi complimenti ne bevette un lungo sorso, asciugandosi poi con il braccio quel rivolo sfuggito dalle labbra per la fretta.
Non si era reso conto di avere sete fintanto che la prima goccia non gli era caduta sulla lingua.
«Che pace c'è qui» mormorò Nina, afferrando la sua lattina. Bakugou non rispose, ma fu proprio quel silenzio a confermare quanto detto dalla donna: si stava proprio bene. Erano usciti da pochi minuti dalla palestra, avevano su ancora i loro costumi, ancora pieni di sporcizia e sudore per l'allenamento appena fatto, su ordine di Nina -ma certo lui non si era opposto- erano usciti a prendersi qualcosa da bere e si erano seduti sul prato all'esterno a godersi un po' di meritato riposo, prima di tornare ognuno alla propria vita.
«Ci ero quasi riuscito» disse lui, pochi minuti dopo, deciso a interrompere quel silenzio ma con una strana pacatezza. Un altro sorso della sua bibita rigenerativa e un sospiro ristoratore. I muscoli erano così tesi che facevano male, li aveva sforzati eccessivamente e ora aveva bisogno di rilassarsi un po'.
«Ci eri quasi riuscito a fare cosa?» chiese lei, fingendo di non capire.
«Mi ero liberato una mano per un istante».
«Tu credi?» insisté lei, adornandosi di un malizioso sorriso.
«Sono riuscito a contrastarti! Senti i contraccolpi delle mie esplosioni, non è così?» chiese lui, cominciando ad agitarsi.
«Ma cosa vuoi che ne sappia» rispose lei, quasi scocciata. «Per il momento so solo che ho vinto io... di nuovo. E a te restano pochi giorni».
Un'espressione infastidita da parte del ragazzino, che cominciava a uscirne frustrato da quella situazione. Si sentiva con l'acqua alla gola, ma ciò che lo irritava più di tutti era la lentezza dei suoi progressi. Midoriya era riuscito a batterla il primo giorno, dopo solo pochi minuti di lotta, lui invece ci aveva messo giorni solo per riuscire a liberarsi una dannata mano.
«Katsuki» disse lei, apparentemente distaccata. «Lo sai che uno dei metodi di tortura più accreditati nel passato era quello della gocciolina sulla testa?»
«E questo adesso che diamine c'entra?» si irritò lui, infastidito per il poco interesse che lei pareva dimostrare nella sua frustrazione.
Nina alzò le spalle, ridacchiando divertita: «L'ho letto prima su internet mentre vi aspettavo e volevo solo fare conversazione. Pensa, una misera gocciolina, dalla potenza praticamente nulla... quanto potrà mai far male una goccia che cade sulla testa? Ma una, due, tre, mille, una dopo l'altra... finiva col bucargliela. Assurdo, no?»
«Mi stai dando qualche suggerimento nascosto usando una stupida scusa?» chiese lui, fulminandola, e Nina scoppiò a ridere, esclamando: «Ma allora è vero che non sei poi tanto scemo come si possa credere».
«Chi crede che io sia scemo?» ringhiò lui.
«Io la prima volta che ti ho visto, sicuramente».
«Provaci a dirlo adesso, letame che non sei altro! Ti ammazzo!»
«No, adesso no. Sono troppo stanca per continuare ad accontentarti e far finta di affaticarmi contro di te» disse lei, sventolando una mano.
«Far finta?!» si alzò in piedi lui, ormai al limite della collera. «Ti farò rimangiare tutto! Stronza! Fatti sotto!»
«Modera il linguaggio, moccioso!» lo rimproverò Nina e puntandogli rapidamente le dita contro lo arpionò e lo costrinse a rimettersi a sedere, al suo fianco. «Niente combattimenti, solo un po' di riposo e delle sane chiacchierate per conoscerci meglio. Non so niente di te, ora che ci penso. Vieni da una famiglia ricca?»
«E a te che te ne frega, scusa?» disse lui, ormai presa la strada della rabbia non l'avrebbe lasciata tanto velocemente.
«Oh beh, se devo lasciare un buon partito come All Might per darmi all'illegalità con un ragazzino, vorrei che almeno potesse soddisfare i miei bisogni. Sono una donna molto esigente, sai? Mi piace cenare fuori spesso».
«Ma di che diamine parli? E poi non mi dirai che le voci su te e All Might sono vere!»
«Certo che sono vere! Avevi dubbi sul mio potenziale seduttivo? O forse sei geloso?» ridacchiò lei, divertita nel vederlo sempre più irritato e infastidito.
«Stai parlando con un minorenne, ti rendi conto? Pervertita! Si può sapere che razza di adulto sei tu?» e lo sbigottimento, misto al fastidio che i suoi doppi sensi gli recavano, lo portò ad arrivare al limite, sfogando tutta quella angoscia in urla e portandosi le mani nei capelli. Nina non ce la fece più e fece crollare la maschera da mezza criminale che si era costruita, scoppiando a ridere nel vedere la sua reazione.
«Su, su! Guarda che scherzavo!» rise, dandogli qualche pacca consolatoria sulla spalla.
«Nina!!!» la chiamarono un gruppo di ragazzi le cui voci ormai aveva imparato a riconoscere bene. Si voltò incuriosita dal tono allarmato di Uraraka e parte degli altri studenti della prima A.
«Finalmente siamo riusciti a trovare qualcuno! I professori se ne sono già andati quasi tutti!» disse preoccupata Asui.
«Ragazzi! Che fate qui? Non dovreste essere già a casa?» chiese Nina, preoccupata.
«Un guaio! È successo un guaio! Abbiamo bisogno di aiuto!» disse Mineta, saltando sul posto.
«Pensiamo che abbiano preso in ostaggio Midoriya e Todoroki!» spiegò Uraraka e quello bastò a far saltare in piedi Nina.
«In ostaggio? Chi? Quando?»
«Eravamo tutti insieme, volevamo passare dal centro per comprare alcune cose utili per il festival sportivo, quando loro due sono rimasti indietro per parlare. Li abbiamo lasciati stare, sembravano discorsi seri, ma dopo un po' non li abbiamo più visti!» spiegò Uraraka.
«Iida, Tokoyami e Kirishima sono andati a cercarli, trovando strano il fatto che non avessero detto niente e fossero spariti nel nulla. Niente di strano, fintanto che Iida-kun non ci ha mandato un segnale gps per indicare la loro posizione. Si stanno allontanando, verso la periferia, che senso avrebbe mandarci la loro posizione se non fosse successo qualcosa?»
«Nessuno infatti» disse Nina, correndo verso l'uscita della scuola, seguita dal resto dei ragazzini.
"Hanno preso Midoriya" non riusciva a pensare ad altro. Non che gli altri avessero meno importanza, ma dentro Midoriya risiedeva un ancora immaturo potere che aveva bisogno di tempo per essere coltivato. Se fosse stato ucciso, e debole come era non sarebbe stato difficile per loro, lo One For All sarebbe andato perduto per sempre, senza poter essere passato a nessun altro in quanto ormai All Might lo stava perdendo del tutto. Senza One For All, All For One non avrebbe più avuto rivali e il mondo avrebbe vissuto il peggiore degli scenari immaginabili.
Non era sicura che dietro a tutto quello ci fosse All For One, ma sapeva che era vivo e Midoriya non si era mai preoccupato di restare troppo discreto sulla faccenda. Se l'avesse scoperto... sarebbe stata la fine di una dinastia.
Digrignò i denti, sempre più furiosa.
"Sapevo che non era degno!" pensò, ormai in preda alla furia. Se Midoriya si fosse lasciato uccidere, se avesse anche solo azzardato a mandare tutto in fumo, il sacrificio di sua madre, l'enorme lavoro di Toshinori... se un insulso ragazzino senza talento come lui, avesse distrutto tutto, sarebbe potuta impazzire.
Non doveva permetterlo.
Uscì dal cancello e si guardò attorno, lungo la strada deserta. Doveva pensare in fretta a qualcosa e agire nel modo più veloce e sicuro possibile.
«Il segnale è ancora attivo?» chiese Nina, voltandosi verso Ashido che teneva il cellulare, e la ragazzina in risposta le mostrò su una mappa google un punto luminoso che si spostava lungo le strade della città.
«Sì, pare di sì!»
"Midoriya e Todoroki nelle loro mani. Kirishima, Iida e Tokoyami rischiano seriamente di aggiungersi a loro due, aumentando il numero di ostaggi. Cinque ragazzini da tirare fuori dai guai e solo dieci dita a disposizione" rifletté, guardandosi le mani. Un palcoscenico decisamente immenso in cui un piccolo burattinaio di città ormai in pensione non era sicuro di potersi destreggiare, con tutte le marionette che la scena gli prestava.
«Prima di tutto, abbiamo bisogno di un passaggio» disse, allungando una mano nel vuoto e arpionando un pover'uomo che aveva avuto la disgrazia di passarle davanti in quel momento, in bicicletta. Lo fece saltare giù, accompagnato dalle sue urla terrorizzate, e si affrettò ad appropriarsi del mezzo sotto lo sguardo sconvolto e attonito dei ragazzini: un adulto, un eroe, una professoressa che rubava una bicicletta sfiorava ogni immaginazione.
«Kacchan! Mi serve la tua accelerazione! Ashido, continua a seguire Iida col cellulare, mi indicherai la strada. Uraraka e Yaoyorozu, venite con noi, avrò bisogno dei vostri Quirk per tirare fuori dai guai i vostri compagni».
«Ma non ci stiamo tutti lì» balbettò Uraraka guardando la bicicletta, ma fu momentaneamente ignorata.
«Heikichi» mormorò Nina, pensierosa, prima di chiedere: «Chi di voi conosce Spectrum?»
«L'eroe dalla supervista! Io, io lo conosco!» alzò la mano quasi con entusiasmo Kaminari. «Anche io ne ho sentito tanto parlare» disse Aoyama, desideroso forse di avere anche lui un ruolo in quell'operazione.
«Dovrebbe essere di pattuglia in questo momento. Chiamatelo, ditegli che vi manda Machiko e che è un'emergenza di livello tre!» lui avrebbe capito. Anche se erano passati anni dall'ultima volta che avevano usato quei codici per comunicare tra loro, Heikichi non poteva averli scordati. Li avevano inventati i primi anni di liceo, quando ogni tanto la sera si divertivano a riunirsi in qualche sobborgo e dar la caccia ai cattivi. Situazioni che al novanta per cento li faceva finire nei guai, nel restante dieci si occupavano al massimo di salvare un gattino dall'albero... ma fare gli eroi a tempo perso era divertente e l'eccitazione raggiungeva il massimo con il livello tre: primo livello, bulletto di strada; secondo livello, criminali normali; livello tre, super-cattivo. In tutta la loro vita, solo una persona era riuscito ad aggiudicarsi il terzo livello... Heikichi avrebbe capito.
«Collegate i vostri GPS e portatelo da noi. Infine voi altri, andate a cercare All Might e chiamate la polizia!»
«Agganciata!» annunciò Yaoyorozu nell'istante in cui fissò un enorme gancio al retro della bicicletta dove sedeva Nina. Un gancio che sosteneva un piccolo carretto a tre posti, creato in pochi attimi dalla sua abilità.
«Ma quando l'hai fatto?» chiese Uraraka, portandosi le mani al viso. Come era riuscita ad essere così veloce nella comprensione del suo ruolo e nell'adempimento del compito?
«Kacchan, dietro di me» ordinò Nina e Bakugou non se lo fece ripetere due volte, sedendosi sul telaio posteriore. Le ragazze si misero sopra il carretto e fu Ashido a dare il via alla corsa, gridando: «Dritto davanti a te!»
«Non sarò delicata, vi avverto» disse Nina, cominciando a pedalare. «Tenetevi!»
Tutto si sarebbero potuti aspettare, tranne che un adulto come lei fosse potuta essere tanto spericolata su un mezzo tanto innocente come una bicicletta. Ma loro non immaginavano quante volte lei si era ritrovata a inseguire Toshinori, intento ad allenarsi, lungo le strade di Tokyo usando solo ed esclusivamente quel mezzo. Ne aveva fatta, di esperienza. Pedalava in piedi, senza toccare il sellino, dando maggior forza alle gambe, e faceva attenzione ai pericoli della strada il minimo indispensabile. Superava incroci senza quasi neanche guardare, costringendo gli automobilisti a inchiodare per non investirli, svoltava sgommando, faceva lo slalom tra chi era in coda e Bakugou, dietro di lei, l'aiutava a rendere il tutto più folle e terrificante, usando le proprie esplosioni per darle accelerazione.
«A sinistra!» gridò Ashido, l'unica delle tre che non mostrava paura, forse troppo concentrata sul proprio telefonino per rendersi conto delle innumerevoli volte che avevano sfiorato la morte. Con un'altra sgommata, scaraventando il carretto da un lato, costringendo Uraraka a usare la sua levitazione per non essere sobbalzate via e tornare dritte, Nina obbedì. Si trovò di fronte a una lunga colonna di macchine, ingorgate da un incidente o forse un semaforo bloccato.
«Non passiamo!» si allarmò Uraraka.
«Prendiamo una scorciatoia!» disse Nina e si diede lo slancio necessario a saltare con la bicicletta sul marciapiede. Bakugou l'aiutò il necessario a portarsi dietro anche il carretto con le tre ragazze senza troppa fatica e continuò ad accelerare, sfrecciando tra i pedoni. Una mano dritta davanti a sè e Nina li costrinse con i suoi fili a saltare da una parte all'altra della strada, permettendo così loro di passare senza travolgere nessuno.
«Ah! Hanno cambiato! Dobbiamo tornare indietro, prendere la parallela!» si allarmò Ashido.
«Nessun problema, conosco un'altra strada!» disse Nina, svoltando al primo vicoletto che incontrò sulla destra e continuò a pedalare, dritta verso la fine, dove uno steccato in legno gli sbarrava la strada.
«È chiuso! Ci schiantiamo!» urlò Uraraka, serrando le dita sul legno del carretto.
«Kacchan!» chiamò Nina e il ragazzino, intuendo le intenzioni di Nina, esplose dei colpi sotto di loro permettendogli così di prendere letteralmente il volo e oltrepassare la staccionata, con le urla delle ragazze ancora legate dietro di loro in quella folle corsa.
«Si sono fermati!» disse Ashido, allarmata, allungando il cellulare nel vuoto. «A est, fuori città! Dopo il porto!»
«Conosco quel posto» mormorò Nina, scavando nei suoi ricordi. Se le cose non erano cambiate troppo, in quella zona avevano al tempo annunciato la costruzione di un enorme centro commerciale che poi era andato in fumo a causa di accordi mancati e terreni instabili. Se le cose non erano cambiate, in quel luogo ora si trovava un cantiere abbandonato, ottimo per nasconderci degli ostaggi. Ottimo per attirare in trappola eroi di cui poi bisognava liberarsi... eroi come Nana Shimura.
Non poteva essere un caso che avessero portato i ragazzini nello stesso luogo dell'ex battaglia, il luogo dove Nana era morta e aveva ufficialmente passato a Toshinori il testimone. Era un segnale, un loro segnale: "Ci aspettano".
«Tenetevi!» gridò Nina, prima di uscire dalla strada e lanciarsi lungo una collinetta, in discesa verso il fiume. I sassi contro le ruote del carretto lo fecero sobbalzare impazzito, aumentando a dismisura il panico sul volto delle ragazze dovuto alla ripida discesa, che si abbracciarono tra loro per darsi coraggio. Con una frenata non da poco, Nina riuscì a evitare di cadere in acqua e proseguì su un vialetto lungo la riva del fiume.
"Hanno preso Midoriya, erede di One For All, e l'hanno portato nello stesso luogo dove è Nana. Non può essere un caso, non è sicuramente un caso. Vogliono la resa dei conti. Sarà sicuramente pieno di trappole e noi ci stiamo andando dritto contro" digrignò i denti, mentre si avvicinava a un enorme ponte sul cui fianco interno era presente una griglia da cui usciva acqua sporca.
«Ashido, attiva il tuo GPS, fatti trovare da Mineta e gli altri. Non appena arriveranno con Spectrum ditegli di Midoriya e Todoroki, ci penserà lui a trovarli. Sicuramente li terranno nascosti da qualche parte. Io vado a recuperare Iida e gli altri due. Kacchan, sganciale!!!» e non appena Nina glielo ordinò, Bakugou si voltò e fece esplodere il gancio che le teneva, lasciando che proseguissero per qualche metro per inerzia prima di fermarsi bruscamente. Uraraka riuscì a evitare che impattassero al suolo miseramente, salvando le sue amiche con il suo quirk e guardò Nina e Bakugou che in bicicletta risalivano la collinetta e si allontanavano.
«Una cosa importante» gridò Nina, ormai quasi in cima. «Avete la mia autorizzazione! La responsabilità è esclusivamente mia» uno strano sguardo, mentre sfidava per l'ennesima volta la legge. La sua licenza era ancora sospesa, non aveva nessun potere a proposito, ma non si sarebbe certo lasciata frenare da questo. Il suo senso di giustizia in quel momento remava contro la legge e le diceva che usare i propri quirk sarebbe stato necessario.
Heikichi aveva un'ottima vista, riusciva a vedere cose che gli esseri umani non riuscivano, e l'allenamento l'aveva portato alla capacità di vedere oltre gli oggetti fisici, seguendo le macchie di calore tanto raffinatamente che poteva individuare perfino il muscolo attivo di un corpo umano e prevedere così il colpo che stava per infliggere. Il nemico tirava un pugno, lui riusciva a prevederlo studiando l'intensità dell'energia emessa dal suo braccio. Ma questo non l'avrebbe aiutato a salvare Midoriya e Todoroki, solo ad individuarli. C'era bisogno dell'acido di Ashido per sciogliere la griglia, allargare il buco che dalle fogne portava all'interno dell'edificio. C'era bisogno della capacità di creazione di Yaoyorozu per creare torce, corde e tutto ciò che sarebbe stato necessario a una fuga improvvisata... la strumentazione era necessaria. Infine c'era bisogno della levitazione di Uraraka per aiutare Heikichi nell'eventuale trasporto, in caso qualcuno avesse perso i sensi o ci fosse stato bisogno di uscire da una finestra. Loro tre si sarebbero occupate del salvataggio, avevano il ruolo più importante. Lei avrebbe nel frattempo fatto ciò che le riusciva meglio: dare spettacolo, intrattenere, fintanto che il vero eroe non avesse fatto il suo ingresso e non fosse riuscito a salvarli.
Era tutto nelle mani di Toshinori, perché per quanto lei fosse in grado di tenere testa ad eventuali nemici, non era forte abbastanza da contrastare All For one e qualsiasi trucco avesse messo in atto per tentare di ucciderli. Lei non era la sua nemesi, lei era solo una comparsa, solo il vero detentore del potere poteva riuscire a ucciderlo. Solo All Might poteva farlo.
Corrucciò la fronte nell'istante in cui intravide l'ingresso del cantiere, davanti a loro. Svoltò a destra, costeggiandone la recinzione quasi del tutto arrugginita, ma ancora ben salda. Saltò su di una rampa, salì su di un'impalcatura e proseguì verso l'interno, cercando di restare il più laterale possibile, evitando i grandi spazi aperti. Doveva entrare nel centro commerciale, sicuramente Iida e gli altri si trovavano lì dentro, nella prima sala, probabilmente già in trappola. Ma doveva farlo il prima possibile, evitando scocciature che sicuramente la stavano già aspettando.
Un altro salto su un dislivello e lungo un'altra rampa. Intorno a loro vecchie colonne, tubi metallici e macerie abbandonate. Erano entrati, non sapeva bene quando e in che modo, ma sapeva che erano dentro, passando probabilmente da qualche muro non ancora costruito. Tutto puzzava di polvere e di vecchio, l'oscurità incombeva, eppure non riusciva a udire l'eco delle sue pedalate. Una strana vibrazione, la sensazione che precedeva l'inizio di una battaglia e corse verso una delle finestre che dava sul mondo fuori, pronta a saltare nel vuoto. Quella sarebbe stata la sua entrata in scena.
«Kacchan, dimmi... vuoi essere un eroe, giusto?» chiese lei, con una strana serietà in volto.
«Ti sembra il momento di parlarne?» chiese lui, poco convinto. Cosa le frullava per la testa?
«Vuoi esserlo o no?» insisté lei, avvicinandosi sempre più verso la finestra. Un brivido, c'era qualcosa di così strano in lei, era come se un fantasma la stesse avvolgendo beffandosi e cibandosi della sua aura. Cos'era quello sguardo deciso e terrorizzato allo stesso tempo?
«Certo» mormorò lui, non capendo che cosa sarebbe successo.
Nina si voltò e gli rivolse uno sguardo agghiacciante, prima di sussurrare: «E allora sii eroico» gli ordinò. Allungò le dita verso lui e arpionando i suoi muscoli lo costrinse a saltare giù dalla bicicletta, saltando contro un muro alla sua destra. Qualcosa crollò di fronte a sé un istante dopo, frapponendosi fra lui e Nina, un muro, un sacco di macerie e perse di vista la donna nell'istante in cui la vide saltare dalla finestra inseguita da un'enorme mano nemica. Qualcuno aveva loro teso un imboscata, ma lei aveva lanciato via il ragazzo prima che potessero raggiungerli e si era portata dietro il nemico nel suo salto. Nina abbandonò la bicicletta in volo e si voltò a guardare chi era quasi riuscito ad afferrarla. Un enorme essere, dal volto allungato, appuntito come quello di un corvo, il cervello ben in vista, i muscoli pompati a dismisura, l'espressione vuota nei suoi piccoli occhi disumani. Lanciò i suoi fili, arpionandolo, e facendogli fare un movimento del braccio lo usò per concedersi un atterraggio morbido e sicuro. Si rialzò all'istante, senza degnarlo di altro interesse, e corse a perdifiato verso l'ingresso dell'enorme edificio alla sua sinistra. L'essere atterrò poco dopo di lei e sembrò essere ben deciso a non lasciarsela scappare, cominciando a correrle dietro. I versi che faceva, le urla, facevano venire i brividi: cosa diamine era?
Nina aprì la prima porta ed entrò, correndo verso le scale che portavano al piano superiore. L'essere alle sue spalle, troppo grosso per passare dalla porta, semplicemente la sfondò e continuò il suo inseguimento. Era veloce e incredibilmente forte, se fosse riuscito a prenderla l'avrebbe fatta a pezzi in pochi istanti. Oltrepassò un'altra porta e continuò a correre lungo il corridoio dell'edificio sperando che il bisogno di sfondare il muro per continuare a inseguirla lo rallentasse. Non servì a molto, la fatica che fece l'essere per riuscire a passare oltre fu misera e riuscì a dare a Nina solo un paio di secondi di vantaggio, il tempo di scrollarsi le macerie di dosso e ritrovarla.
«Ma dove cazzo siete?» mormorò Nina, guardando fuori dall'enorme finestra senza vetri alla sua sinistra. Niente, solo macerie e locali abbandonati, dalla costruzione mai conclusa, e un sacco di ombre del passato.
Il cortile.
Quel cortile dove Nana, sua madre, aveva tirato l'ultimo respiro, schiacciata dalla potenza di All For One. Perché avevano dovuto scegliere un posto tanto orribile come quello? Perché la costringevano a combattere contro quelle ombre che non avevano mai smesso di far male? Il senso di colpa per essere stata per l'ennesima volta la causa di un guaio, un guaio che quella volta purtroppo non aveva portato a una semplice punizione ma a qualcosa di più terribile ed eterno. La figlia sconsiderata di Nana Shimura era l'amo migliore che fosse potuta capitare a qualsiasi cattivo che avesse voluto combatterla, figurarsi a uno come All For One che non desiderava altro che estirpare per sempre quel potere che lui stesso aveva creato. La figlia sconsiderata che, attirata dalla curiosità di un'avventura, si era inoltrata per quei locali abbandonati divertita all'idea di combattere contro qualche fantasma e qualche storia horror, ma era finita dritta nella trappola del nemico. La figlia sconsiderata che, per essere salvata, era costata la vita di sua madre.
Poteva ancora sentirle, quelle ultime supplichevole parole, rivolte a lei e Toshinori un attimo prima della fine, a chissà chi dei due in particolare. Un istante prima della fine, con tutta la forza rimasta, la supplichevole richiesta di una promessa...
«Prenditi cura di l...» ed era morta su quella elle interrotta.
«Devi ucciderlo, Toshi-chan. Prometti che lo farai».
L'urlo disumano alle sue spalle la strapparono dal passato appena in tempo per schivare un pugno.
«Merda» sibilò, rendendosi conto di essersi lasciata distrarre da quegli stupidi sentimenti e dai sussurri che il vento portava, spirando tra quelle colonne abbandonate. Saltò fuori dalla finestra, concedendosi un volo di almeno tre piani nel vuoto, e allungò una mano in avanti, verso il mostro.
«Facciamo un bel gioco» disse, arpionandolo e costringendolo a saltare con lei. Tirò i suoi fili, raggiungendolo, e usando il suo potere si assicurò di prendere il controllo del suo corpo. «Si chiama il Rodeo!»
Lo fece girare, in modo da guidarne l'atterraggio, e gli si mise sulle spalle. Sarebbe atterrata sicura al suolo, usando la forza del suo nemico per attutire la caduta, dopodichè l'avrebbe usato per correre più rapidamente nei corridoi e cercare Iida e gli altri due ragazzini. Ma qualcosa andò nel peggiore dei modi. Un ciack ben udibile, quasi assordante, l'essere si liberò dal suo controllo, strappando i fili, e le afferrò una caviglia.
«Cosa...?» sbiancò lei, poco prima di sentirsi lanciata verso il suolo con una potenza tale da toglierle il fiato. Un urto, un urlo, ma non fu opera del suo tremendo atterraggio dal cui non ne sarebbe uscita viva. Le faceva male la schiena, questo era vero, ma niente di irrimediabile se non un po' di polvere in gola.
«Perché mi hai lasciato indietro?» la voce collerica di Bakugou e solo successivamente ne sentì il calore delle mani ancora fumanti sulle braccia. L'aveva presa al volo, raggiungendola grazie allo slancio delle sue esplosioni, e l'aveva trascinata dritta al secondo piano, sfondando un muro già in parte distrutto. Aveva fatto male, ma non tanto quanto avrebbe fatto raggiungere il suolo a quella velocità.
«Moccioso» ridacchiò Nina, tossendo e cercando di rialzarsi. «Se ti avessi portato con me non saresti arrivato in tempo per salvarmi la vita e fare l'eroe».
«Non dire stronzate! Questo non l'avevi previsto, non è vero?» brontolò Bakugou e Nina si avvicinò al foro da dove erano passati, restando in parte nascosta e osservando il cortile due piani più in basso.
«No» ammise con uno strano tono rammaricato. «Questo non l'avevo previsto».
Aveva spezzato i suoi fili. Quell'essere era riuscito a spezzare i suoi fili con la stessa facilità con cui solo One For All poteva fare.
«Che razza di essere è quello?» domandò più a se stessa che al ragazzino alle sue spalle, e certo non si sarebbe aspettata una vera risposta, come invece fece: «È un Nomu, uno degli esseri di quel bastardo che ci ha attaccati alla UJS. All Might ne ha fatto a pezzi uno, ma a quanto pare ce ne sono altri».
«Nomu» impallidì Nina. Allora era vero, non era più solo un sospetto. All For One era lì, aveva nuovamente attirato in quel luogo la ragazzina sconsiderata, per tendere una trappola al nuovo One For All... ad All Might. E lei gli stava dando esattamente quello che voleva. Continuava ad essere quella ragazzina sconsiderata che mossa da dei dannati sentimenti si comportava impulsivamente, senza riflettere. Osservò il Nomu che nel cortile cominciò a voltarsi da tutte le parti, cercandola probabilmente, non capendo perché non riuscisse a trovare il suo cadavere a terra.
Era un essere senza cervello, mosso solo da un potere incontrollabile, non aveva neanche capito che lei era stata salvata. Ma l'istinto non lo tradì e intuì almeno la strada da prendere, cominciando a correre verso l'ingresso che avrebbe portato all'interno dell'edificio dove erano rifugiati lei e Bakugou.
«All Might non deve venire» mormorò lei.
«Ma di che parli?» chiese Bakugou, irritato per la sua esitazione.
«È una trappola. Stupida, stupida, non impari mai» ringhiò lei, colpendosi la fronte ripetutamente con un pugno.
«Dì un po', ti sei bevuta il cervello?»
«Lo vogliono uccidere. Qui... proprio qui... come quel giorno» balbettò, cominciando a tremare. Se l'avessero ucciso, se l'avessero fatto per colpa sua, non sarebbe sopravvissuta. Sarebbe impazzita, sarebbe morta con lui piuttosto.
«Piantala con queste stronzate!» gridò Bakugou, furibondo. «All Might ne ha già sconfitto uno, può sconfiggere anche questo rammollito!»
La lotta contro All For One, cinque anni fa, l'ha lasciato indebolito.
«Chi cazzo credi che sia? Con chi cazzo credi di avere a che fare?»
Non avrei più la forza per combatterlo, se dovesse tornare.
«Ma soprattutto chi cazzo ti credi di essere tu? Tante stronzate sulla fiducia, quello stupido giochino dove ci hai fatto camminare a occhi bendati, tante puttanate sull'essere il burattinaio e poi te la fai sotto alla prima vera sfida. Non lo accetto! Io questo non lo accetto! Non me ne frega un cazzo di superare le nullità, l'immondizia come te non merita la fatica che sto facendo! Levati dai piedi, mezzasega, e lascia che sia qualcun'altro a fare l'eroe» la resa era ben diversa, ma l'effetto che quell'ultima frase scaturiva ero lo stesso rassicurante sollievo che si provava nel sentire Toshinori esclamare che ci avrebbe pensato lui. Non accettava che la sua mentore, colei a cui si era affidato totalmente, tremasse tanto di paura di fronte a qualcosa che era certo poteva gestire. Lei era quella che guardava il mondo dall'alto, il burattinaio di cui tremare, che non svelava la sua trama fino al giorno dello spettacolo e per questo faceva tremare di paura. Tutto quello che era era sfumato di fronte al terrore di rivivere quel terribile giorno, in un loop infinito, e vedersi sfuggire dalle mani la seconda persona che abbia amato più di tutte. Era così fragile. Ma era un eroe, nell'anima lo era sempre stata.
Lei era il burattinaio... poteva salvarlo. Poteva combattere, dirigere la scena con più padronanza di vent'anni addietro, poteva vincere.
«Vado a fare il culo a quella merda ambulante e poi vado a prendere a calci quell'idiota di Deku che si è lasciato catturare» annunciò Bakugou.
«Modera il linguaggio, moccioso!» lo rimproverò Nina, tornando in sé. Incrociò le braccia al petto e accennò un sorriso divertito. Quelle parole così dure e così piene di parolacce, alla fine avevano saputo dove andare a colpire per fare centro. L'aveva rassicurata, l'aveva incoraggiata e infine si era fatto carico di tutto, pronto a portare tutti in salvo. Dell'eroe non gli mancava niente. «Devi lavorare un po' sulla tua entrata in scena, ma con i contenuti direi che ci siamo. Ottimo lavoro, eroe» un appellativo che, Bakugou doveva ammetterlo, gli fece per un attimo venire i brividi dall'emozione. «Sei promosso al prossimo grado di aiutante» e Nina gli concesse un occhiolino.
Un rumore a poche stanze più avanti, un muro che crollava, un urlo disumano. Li stava cercando.
«Hai fatto un bel po' di caos, ci ha sentiti sicuramente, ma ho una buona notizia: non vuole te» spiegò lei.
«E tu che cazzo ne sai?» ringhiò lui.
«Lo so e basta. Seguirà e lotterà contro di me».
«Non mi lascerai di nuovo indietro, farò a pezzi quel bastardo» disse lui, con un sorriso eccitato in viso, facendo esplodere alcuni colpi.
«Se ti lascio qui dentro a combattere contro di lui non troverò mai i tuoi compagni! Non ho idea di dove siano, questo posto è immenso e non ho l'ampia visuale che potresti avere tu sorvolando con le tue esplosioni. Sei nettamente superiore a me in questo» e bastò questo a convincerlo ad ascoltarla. «Vai a cercarli, io te lo tengo in caldo per quando tornerai».
«Mi permetterai sul serio di combatterlo?» chiese lui dubbioso, già sapendo che stava cadendo in uno stupido tranello che faceva leva sul suo orgoglio. Nina sorrise, ma non rispose. Era ovviamente un no, eppure decise comunque di ascoltarla. Il muro venne sfondato e Nomu fece il suo ingresso in quella stanza nell'istante in cui Bakugou saltava giù dalla finestra. Urlò come un animale che aveva trovato la preda e Nina rimase immobile a fissarlo qualche istante: era dunque lui il risultato dell'immenso potere nemico che da secoli combattevano, l'immenso potere nemico che aveva dato origine alla sua dinastia.
«Vuoi One for All?» chiese lei, provocatoria. Perché era per quel motivo che lui era stato creato. «Vieni a prenderlo» e saltò giù dalla finestra alle sue spalle. Alzò lo sguardo, mentre cadeva verso il suolo e, come programmato, Nomu saltò giù dopo di lei, inseguendola. Lo arpionò rapidamente e lo usò come slancio per atterrare, sfondando la finestra del primo piano, prima che avesse potuto spezzare i suoi fili. Rotolò per l'eccessivo slancio, poi riprese a correre verso le scale che portavano al pian terreno. Si voltò e vide Nomu che sembrava l'avesse aspettata, oltre qualche colonna della grande sala che sarebbe dovuta essere la hall di quell'edificio. Nina sorrise di quel suo sorriso sadico e calcolatore, ma Nomu non aveva le facoltà mentali ideali per coglierne il pericolo. Proprio per questo si limitò a lanciarcisi contro, colpendo e distruggendo tutte le colonne che si trovava davanti. Nina cominciò a corrergli incontro, fissandolo in quel suo volto privo di espressione e umanità. Quando tra i due mancarono pochi metri Nina lanciò uno dei suoi fili, arpionò il braccio di Nomu e lo costrinse a uno scatto che non gli diede tempo di distruggerli. Uno scatto di tale potenza fu l'ideale a darle lo slancio a volare dall'altra parte dell'edificio, come lanciata da una fionda. Aveva usato il suo stesso nemico per evitare il colpo e correre di nuovo via. Conosceva bene quella forza sovrumana che rompeva i suoi fili, Toshinori era insopportabile quando la usava su di lei, ma se riusciva a coglierlo di sorpresa riusciva a fargli fare piccoli scatti e movimenti imprevisti. Con un essere senza cervello come Nomu era anche più semplice che con Toshinori, non avendo la consapevolezza di imparare dai propri errori.
Nomu la guardò qualche istante, poi partì alla carica. Nina corse via, attraverso altre colonne, attraverso una porta, dentro un'altra stanza, e poi di nuovo fuori, verso l'uscita. Ogni cosa nella corsa del gigantesco essere veniva travolta e distrutta, creando così una nuvola intorno a loro che rendeva sempre più difficoltosa la respirazione e la vista. Nina si coprì il volto con un fazzoletto, legandoselo dietro la nuca, e tornò a guardarsi intorno, cercandolo. Lo vide, lo provocò, lo fece correre e di nuovo lo superò, attraversando così ogni singolo centimetro di quell'enorme sala... travolgendo ogni cosa.
"Ci siamo" pensò lei, saltando fuori da una finestra, nel cortile esterno e lasciando che Nomu la seguisse. Un altro colpo improvviso, e si fece riscaraventare all'interno. Stesso giro, stessa mossa, correndo da ogni parte della stanza e facendo in modo che Nomu si scavasse la sua stessa tomba senza rendersene conto, privo di intelligenza com'era. Un cigolio del soffito le comunicò che era giunto il momento. Un altro muro, solo un altro muro, e fu quello che fece, costringendo Nomu a distruggere l'ultimo dei muri portanti. L'edificio tremò e in pochi secondi ogni cosa cominciò a crollare sopra le loro teste. Con un altro scatto, si fece scaraventare da Nomu fuori dall'edificio un istante prima che potesse cominciare a crollargli sopra la testa. Corse, si allontanò rapidamente, col fiato corto e le gambe tremanti di stanchezza, lasciandosi alle spalle un ammasso di cemento e mattoni distrutti che sovrastavano il suo nemico. Se era davvero forte come All Might non l'aveva ucciso, sicuramente, ma sperava che non fosse altrettanto forte da rialzarsi subito e limitarsi a restare lì sotto almeno il tempo necessario a trovare i ragazzini e darsela a gambe.
Un'esplosione non molto lontana, oltre il cortile centrale, terzo edificio, piani superiori. Una delle esplosioni di Bakugou, forse un segnale, ma conoscendolo era sicuramente più facile che stesse cercando di combattere qualcuno. Corse in quella direzione, attraversando completamente il luogo dove sua madre era morta, spezzando quell'incantesimo, diramandone il fumo come una mano che veniva sventolata di fronte a una sigaretta. E corse verso l'edificio dove aveva sentito Bakugou, pronta a distruggere anche quello se ci fosse stato bisogno.


Your heart is full of broken dreams
Just a fading memory
And everything's gone but the pain carries on
Lost in the rain again, when will it ever end?
The arms of relief seem so out of reach
But I
but I am here



Nda...


La scelta di questa canzone in realtà è un po' articolata. Ho voluto prendere spunto dal discorso e l'atteggiamento di Bakugou, anche se lui è sicuramente più irruento e meno piacevole in certi discorsi. Ha riempito Nina di insulti e come suo solito le ha detto di farsi da parte perché non era degna ecc ecc, ma in realtà, Nina lo capisce, è solo un modo tutto suo di dire "Hai paura? Ok, lascia che ci pensi io". Infatti è Nina quella che in questo momento ha "il cuore pieno di sogni infranti", che è "persa nella pioggia", con "tutto che se n'è andato, ma resta solo il dolore"... e in mezzo a tutto questo dolore, ecco che arriva il "but i am here".
Non è sola, come dice anche il titolo.
E nel suo modo volgare e ribelle, Kacchan glielo dice.
"I am here".
E questo le da la forza di rialzarsi, affrontare quel luogo così pieno di dolorosi ricordi, il terrore per ciò che potrebbe accadere a Toshinori e lanciarsi a capofitto nella battaglia.
Mi piaceva particolarmente dare a Bakugou il "I am here" (anche se parafrasato con il suo modo di essere) perché anche se testa calda e incontrollabile, comunque vuole essere un eroe e soprattutto vuole essere come All Might (che sappiamo bene tutti come abbia fatto del "I am here" una filosofia di vita XD), e Nina proprio in questo capitolo, proprio grazie a quelle parole, trova conferma del fatto che il ragazzino abbia tutte le carte in regola per essere il migliore. Insomma, anche se Nina si spacca la schiena contro Nomu e si trova a fronteggiare i fantasmi del suo passato tornando sul luogo di morte di sua madre, il capitolo lo dedico a Bakugou e al suo essere un eroe coi fiocchi, anche se a modo suo.
Vi lascio col fiato sospeso fino al prossimo capitolo per sapere come se concluderà questa faccenda del rapimento XD
Ringrazio ancora tutti i readers <3
A presto!


Ray

Puppeteer || All Might X OC || Toshinori YagiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora