IV

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Mi prese sotto braccio reggendosi al mio bicipite, che tastò.
"Fai palestra Jungkook?" prima che potessi rispondere mi anticipò lui con un "probabilmente si", poi iniziò a camminare risolutamente, come se il mio sostegno gli avesse donato molta più sicurezza.

"Vorrei mi portassi qui" con la mano non occupata prese un piccolo fogliettino accartocciato dalla tasca dei jeans e me lo porse.
"Mia madre ha scritto l'indirizzo dicendo di darlo a qualcuno che potesse accompagnarmi" presi il fogliettino e scrissi sulla sua mano.

"Va bene"






In una decina di minuti arrivammo davanti un grosso palazzo di almeno 10 piani, grigio e dall'aria un po' tetra.
"Siamo arrivati?" mi chiese dopo essermi fermato per confermare che non mi stessi sbagliando.
Entrammo dentro e rimasi sorpreso nel notare come l'interno non rispecchiasse per nulla l'esterno: la hall aveva un grande tappeto rosso con dei ricami d'oro, mentre sui divanetti posti ambo i lati c'erano alcune riviste per bambini, grossi peluche e tanti, tanti stickers sui muri giallo limone.

Mi aveva forse portato in un asilo?


"Mamma mi ha detto di entrare nella stanza con una porta blu".

"È al terzo piano, seconda porta a destra" rispose una donna dietro il bancone della reception, chinando leggermente il capo in avanti.
Jimin mi anticipò ringraziandola, salimmo in ascensore ed entrammo nella stanza dove trovammo riuniti in cerchio due ragazzi, alcuni anziani e persino una ragazzina che non sembrava più di 12 anni.
Dopo alcuni secondi impiegati ad esaminare la circostanza di quell'incontro così improvviso ci venne incontro una piccola signora dal caschetto nero e occhiali piccoli e tondi che teneva in mano un taccuino e una penna con delle piume colorate all'estremità.

"Benvenuti ragazzi! I vostri nomi?
"Jimin"
"Il tuo?" mi indicò con la penna.
"Ah... lui è Jungkook, è muto"
Mi girai sorpreso dal modo in cui Jimin annunciò avventatamente la mia condizione, non mi piaceva molto quando la gente veniva a sapere della mia situazione perché non volevo sentirmi trattato diversamente, la signora però non si scompose, tanto che si spostò invece per farci passare e ci indicò dei posti liberi.

"Prego, prendete posto, stiamo per iniziare"

Aiutai Jimin a sedersi per poi seguirlo accanto lui, afferrandogli la mano in caso avessi dovuto dire qualcosa alle persone davanti a noi. Sentivo lo sguardo di tutti su di me e non mi piacque per nulla perché il cuore mi prese a battere velocemente, sentii l'ansia salirmi rapidamente dallo stomaco alla gola che come al solito mi si seccò e non mi accorsi neanche di star facendo male alla mano di Jimin che stavo stringendo troppo forte.
Jimin mi fece cenno di avvicinarsi al suo viso e così feci, per poi sussurrarmi nell'orecchio.
"Anche io ho paura di parlare davanti tutte queste persone, facciamoci forza a vicenda, va bene?"
Annuii a me stesso mentre iniziai a studiare le persone che si trovavano di fronte a noi. Il loro brusio cessò quasi immediatamente dopo che la signora di poco prima batté le mani due volte, richiamando l'attenzione di tutti.

"Benvenuti a questo primo incontro, spero vi sentiate a vostro agio. Voglio assicurarvi che qualsiasi cosa voi possiate dire resterà rigorosamente solo e solamente in questa stanza, quindi siate liberi di esprimere i vostri sentimenti senza trattenervi"

Un ragazzo dai capelli grigi alzò la mano.

"Non ho idea di cosa sia questa pagliacciata perché sono stato trascinato qui con la forza quindi vorrei sapere in che cosa consiste" incrociò le braccia e sbuffò, evidentemente infastidito dalla situazione.

"Bene!"  la signora seppe tenere il sorriso senza scomporsi. "Ci troviamo in un gruppo di persone comuni che hanno deciso di venire qui per parlare dei propri problemi ed eventualmente cercare una soluzione... e se non si trova anche solo e semplicemente per sfogarsi un po', non crede anche lei sia utile ogni tanto all'animo delle persone?"
"Come vi pare..." borbottò sconfitto.

A turno ognuno di loro si presentò con nome, cognome, età e parlando un po' di come mai si trovassero in situazioni difficili nella loro vita: parlò il ragazzo dai capelli grigi (il cui nome mi pare fosse Min Yoongi) che venne cacciato di casa per problemi legati alla droga, un certo Kim Namjoon che invece si trovava lì per parlare di come la sua depressione lo avesse allontanato dalla sua ragazza e dalla scuola, un anziano che quasi non si mise a piangere quando ammise di avere un cancro all'ultimo stadio, la ragazzina dodicenne che si rivelò in realtà maggiorenne soffriva di una rara forma di nanismo che oltre al disagio legato all'aspetto fisico le recava non pochi danni alla respirazione, alla schiena e al cuore. 

Trovarmi in mezzo a tutta quella gente con seri problemi mi fece sentire fuori posto, non mi sentivo alla pari di tutti quei VERI problemi perché consideravo la mia condizione solo un capriccio del mio corpo, nella mia mente risuonavano le voci che a scuola spargevano su di me, quelle che mi davano del bugiardo o dell'attention seeker.
Quando toccò a Jimin lo avvisai toccandogli la gamba.

"Uhm si, mi chiamo Park Jimin, ho 22 anni e come potete ben notare dagli occhiali da sole, sono cieco" fece un respiro profondo cercando conforto fra mie mani che strinsero le sue per l'ennesima volta in quella giornata che sembrava non finire mai, per poi lasciarsi andare.

𝒐𝒄𝒆𝒂𝒏 𝒆𝒚𝒆𝒔 - jikook.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora