Demons, Imagine Dragons

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Salì lungo le scale a perdifiato, contando i piani man mano, in modo da riuscire a trovare immediatamente quello dove aveva sentito provenire Bakugou. Svoltò l'ennesimo angolo, superando un'altra finestra incompleta di vetro, quando si sentì afferrare per un braccio e venir trascinata via. Alzò lo sguardo sul suo nemico e vide un uomo dall'aspetto simile a quello di un'aquila. Volava e con gli artigli dei piedi l'aveva afferrata e trascinata fuori.
«Ti ho presa» gracchiò soddisfatto, ridendo, mentre saliva di quota e se la portava dietro. Sempre più in alto, sempre più in pericolo, eppure avrebbe dovuto saperlo che il burattinaio guardava sempre il mondo dall'alto, che quello era il suo personale palcoscenico.
«Sono io che ho perso te» sibilò Nina, prima di lanciare i suoi fili. Sorpreso, l'uomo perse per un attimo il controllo di sé, cadendo, riacquistando quota, andando a sbattere contro il muro dell'edificio, tornando a impazzire per aria senza riuscire a fermarsi, fintanto che non prese a volare in picchiata verso il quinto piano con un urlo.
«Siamo in fase di atterraggio, preghiamo di allacciare le cinture di sicurezza!» disse Nina, allungando le gambe in avanti e preparandosi a sfondare la finestra.
«Grazie per aver scelto Air Puppeteer!» l'uomo si schiantò contro il muro con una tale potenza che ne rimase stordito, mentre Nina entrava nella stanza del quinto piano. I vetri volarono ovunque, anche in faccia degli uomini che la videro entrare, in piedi, fermi e minacciosi, di fronte a Iida, Tokoyami e Kirishima, legati e inginocchiati a terra. Atterrò, aiutandosi con una mano per ammorbidire la caduta e infine si alzò lenta e sicura. Un inquietante sorriso sul volto, l'espressione eccitata del burattinaio nel pieno della sua scena.
«Ci sono qui io» disse e per quanto fossero le stesse parole rincuoranti che All Might dedicava a tutti coloro che salvava, le sue erano di una tale affilatura che mettevano i brividi. Non era il "sono qui io a salvarvi" di un All Might dedito alla giustizia e desideroso di aiutare le persone, era il "sono qui io a farvi a pezzi" di una burattinaia sadica e consapevole che non avrebbe risparmiato nessuno si fosse messo tra lei e il suo obiettivo. Eppure, nei cuori dei catturati, ebbe lo stesso effetto esaltante.
«Nina!» gridò Kirishima con entusiasmo, quasi alle lacrime. «Ora siete proprio nei guai, brutti idioti!»
Una provocazione che pizzicò le mani di uno degli uomini che l'avevano in ostaggio: si lanciò contro il ragazzino a pugno serrato, pronto a colpirlo, ma quel suo stesso pugno gli si ritorse contro e lo colpì, scaraventandolo a terra.
«Ma cosa...?» chiese, non capendo.
«Quelle sono le mie marionette migliori» sibilò Nina, fissandolo di traverso. Faceva chiudere la bocca dello stomaco dalla paura, ero lo sguardo omicida di chi era tutto tranne che un eroe. Ero lo sguardo di chi somigliava più a loro, criminali, che alla società dei puri. Eppure combatteva per salvare la gente... perché?
«Non vi permetto di torcere loro neanche un capello» la burattinaia che amava le sue marionette, che le pettinava ed agghindava, rendendole perfette per la scena e permetteva poi loro di prendersi le luci del successo, restando dietro le quinte. Ecco chi era Nina.
«Puppeteer» esclamò uno di loro, quello che sembrava meno scemo e più pericoloso. «Finalmente sei arrivata» sghignazzò.
«Lei è il burattinaio?» chiese incredulo un terzo, fissando Nina da capo a piedi. «Diamine, se sapevo che era una tipa del genere mi sarei preparato meglio» ghignò, leccandosi i baffi nello squadrare ogni centimetro del corpo di Nina. Quello sguardo le provocò il disgusto, ma aveva imparato col tempo e l'esperienza ad ignorare certi tipi di affermazioni. Restando ferma nella sua posizione decisa e minacciosa, studiò il nemico: otto uomini in tutto, di cui uno che sembrava il capo, quattro idioti che ridacchiavano al suo fianco e altri tre nascosti nell'ombra della stanza intorno a lei. Di loro avrebbe dovuto aver più paura, riusciva a sentire la loro pressione sulle spalle.
"Otto..." pensò, lievemente preoccupata. "Un volatile fuori dalla finestra e un Nomu che potrebbero riprendersi da un momento a un altro e intervenire. E io ho solo dieci dita".
Prenditi cura di l...
Dieci dita sarebbero state più che sufficienti. Un ghigno, l'equivalente del sorriso di All Might, ma più raccapricciante, più folle. Non era difficile credere che fossero cresciuti insieme, avevano le stesse abitudini, gli stessi principi, ma alla fine solo uno di loro riusciva ad essere adatto al ruolo di simbolo della pace. Tutto quello che faceva Nina metteva solo i brividi.
«It's Show time».
Un rapido tocco alla propria cintura e la musica cominciò a vibrare dentro quell'enorme stanza. Il capo di quel gruppetto la fissò, corrucciando la fronte: sembrava essere l'unico che avesse idea di cosa Nina stesse facendo realmente, l'unico che la guardava con gli occhi giusti. Era ovvio che sapevano che lei sarebbe arrivata e che si fossero informati precedentemente: l'effetto sorpresa non avrebbe funzionato, al contrario loro che invece erano sconosciuti agli occhi della donna. Potevano avere qualsiasi tipo di Quirk, avrebbe dovuto fare attenzione e improvvisare.
«Sei in netto svantaggio numerico e preparatorio eppure attacchi per prima. Sei davvero impulsiva come dicevano».
"Dicevano?" si chiese Nina, trovando ancora conferma alle sue teorie: c'era qualcuno dietro a tutto, non erano loro i veri nemici e non poteva che essere All For One. Mosse i piedi, prendendo il ritmo, e senza abbandonare il sorriso decise di prendere di mira proprio lui. Se avesse raggiunto subito il perno, intaccandolo, l'intero gruppo sarebbe stato lentamente disintegrato dall'interno. Cominciò a ballare, in quel suo particolare modo che vedeva protagonisti soprattutto mani e braccia, nascondendo le sue carte dietro a un insieme di movimenti inutili.
«Impediscile di muoversi. Devi bloccarle le mani» disse il capo all'uomo alla sua destra. Un ghigno sul volto di questo, poco prima che i propri capelli cominciassero a muoversi per aria come mille serpenti impazziti. Un istante di preparazione e infine questi si lanciarono contro di lei, allungandosi e percorrendo la distanza che li separava in pochi decimi di secondo.
«Credi che te lo lascerò fare tanto facilmente?» chiese Nina, saltando indietro ed evitando l'attacco. Un movimento di mano, nascosto dalla sua danza, e il filo percorse la distanza che separava lei e uno degli uomini nell'ombra. Mosse gli occhi, cercandolo, assicurandosi di averlo arpionato ma con sorpresa scoprì che non era più lì.
«Dietro!» urlò Kirishima, avvertendola. Lo sentì, percepì la sua presenza, la sua ombra appoggiata alle sue spalle e si voltò appena in tempo per vederlo, ancora coinvolto nel salto che l'aveva portato lì. In mano teneva serrato un pugnale che non esitò a far scendere nella sua direzione, percorrendo un arco che avrebbe coinvolto in pieno la sua gola se non fosse riuscita a indietreggiare per tempo. Un semplice graffio allo zigomo, riuscì a uscire dall'attacco indenne, ma l'uomo di fronte a sé sparì nuovamente.
"Invisibilità?" si chiese lei, guardandosi attorno con preoccupazione. I capelli del primo tornarono all'attacco e lei saltò un paio di volte, riuscendo ancora a schivarli. Per sua fortuna, non erano veloci abbastanza per lei. Un fruscio alla sua sinistra e d'istinto lanciò in quella direzione i suoi fili, arpionando il vuoto.
"Non è invisibile", riuscì a capire. "È solo dannatamente veloce, come un Ninja". Digrignò i denti, guardandosi attorno. Quei dannati capelli sembravano essere aumentati di volume, le occludevano la vista e i suoi fili ribalzavano su di essi, non essendo composti di fibra muscolare.
"Protegge i compagni e nel frattempo mi attacca. Non è affatto stupido" pensò continuando a schivare i suoi tentativi di colpirla, aiutata dal suo ballo, e intanto continuava a cercare un varco per raggiungere gli altri.
«Adesso» annunciò l'uomo dai capelli, un'indicazione per i compagni, un avvertimento per lei. I capelli si divisero in due fasci distinti e percorrendo la stanza da entrambi i lati la circondarono. In quell'istante, da loro, sbucarono l'uomo ninja e altri due uomini. Ognuno da un lato, pronti a colpirla su più fronti prendendola di sorpresa.
«Vi ringrazio» sibilò Nina con un ghigno. I tre uomini si bloccarono all'istante, arpionati dai fili di Nina che, aspettandosi un colpo come quello, si era premurata di lanciarli da ogni parte. In molti erano andati a vuoto, ma molti erano riusciti invece a colpirli, incastrati nella sua tela, bastava un solo filo per salire in vantaggio. Un muscolo storto e lei poteva avere tempo di lanciarne altri, catturandolo completamente.
«Adesso dammi una mano» ordinò, correndo verso uno di questi che, contro la sua volontà, si inginocchiò e mise le mani a barca. Nina ci piazzò un piede sopra e l'uomo la spinse verso l'alto, permettendole di saltare fuori dal cerchio di capelli che l'aveva intrappolata appena in tempo, prima che questi si stringessero. I tre uomini ne rimasero avvolti, legati, mentre lei riuscì invece a scapparne.
«Sei veloce» commentò l'uomo dei capelli, alzando lo sguardo per cercarla. Il cuore perse un battito quando notò la sua mano già tesa nella sua direzione. Neanche il tempo di cogliere i suoi movimenti che si sentì paralizzare, catturato.
«Non sai quanto» commentò Nina. «Scommetto che riesci a usarli grazie alla muscolatura della cute» disse lanciando uno dei suoi fili verso la testa dell'uomo. Il viso impallidito di quest'ultimo confermò la sua teoria prima che potessero farlo le sue azioni: prese possesso dei suoi capelli e li usò per tenere serrati i tre che aveva catturato, potendosi così liberare una mano. Le sarebbe bastato tenere in pugno l'uomo dei capelli per poter trattenere gli altri tre.
Uno sparo alla sua destra e Nina si voltò appena in tempo per cogliere lo scintillio di un proiettile sfiorarle il petto, centrando la spalla sinistra. Urlò colta da un dolore accecante e cadde a terra, stringendosi la spalla colpita.
«Nina!» gridò Kirishima, panico in volto, guardando la donna stesa a terra.
«Avevo mirato al cuore» commentò l'uomo che aveva sparato, con un tono deluso e rammaricato.
«Non hai sbagliato i tuoi calcoli, Automa. Tranquillo, le tue previsioni non sbagliano mai» lo rassicurò il capo, che ancora se ne stava fermo a braccia incrociate a guardare e godersi lo spettacolo. «È stata previdente, è da quando è entrata qui dentro che ha usato uno dei suoi fili per avvolgersi e proteggersi. Non è sufficiente a ricoprirla interamente, ma è abbastanza da limitare i punti esposti. Scommetto che hai concentrato la maggior parte della tua tela nei punti vitali a discapito delle zone meno importati, come appunto la spalla».
«Può evitare la morte sul colpo, ma non la salverà dal dissanguamento!» commentò una voce che provenne dalla pistola stessa con cui Automa aveva sparato. La voce di uno degli uomini che fino a pochi minuti prima era vicino al capo, ma che solo allora Nina si accorse era sparito. Non era difficile da capire quale fosse il suo Quirk: una trasformazione del proprio corpo che comprendeva anche, o forse solo, gli oggetti. Sicuramente le armi erano tra questi.
«Metamorphosis! Che ne dici di esplorare le sue zone scoperte? Un'arma bianca potrebbe andare meglio» suggerì il capo, osservando Nina che si rialzava stringendosi la spalla sanguinante. Il volto corrucciato dal dolore, la mano sinistra ancora tesa a bloccare l'uomo dai capelli prensili.
"Nonostante il colpo, non ha mollato la presa su Octopus e continua a tenerli tutti e quattro in pugno. Ha una tenacia di ferro. Sapevo che non mi avrebbe deluso" rifletté il capo con un ghigno divertito.
«Sarà un vero piacere» sghignazzò Metamorphosis prima di mutare ancora le sue sembianze, trasformandosi in una lunga spada seghettata. I denti, nei colpi, sarebbero rimasti impigliati nel filo che avvolgeva la donna e questo avrebbe permesso all'enorme intelligenza di calcolo di Automa di crearsi una mappa perfetta dei suoi punti scoperti.
Nina riassunse in breve tempo lo sguardo omicida con cui era entrata nella stanza, un ghigno divertito, e si tolse un nastro dai capelli avvolgendolo rapidamente sulla ferita impartitegli dal proiettile. Si aiutò con i denti per stringere il nodo, chiudendo la ferita come poteva. Faceva un male cane, ma lei non lo sentiva nemmeno.
«Siete delle marionette interessanti, ho proprio voglia di giocare con voi» disse con voce gracchiante e raccapricciante. Un ghigno tornò ad adornarle il volto e si alzò in piedi, pronta a tornare a combattere.
"Quattro bloccati, uno che si limita ad osservarmi, un altro che resta vicino ai ragazzi per tenerli sott'occhio. Ho solo due nemici al momento, sarà facile" pensò, constatando che il grosso era stato fatto.
«Sto arrivando» disse Automa con voce apatica, fredda come quella di un robot e forse lo era davvero. Si lanciò rapidamente verso di lei, mentre Metamorphosis tra le sue mani rideva divertito e minaccioso.
«Adesso ti facciamo a pezzetti» gridò eccitato quest'ultimo, un attimo prima di scendere verso di lei. Nina riuscì a schivarlo e provò a lanciargli contro i suoi fili. Automa non accennò nemmeno a schivarli, sapendo che non ce n'era bisogno, in quanto rimbalzarono sulla superficie del suo corpo.
"Niente muscoli?" si chiese lei sorpresa, cominciando a capire. Forse era davvero un robot, o più semplicemente era un uomo che lo era diventato con il suo Quirk. Il suo nome suggeriva quel potere, che probabilmente lo rendeva perfettamente in grado di calcolare infinite possibilità come un vero computer a una velocità strabiliante. Metamorphosis incrociò i primi dei suoi fili protettori, passando attraverso solo per un minimo, graffiandola appena. Altri fendenti, altri graffi, protetta dai suoi fili indistruttibili che pian piano risultavano sempre più inutili. Automa stava realmente creando una mappa dei punti esposti e migliorava i suoi colpi di secondo in secondo, riuscendo a imparare le mosse che lei compiva di volta in volta per schivarlo. La sua capacità d'apprendimento e di memoria erano eccezionali e l'impossibilità di arpionandolo, essendo costituito probabilmente da lega metallica, la metteva in svantaggio. Ma lei era ancora il burattinaio di quella scena.
Una ciocca di capelli di Octopus volò nella loro direzione e si avvolse intorno ai polsi di Automa, bloccandolo.
«Ehy, è sleale!» gridò Metamorphosis.
«Sei inutile, se nessuno può usarti, non è così?» chiese Nina, guardando la spada con uno strano scintillio negli occhi. La non risposta che giunse le bastò come conferma.
«Se nessuno può usarlo, hai detto bene» commentò una voce alla sua destra. Metamorphosis cambiò di nuovo aspetto, diventando un lanciafiamme e saltò tra le mani di uno degli uomini che Nina aveva creduto di tenere in trappola con Octopus. Era libero. Lanciò uno sguardo alla direzione dove li aveva incatenati e vide la punta di quei capelli ardere ancora, bruciati, dissipati e probabilmente proprio per questo si erano liberati.
"Fuoco?" si chiese chi di loro avesse quel Quirk, ma rimandò a dopo quella domanda. Se lui era libero, anche gli altri due dovevano esserlo e tra loro uno era veloce come un fulmine, l'altro ancora non sapeva cosa fosse in grado di fare. Chi dei tre aveva quel potere ardente?
«Proteggiti da questo se ci riesci!» gridò con eccitazione l'uomo che deteneva Metamorphosis, prima di sparare.
«Idiota» commentò Nina. La mira dell'uomo venne deviata dai suoi fili e l'ondata di fuoco raggiunse Automa, invece che lei.
«Ma cosa...?» balbettò lui, mentre Automa rantolava a terra dal dolore.
"Allora non è completamente un robot, se riesce a provare dolore" riflettè Nina, trovando così il suo primo punto debole.
«Non sei molto sveglio, tu, vero?» chiese Nina, rendendosi conto di come il suo nemico non avesse calcolato il fatto che lei avesse potuto arpionarlo e usarlo a suo vantaggio.
«Ma come ti permetti?» ringhiò l'uomo, ma Nina non l'ascoltò, catturata dallo stesso fruscio che aveva sentito poco prima. Il fruscio che annunciava l'avvicinarsi dell'uomo veloce. Si voltò, lanciando i fili nel vuoto, ampliando il raggio d'azione, ma senza successo. Un altro fruscio, si voltò di nuovo: stava giocando con lei, continuando a distrarla, per poi attaccarla di sorpresa da chissà dove. E c'era ancora l'altro in giro per la stanza, chissà nascosto dove, senza contare che anche il capo e l'uomo che teneva sott'occhio i ragazzi avrebbero potuto attaccarla da un momento a un altro. Era nei guai, doveva riuscire a risolvere la situazione il prima possibile o sarebbe passata in svantaggio.
«Neanche tu» la voce provenne dall'angolo dove avevano legato i ragazzini e, pallida in volto, Nina si voltò a guardarli. Iida era stretto tra le braccia del terzo uomo che aveva catturato e che si era liberato da quei capelli. La sua mano era rossastra, sfrigolava, emanava fumo e vapore: ecco chi dei tre deteneva quel potere ardente. Quell'uomo era in grado di aumentare la propria temperatura corporea fino a livelli esagerati, tanto da diventare rovente. La sua mano sfrigolante si avvicinò al viso di Iida, che tremando tentò di allontanarsi come poteva, bloccato in quella posizione.
Un altro fruscio alle sue spalle, ma lo ignorò, catturata da quella scena e questo permise al ninja di avere la sua chance di colpirla alle spalle.
«Adesso...» gracchiò Nina, senza muoversi. Le iridi tanto minuscole da risultare inumane, dentro quegli occhi spalancati a dismisura, avrebbe fatto tremare chiunque, i muscoli si tesero tanto che era quasi possibile vederli a occhio nudo nella loro contrazione. Il ninja scese su di lei con un ghigno soddisfatto e con il proprio pugnale disegnò un arco, colpendola in pieno.
Un crack inaspettato e la lama andò in frantumi, sotto gli occhi sorpresi del suo assalitore. Il filo protettivo che si era avvolta intorno si era fatto più spesso e più intrecciato permettendole di uscire indenne da quell'attacco e rompere la lama del pugnale.
«Adesso mi avete proprio rotto» fu un istante, ma il capo di quel gruppo lesse nei suoi occhi omicida il pericolo appena in tempo, urlando: «Automa!»
Uno strano rumore, come quello di un nastro adesivo che veniva tirato rapidamente. Metamorphosis cambiò nuovamente forma, direzionando verso di lei la propria canna, deformandosi, nonostante l'uomo che lo stringeva puntava ancora verso automa. Il colpo venne esploso e la fiammata raggiunse Nina, travolgendola in pieno. Nello stesso istante il resto degli uomini si irrigidì, lasciandosi sfuggire un rantolio e poi caddero a terra inermi. Gli unici che non subirono quella sorte furono Automa, Metamorphosis e il capo di quel gruppo che era stato protetto dal corpo del primo, lanciatosi appena in tempo per proteggerlo. Dal fumo del colpo di Metamorphosis emerse la figura di Nina, ancora in piedi, leggermente china da un lato, la testa penzoloni in avanti, il fiato corto e il corpo interamente ricoperto di bruciature. Le sue mani tremavano impazzite, dalla punta delle dita violacee gocciolava del sangue, segno dell'immenso sforzo che aveva compiuto. Ma il suo sguardo era quello di chi aveva intenzione di uccidere, senza arrendersi, ignorando il dolore fisico. Lo sguardo folle di uno psicopatico, tanto che i ragazzi stessi la guardarono con timore.
«Hai un simile potere» commentò il capo, emergendo da dietro Automa. «Hai lanciato i tuoi fili con tutta l'energia che avevi, superando ogni possibilità fisica, riempiendo l'intera stanza così che nessuno fosse potuto sfuggirti, tranne i ragazzini che hai accuratamente schivato. Hai superato il tuo limite e hai usato la massima energia che avevi per mandare in arresto cardiaco i miei compagni. Dovevo aspettarmelo, alla fine anche il cuore è un muscolo, bastava trovare il modo per accedervi. E laddove non hai trovato una via diretta, considerando che alla fine le tue sono scariche elettriche, bastava calibrare il voltaggio a una potenza tale da risultare una vera e propria folgorazione».
«Li ha uccisi?» sibilò Kirishima, pallido in volto.
«Esatto» scoppiò a ridere l'uomo, voltandosi a guardare il ragazzino con una follia agghiacciante negli occhi. «Ecco a voi, signori e signore, pronto per l'esibizione più spettacolare della storia: il burattinaio!» annunciò con l'entusiasmo di un presentatore, accompagnando il tutto con un inchino, e lasciò infine spazio solo alle sue risate.
Nina continuò a fissarlo con quel suo sguardo agghiacciante, immobile, incapace di muoversi. Ogni cosa faceva un male accecante e le sue mani erano ormai inutilizzabili, ma la rabbia non le aveva ancora abbandonato i muscoli.
«Avanti, Nina. Non puoi certo negarlo... quegli occhi appartengono più a noi che a loro. La tua follia non appartiene a questo mondo di finto perbenismo, questo mondo pieno di ingiustizie, dove chi si proclama eroe in passato si dilettava a prendersi gioco di una ragazzina solo perché inquietante. Come si chiamavano quei compagni? Sbaglio o c'era un certo Hiro a capo del gruppo? Adesso si fa chiamare Storm, lo sapevi? Scommetto che lo sapevi. Non ti sarai persa neanche uno degli articoli a lui dedicati, le interviste in cui si congratulavano per il suo eroismo. Eroismo!» quasi urlò quella parola, mosso da un'irrefrenabile ilarità. «Come può definirsi eroico colui che umiliava e sottometteva un'innocente ragazzina che non desiderava altro che vivere in pace? Dillo, dì che la pensi come me! Hiro era un bastardo, non ha niente di eroico nel cuore, eppure il mondo lo acclama. Ti rendi conto? Non è accettabile e tu lo capisci bene, ne sono certo! Sei come noi, Nina. Lo sei sempre stata... e per questo tua madre non ha scelto te».
«Ti piace davvero tanto parlare, non è così?» ringhiò Nina, interrompendo il suo monologo. Un brivido lungo la schiena dell'uomo e una bizzarra consapevolezza che si faceva strada dentro di lui: che avesse commesso un errore?
«C'è posto per un solo burattinaio a questo mondo» sibilò con un ghigno. Quell'uomo era stato per tutto il tempo in disparte, dirigendo i giochi in silenzio, programmando ogni singola azione dall'esterno, tendendo i fili di una trama che aveva portato esattamente dove voleva lui: indebolirla dall'interno, arpionarla come lei faceva con gli altri, renderla parte dei suoi giochi. L'aveva spinta a commettere l'estremo atto di uccidere e ora tramite quelle parole aveva cercato di manipolarla, di sottometterla, prenderne il controllo. Ma lei conosceva fin troppo bene quel gioco, lo faceva da quando era nata, nessuno avrebbe potuto usare su di lei la sua stessa tecnica perché al mondo esisteva un solo burattinaio.
«Non sei degno di questo palcoscenico» aggiunse lei, facendogli correre una gocciolina di sudore freddo lungo la schiena. Uno degli uomini stesi a terra emesse un verso e con uno scatto si voltò di lato, tossendo e vomitando saliva.
"Non li ha uccisi" constatò l'uomo, aumentando ancora di più il panico nel suo cuore. Aveva fallito, forse aveva sottovalutato l'avversario, ma era stato certo fin dall'inizio di essere in grado di raggiungere i suoi scopi. Ci era sempre riuscito, aveva imparato dalla migliore, era sveglio, intelligente e potente abbastanza da riuscirci. Non poteva aver fallito, eppure era così: Nina non solo non era caduta nella sua trama, ma l'aveva lei stesso intrappolato nella propria. L'ombra del burattinaio, da quella prospettiva, serrava la gola dalla paura.
«Conosci la mia storia, la storia della mia famiglia» osservò lei. «Imiti il mio modo di fare, credendoti degno, e probabilmente è qualcosa su cui hai lavorato molto visto l'attenzione posta ai particolari. Mi hai osservato e studiato a lungo, a quanto pare. Non mi importa niente di chi tu sia e da quanto tempo mi tieni d'occhio, per quanto mi riguarda potresti essere uno stalker come un altro, di fan fuori di testa ne ho a bizzeffe. Sei uno come un altro. E non sei alla mia altezza».
L'uomo cominciò a tremare, ormai scoperto, ormai caduta la sua maschera, si sentiva così frustrato, così arrabbiato. Tutto quel lavoro, tutto quello che aveva fatto fino a quel momento lei l'aveva distrutto con così poco. Come riusciva a essere così superiore? Come poteva una come lei decidere tutte le volte di restare dietro le quinte, permettendo a uno come All Might di prendersi tutto il merito. Come aveva potuto accettare di restare indietro, lei che ai suoi occhi era la cosa più enorme che avesse mai visto. E lui, che tanto aveva fatto per raggiungerla, per superarla, veniva ora schiacciato come un moscerino.
«Sei tu che non sei alla mia altezza!» gridò lui, furibondo, folle dalla rabbia. Allungò una mano verso Metamorphosis, che tornò a prendere le sembianze di un lanciafiamme, e saltò nelle sue mani. L'uomo si voltò di scatto verso Iida, uno sguardo folle a decretare il suo desiderio a spazzarlo via, quel palcoscenico. Se non riusciva a superarla, allora avrebbe distrutto ogni cosa. Senza marionette e senza palcoscenico anche il migliore burattinaio del mondo diventava un uomo inutile come un altro.
Avrebbe distrutto ogni cosa.
Un fremito nel cuore di Nina, il terrore di ciò che sarebbe accaduto, il dolore che le impediva di muoversi. Aveva usato tutta la sua forza in quell'ultimo attacco, le mani facevano così male da non riuscire a sentirle, non era in grado di muoversi né di lanciare fili.
Ma l'eco di quei fantasmi era così forte tra quelle mura.
Prenditi cura di l...
Urlò dal bisogno di trovare la forza o per il dolore che lo sforzo le recava. Non le interessava sapere a chi fosse rivolta quella preghiera, non le interessava sapere se quella elle lasciata in sospeso significasse lui, parlando a Machiko stessa, o lei, rivolta a Toshinori. Non le interessava, perché tutto ciò che contava era il prendersi cura... sempre, di chiunque.
Si lanciò su Iida, voltando le spalle al suo aggressore, e lo avvolse tra la braccia, spingedogli la testa contro la propria spalla, proteggendogli il volto usando il proprio corpo come scudo. Un abbraccio, delicato quanto deciso, che lo avvolse non solo nel corpo per proteggerlo dal colpo fisico, ma proteggeva la sua anima. Un abbraccio sicuro, che trasmetteva a gran voce la rassicurazione di un "non temere, perché ci sono qua io".
Era così avvolgente, che Iida non riuscì neanche ad aver paura. Aveva davvero la stessa potenza del sorriso di All Might, tanto che per un attimo si chiese chi dei due avesse insegnato all'altro come si faceva. Dubitando per un istante che il grande eroe non fosse il reale creatore e artefice di quella magnifica aura che era riuscito a costruirsi e che faceva così bene alla gente. Quel calore... era così puro.
Il calore delle fiamme l'avvolse e Iida potè sentirla lamentarsi per il dolore, piangere, ma con un filo di voce, impedendo al suo nemico di avere la soddisfazione di rendersi conto quanto fosse al limite. Se non fosse stato per i suoi fili sarebbero morti entrambi sicuramente, ma ancora una volta la tela del ragno aveva loro salvato la vita, anche se a caro prezzo delle ultime forze di Nina.
«Kaboom» mormorò lei, con un filo di voce, l'ultimo accenno di forza che aveva. Il sorriso sul volto, la sicurezza che anche in quella situazione i suoi fili avevano avuto la meglio. Lo show andava avanti secondo le sue previsioni.
«Muori!» l'urlo di Bakugou echeggiò nell'intera stanza un istante prima che uno dei suoi colpi esplodendo travolgesse l'uomo che stava sparando con Metamorphosis. Il getto del lanciafiamme cessò e l'uomo cadde a terra con un rantolo, facendo volare via Metamorphosis. Cercò di rialzarsi rapidamente, ma si trovò il palmo aperto del ragazzino puntato dritto in faccia, ancora fumante.
«Prova e battere anche solo le ciglia e ti faccio esplodere quel brutto muso che ti ritrovi» minacciò.
«Automa!» gridò l'uomo, furibondo, e il compagno non si fece chiamare due volte, scattando verso il ragazzino.
«Fermo dove sei, bellezza» una voce femminile, fresca e allegra, anticipò Automa che, sorpreso, deviò il colpo con un tale slancio che cadde a terra. Satsuki fece dei passi all'interno della stanza osservano uno schermo luminoso sul proprio avambraccio, continuava a premere tasti come impazzita, corrucciandosi. Di fronte a lei, Automa rispondeva a ogni click con movimenti incontrollati e quasi comici, sobbalzando, ribaltandosi, scalciando o tirandosi pugni da solo. Metamorphosis, scaraventato dall'altra parte della stanza, tornò umano e quatto nell'ombra cercò di correre verso la finestra.
Heikichi, sulla soglia della porta, volse a lui lo sguardo. Una fonte di calore, un movimento, era uno stupido essere umano che tentava la fuga e anche se nascosto dall'ombra e dalle macerie era più che visibile ai suoi occhi.
«Lady Bug» chiamò al suo fianco e Akane sorrise, prima di esclamare: «Visto!» piegò leggermente le gambe, prima di spiccare un salto tanto lungo da riuscire ad arrivare dall'altro lato della sala, il salto di una cavalletta di dimensioni umane. Gli atterrò addosso e lo sbattè a terra, puntandogli alla gola un pungiglione che sporgeva dal polso. La forza di uno scarabeo, le capacità di salto di una cavaletta, la silenziosità di volo di una farfalla e il veleno di un ape che le scorreva nelle vene: aveva dentro sé tutte le qualità che il mondo degli insetti poteva offrirle ed era sufficiente a renderla una degli eroi più temuti di tutta Tokyo. Di contro c'era che non appena le temperature calavano leggermente lei perdeva tutti i suoi poteri, come se gli insetti che dentro lei le davano la forza morissero, ed era estremamente sensibile agli odori. «Hai mai provato com'è essere punto da un'ape di dimensioni umane? Se ci tieni posso mostrartelo» disse lievemente minacciosa, convincendo l'uomo a restare steso a terra.
«Midoriya! Todoroki! Siete salvi!» osservò Tokoyami, guardando con sollievo i due compagni alle spalle di Spectrum. Insieme a loro c'erano anche Uraraka, Yaoyorozu e Ashido, che dopo aver incontrato i tre eroi arrivati allarmati dalla chiamata di Nina li avevano accompagnati nel luogo dove Iida aveva continuato a mandare il segnale GPS. Per strada si erano imbattuti in Bakugou, intento a combattere da solo un gruppo di uomini che sembravano ben intenzionato a intralciargli la strada, e insieme avevano infine raggiunto Nina. Nina che ancora restava immobile, le braccia inermi intorno al collo di Iida, la testa oltre la sua spalla e l'intero corpo appoggiato al suo, ormai inerme.
«Nina! Nina, rispondi! Aiutatemi! Non si muove, aiutatemi!» la chiamò Iida, allarmato, non potendo fare altro se non sostenere il suo peso per evitare che cadesse a terra, avendo ancora mani e piedi legati. Spectrum corse verso di loro e afferrò l'amica, sorreggendola e osservando il suo volto. L'espressione rilassata, che non sembrava affatto quella di chi aveva combattuto una lotta sfiancante, ma gli occhi chiusi e il respiro quasi impercettibile. Iida strinse i denti e non riuscì a trattenere le lacrime che presero a rigargli il viso, stritolato dai sensi di colpa legati forse non solo a ciò che era appena successo, ma anche al fatto che non avesse mai avuto fiducia in lei. Era stato ingiusto, solo perché spaventato dal suo potere, l'aveva trattata esattamente come quell'Hiro di cui aveva parlato poco prima l'uomo a terra. Il ragazzo che si proclamava eroe, ma poi la disprezzava e la combatteva senza che lei avesse mai fatto niente per meritarsi un simile odio, se non essere incompresa. Era terrificante, ma si era comportata come nessun'altro avrebbe fatto. E nonostante lui l'avesse disprezzata a tal punto, lei si era quasi fatta uccidere per quelle che considerava le sue "marionette migliori". Si era quasi fatta uccidere per salvarlo, non facendosi mancare niente dell'eroe che era in realtà anche se nessuno continuava a crederle.
«Sta bene» disse Spectrum riuscendo a scorgere il calore del suo respiro, il calore nel petto derivante dalle pulsazioni del cuore, regolari. «Ha solo perso conoscenza, ma è viva. Non struggerti» disse Spectrum, consolando il ragazzino in lacrime.
«Accipicchia se sei complicato» sospirò Satsuki, ancora impegnata a giocare con Automa, grattandosi la testa confusa. «Probabilmente dev'essere perché non ho mai manipolato un automa prima d'ora, sei incredibilmente affascinante! Ma tranquillo che nessuna macchina è incomprensibile per TechnoGirl, presto conoscerò ogni tuo singolo bit. Mi chiedo che razza di Quirk ti abbia ridotto a queste condizioni».
«Solo un'incredibile intelligenza legata all'ambizione dell'immortalità» spiegò l'uomo a terra, sotto il tiro di Bakugou. Il volto rassegnato, di chi ormai sa di aver perso, non avrebbe più lottato, perciò non gli restava che scoprire le sue carte in tavola, lasciando la scena nel migliore dei modi che conosceva. Il modo che Nina gli aveva insegnato: dando spettacolo, prendendosi la sua scena, nella speranza che almeno qualcuno all'interno della sala avesse potuto applaudirlo alla fine dell'opera.
«Si è costruito da solo quel corpo, impiantando il proprio cervello e la propria coscienza al suo interno, prima era solo un uomo come un altro in grado di calcoli matematici folli».
«Da brivido!» esclamò Satsuki, impallidendo.
Un sorriso adornò il volto dell'uomo steso da Bakugou e l'espressione si fece rilassata, prima di sospirare affranto: «Non mi ha nemmeno chiesto come mi chiamo e quale Quirk io abbia. Nina, grandissima Nina, mia adorata Nina, neanche immagini quanto ti abbia amata fin dal primo giorno del nostro incontro, quando mi salvasti da quell'incidente sul ponte. Tu probabilmente neanche ti ricordi di quel bambino dagli occhiali spaccati che ti guardava ammaliato mentre combattevi contro quel gruppo di criminali usando una sola mano, mentre con l'altra mi tenevi tra le tue braccia».
«Wow, una dichiarazione d'amore coi fiocchi» osservò Satsuki, alzando un sopracciglio derisorio per l'incredibile melodrammaticità di quelle parole. «Se fosse stata sveglia ti avrebbe firmato un autografo».
«Scusami, Romeo innamorato, spiegami perché diamine hai provato a ucciderla allora? Hai qualche rotella fuori posto?» chiese Akane, dall'altra parte della stanza, tenendo ancora in pugno Metamorphosis. L'espressione dell'uomo mutò, trasformandosi in una colma d'ira. «Non volevo ucciderla!» urlò. «È lei che si è buttata in mezzo! Io la volevo solo con me! Volevo che capisse e si unisse alla mia battaglia! Perché è quello che merita! Stupida! Stupida che non capisce la sua superiorità! Quel giorno mi salvò la vita, sconfisse parte dei criminali con una capacità sorprendente e un'espressione fantastica sul volto. Cominciai a desiderare ardentemente di diventare come lei, volevo essere così eccezionale, ma poi è arrivato All Might!» pronunciò quel nome con un ringhio. «Ha concluso il lavoro che lei aveva già svolto brillantemente e si è preso tutta la gloria! Falso, bugiardo e vile! E lei» un singhiozzo, un rantolio, qualsiasi verso fosse gli uccise le parole in gola e dovette prendere fiato per riuscire a concludere la frase, cominciando a graffiare il pavimento dalla rabbia. «Lei si è fatta da parte. Con quel suo sorriso soddisfatto, come se avesse vinto lei, si è fatta da parte e lo guardava prendersi il successo! Il SUO successo! Perché? Perché sei così ottusa? Così stupida! Perché guardavi lui e non hai degnato me di uno sguardo! Non mi hai nemmeno chiesto il mio nome, mentre per un lurido stronzo come lui eri disposta a rinunciare a tutto. Non è al tuo livello eppure brillavi per lui! Cos'ha che io non sono riuscito ad avere! Cosa?!» gridò furioso, sempre più agitato, sempre più folle, e con sorpresa fu Bakugou a rispondergli con una calma tanto innaturale da colpire nel profondo: «Tu non sei in grado di spezzare i suoi fili».
Era tanto ovvio che non meritava nemmeno l'energia nel dirglielo, non c'era niente da spiegare, niente da aggiungere, il motivo era quello, semplice ed evidente. Solo chi dimostrava di essere in grado di contrastarla, salendo sopra il palcoscenico, raggiungendola, soprassandola, solo chi riusciva a non farla sentire sola e maledetta meritava la sua ammirazione.
Il respiro dell'uomo di fece sempre più serrato e con gran fatica riuscì a chiedere con voce roca: «Tu si?»
Chi era quel ragazzino che la conosceva a tal punto? Chi era quel ragazzino che aveva la risposta a una domanda che lui per anni si era posto, quel ragazzino meritevole di un tale onore.
«Io sì» disse Bakugou con sicurezza. Ci stava ancora lavorando, ma non era quello l'importante. L'importante era che ne fosse in grado, Nina lo sapeva che lui poteva riuscirci e ciò bastava. L'allenamento l'avrebbe reso in grado di realizzarlo, ma ciò che importava era che lui avesse la capacità, che lui avesse alzato lo sguardo, l'avesse fissata sopra il suo palcoscenico e privo di paura avesse cominciato a scalarlo per raggiungerla. L'aveva fatto il primo giorno, quando era stato il primo a offrirsi volontario ed era riuscito subito a comprenderla senza usare i trucchetti di Midoriya, semplicemente osservandola aveva compreso ogni cosa anche se non la conosceva. Lui era degno, ecco tutto.
«Capisco» sospirò l'uomo a terra, tremando probabilmente nella fatica di trattenere qualche lacrima amara. «E così ha scelto te».
Tanti anni a rincorrerla, ad affinare la sua tecnica, a migliorarsi e imparare ad essere esattamente come lei, osservando e seguendola anche negli anni in cui aveva lasciato il suo lavoro di eroina per concentrarsi su quello di cantante. Anni di ossessione e di duro lavoro e poi un moccioso con ancora il pannolone lo superava con tale facilità, prendendo il suo posto, diventando il suo prediletto e nuova stella da osservare dal lato strada. Tanto duro lavoro, un'intera vita dedicata solo a lei, mandandole lettere a cui non sempre rispondeva, email, seguendola in tournée, pagando qualsiasi prezzo per incontrarla nel backstage, lottando contro centinaia di persone per riuscire anche solo a stringerle la mano, pregandola di renderlo quel burattino prediletto a cui lasciare la scena ed osservare mentre la folla lo acclamava... e uno stupido ragazzino che neanche sapeva chi era, probabilmente, in pochi giorni aveva ottenuto quello che lui aveva sempre desiderato. Così poco. Così frustrante. Ma se l'avesse superato, allora magari lei...
Allungò una mano improvvisa verso il collo del ragazzino, uno sguardo folle, omicida, e la chiara intenzione di usare il suo Quirk, qualunque esso fosse, per distruggerlo. Se fosse fosse morto, se lui l'avesse ucciso, avrebbe dimostrato a Nina di essere migliore... e anche se non l'avesse fatto, almeno avrebbe tolto di mezzo chi gli aveva calpestato in quel modo l'intera esistenza. Bakugou indietreggiò con la testa, ma riuscì comunque a vederla quella mano che lo raggiungeva, che lo sfiorava e inutile fu il colpo che fece partire dal suo palmo. La sua furia era tale da dare al braccio il giusto slancio a raggiungerlo ugualmente. Ma la mano non raggiunse mai il ragazzino, deviò, lo sfiorò e tornando indietro rimase bloccata a pochi centimetri dal proprio volto ustionato dall'esplosione di Bakugou. Digrignò i denti, ma sorrise quasi compiaciuto: «Dunque è questa la sensazione che si prova. È così disarmante e terrificante, anche meglio di come l'avevo immaginata» e una risata, mista al dolore, gli gracchiò la gola.
«Psicopatico» gli disse Nina, osservando l'uomo da oltre il braccio di Spectrum che ancora la sorreggeva. Un occhio ancora chiuso, l'altro aperto a malapena, il braccio disteso a terra ma il dito, l'unico che fosse stata in grado di muovere, ben puntato a lui e al suo braccio ora bloccato. Si era svegliata appena in tempo e aveva usato quel filo di energie che gli erano rimaste per salvare Bakugou, deviando il colpo dell'uomo.
«Non ho idea di cosa tu abbia voluto fare con quella schifosa mano, ma non ti permetto neanche di sfiorare la mia marionetta migliore. Potresti insozzarla proprio prima del suo grande esordio, sarebbe terribile» sospirò, cercando di riacquistare le forze.
«Machiko!» urlò Satsuki, correndo verso Spectrum e inginocchiandosi per raggiungere l'amica. «Come ti senti?»
«Fresca e riposata! Questa vacanza mi ci voleva proprio per riprendermi dalla fatica del lavoro» ironizzò, allungando verso di lei una mano tremante. Satsuki l'afferrò e l'aiutò ad alzarsi, portandosi il braccio dell'amica intorno al collo. Heikichi, dall'altro lato fece altrettanto ed insieme la tennero in piedi.
«Legate quel pazzo, prima che possa decidere di togliersi la vita per attirare la mia attenzione» disse Nina.
«La tengo io, pensaci tu» disse Heikichi a Satsuki, che annuì e lasciò Nina sorretta solo dall'uomo. Corse da Yaoyorozu e si fece aiutare dal suo Quirk per creare lacci e catene abbastanza resistenti da usare per legare i criminali che giacevano ormai sconfitti. Heikichi accompagnò Nina vicino a una sporgenza nel muro e l'aiutò a sedersi, per rimettersi in forze, mentre aspettava che Satsuki terminasse di legare tutti.
«Siete riusciti a trovarlo» osservò Nina, guardando Midoriya ancora fermo sulla porta che si agitava e chiedeva come avesse potuto aiutare.
«Non è stato difficile, c'erano un gruppo di uomini a tenerli sotto sorveglianza ma nessuno di loro meritava l'allarme di terzo livello».
«Nessuno...» rifletté lei, cercando di rimettere insieme i pezzi. «Vorrei chiederti scusa per averti allarmato tanto, ma sinceramente non ci riesco. Se non foste arrivati in tempo non so se ce l'avrei fatta a portarli in salvo».
«Va bene così, erano in molti e avevi bisogno di aiuto. Indipendentemente dalla gravità della situazione, dovevamo venire. Dimmi solo una cosa... con allarme di terzo livello intendevi davvero lui? Credevo fosse morto».
«Lo credevo anche io, ma pare che non lo sia» sospirò Nina, cercando di sgranchire la schiena dolorante. Ogni cosa faceva un gran male, era ridotta a uno straccio, ci avrebbe messo mesi a guarire del tutto e Drew le avrebbe rotto le palle per tutta la vita. Ma almeno i ragazzini erano salvi e lei era riuscita ancora una volta a gestire quel difficile palcoscenico.
«Quello psicopatico conosce la mia storia e probabilmente sa di One For All, per questo ha preso Midoriya» disse guardando l'uomo ancora steso a terra, ormai sotto shock e ancora intento a ridere come un folle.
«Che c'entra Midoriya con One For All?» chiese Heikichi, strabuzzando gli occhi.
«Me lo chiedo anche io, ma pare che Toshinori abbia visto del potenziale in lui» sospirò Nina affranta. «Bah» commentò infine.
«È l'erede?» chiese Heikichi, sconvolto.
«Già. Probabilmente quel folle lo sapeva, mi inquieta sapere di essere stata stalkerata a tal punto. L'ha catturato per allarmarmi e costringermi a venire qui di corsa. Sicuramente sa di questo posto, di mia madre, e ha cercato di fare leva sulla mia suscettibilità. Mi dispiace, mi sono fatta influenzare» confessò, ammettendo di aver forse esagerato.
Ma qualcosa ancora non era chiaro... "Perché Nomu?"
Era una macchina di All For One, su quello non poteva pioverci. Aveva tutte le caratteristiche che portavano a lui e al suo Quirk, la sua capacità di rubare e impiantare poteri negli altri, costringendoli a diventare poi amebe incapaci di ragionare per l'eccessiva sollecitazione. Le analisi portavano a lui, Nomu era una creazione di All For One in tutto e per tutto e Bakugou aveva confermato che lo fosse. Che fosse stato un caso? O magari un misero aiuto mandato da All For One alla causa persa di un pazzo senza speranza? Forse sapeva che chi voleva attaccare fosse proprio lei, la stessa Machiko che aveva usato come ostaggio anni addietro per attirare e uccidere Nana.
Le coincidenze erano troppe, ma ancora accettabili, soprattutto vista la facilità con cui ne erano usciti, senza neanche aver bisogno di All Might.
"Perché Nomu?"
«Siamo pronti, andiamo» annunciò Satsuki, avvicinandosi alla porta con appresso i prigionieri, compresi quelli privi di coscienza, stesi in un carretto creato sempre abilmente dalla piccola Yaoyorozu. Nina si allungò per cingere il collo di Heikichi e aiutarsi così ad alzarsi e camminare dietro di loro, ma fu in quell'istante che lo vide. Il sorriso sul volto dell'uomo psicopatico era cambiato. Era cambiato così drasticamente da far venire i brividi: somigliava così tanto al suo.
«No» mormorò nell'istante in cui tutto fu più chiaro. Era una trappola, era tutta una trappola fin dall'inizio per riunirne il più possibile in un unico punto e rendere lei più inoffensiva. Nomu non era stato un caso.
«Satsuki! Via di là!» gridò troppo tardi, nell'istante in cui un altro Nomu sfondò il muro e li travolse. Le macerie volarono ovunque, la stessa Satsuki, insieme a Yaoyorozu e Uraraka al suo fianco vennero scaraventate via, gli altri ragazzini vennero coinvolti dai colpi delle macerie, dall'intensità della forza che Nomu aveva usato per entrare, facendoli cadere e volare in giro. Nina si portò una mano al viso, proteggendosi dalla polvere e dai calcinacci e indietreggiò insieme a Heikichi.
Un uomo minuto entrò dietro l'essere gigantesco, vestito di una semplice tuta e il corpo ricoperto di mani che lo stringevano. Una in particolare, posta sulla faccia, impediva di scorgerne il viso, di riconoscerlo, rendendolo un perfetto qualunque vestito di mani e un paio di tubi che chissà a cosa servivano.
«È permesso?» ridacchiò con la sua voce roca e disarmonica come il suono di un violino discordato. Rise, per quanto la sua apatia gli consentisse, e con un inquietante divertimento chiese: «Possiamo unirci alla festa?»


I want to hide the truth
I want to shelter you
But with the beast inside
There's nowhere we can hide
No matter what we breed
We still are made of greed
This is my kingdom come
When you feel my heat
Look into my eyes
It's where my demons hide

Puppeteer || All Might X OC || Toshinori YagiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora