24. L'avresti fatto?

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Trascorsero dieci minuti durante i quali né io né David dicemmo una sola parola. Rimanemmo zitti, seduti ai due poli opposti della scrivania. La copertina del manuale di diritto costituzionale di fronte a me si era trasformata, tutto a un tratto, nella cosa più attraente in quella stanza.

Avrei dovuto aspettarmi che la situazione si sarebbe presentata tesa, considerando che era passato un solo giorno da quando... Solo non pensavo così tanto.

Forse era arrivato il momento di togliere il disturbo. «Be', ora io... ora vado.» Mi alzai dalla sedia e feci per dirigermi verso la porta del dormitorio, ma lui mi si parò davanti con uno scatto fulmineo: «Scordatelo. Ti ammalerai stando così, sei bagnata fradicia dalla testa ai piedi».

«Fa niente. Non vedo alternative. Al massimo mi prenderò un'aspirina quando arrivo a casa.»

David scosse la testa, irremovibile. Poi si grattò il capo, come se stesse pensando a una soluzione. «Facciamo così: ti fai una doccia e metti i tuoi vestiti sul calorifero. Resterai qui mentre aspettiamo che si asciughino.»

«No, non...»

«Non ti lascio andare via in queste condizioni» mi interruppe. «E poi ti farà bene una doccia, ti aiuterà a riprenderti.»

Indugiai qualche istante, e infine accettai, sebbene la cosa mi imbarazzasse non poco.

Entrai nel bagno e chiusi la porta a chiave. Poi cominciai a spogliarmi e ad appoggiare i vari strati di vestiti che mi toglievo sul calorifero sotto la finestra. Una volta che mi fui tolta tutti i vestiti, mi accorsi di avere la pelle d'oca lungo tutto il corpo. E dai miei capelli grondavano delle goccioline gelide che, a contatto con la mia schiena nuda, mi procuravano altri brividi. David aveva ragione, avrei rischiato di ammalarmi se fossi uscita in quelle condizioni.

Entrai in doccia e cominciai a far scorrere l'acqua. Non appena venni a contatto con il calore che emanava, iniziai a sentirmi meglio. David aveva ragione anche su quel punto: una doccia calda e rilassante mi avrebbe aiutato a scaricare la tensione.

Spensi l'acqua e afferrai il flacone di shampoo, cominciando a insaponarmi la testa. In quel momento sentii delle voci provenire dall'altra stanza. Una era di David, mentre l'altra doveva essere del suo compagno di stanza. Parlavano a voce piuttosto bassa, quindi anche sforzandomi non riuscii a sentire la maggioranza delle parole del loro discorso. O almeno finché la voce dell'altro ragazzo non si fece più alta e vicina: «Vado a pisciare!» esclamò, e ringraziai il Cielo di essermi chiusa a chiave. Infatti, non appena provò ad aprire la porta, questa fece resistenza.

Anche la voce di David si fece vicina. «No, non entrare! C'è Megan lì dentro.»

Avevo sentito bene? Gli aveva fatto il mio nome?

«Intendi quella Megan? David, in che cosa ti stai...»

Si interruppe prima di finire la frase. Ripresero a parlare sottovoce e dopo pochi secondi sentii la porta sbattersi, segnale che se n'era andato.

Ma che cosa si erano detti? E che sapeva quel ragazzo su di me?

Tentai di togliermi quelle domande dalla testa e feci scorrere nuovamente l'acqua, per lavarmi via lo shampoo dai capelli.

Dopo essermi lavata via anche il bagnoschiuma uscii dalla doccia, appoggiando i piedi bagnati su un tappetino steso a terra. Poi cominciai a guardarmi intorno, alla ricerca di un accappatoio in cui avvolgermi, ma non lo trovai. «D-David!» lo chiamai, ancora imbarazzata all'idea di trovarmi nuda nel suo bagno.

«Sì? C'è qualcosa che non va?» chiese allarmato.

«Non c'è... l'accappatoio» risposi, iniziando tra l'altro ad avere di nuovo freddo.

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