15. Escape

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Per tutta la notte, Abigail non poté fare a meno di avere incubi che la assillavano nel sonno. Era troppo spaventata dalla vita reale per poter dormire sonni tranquilli. Purtroppo però i suoi incubi non erano da meno.

Questa volta era rimasta intrappolata in una boscaglia piena di erbacce appuntite che la ferivano le mani e le gambe bianche e, una volta, lisce. Il sangue sgorgava da vari punti della pelle tagliata e ormai la ragazza faticava ad avanzare. I capelli biondi scompigliati e la gonna del vestito ormai praticamente inesistente non rendevano il tutto più facile. Non sarebbe mai riuscita a fuggire dal l'immensa e oscura reggia dietro di lei, dove erano state depositate le sue sofferenze in tutti gli anni passati. Il costosissimo vestito indossato da Abigail era ormai rovinato. Ma a lei poco importava. Doveva riuscire a fuggire dalle guardie e da Zayn che la cercavano per tutta la corte. Avrebbe continuato a lottare fino a quando almeno un muscolo del suo corpo le avrebbe permesso dei movimenti, finché i polmoni inalavano aria, finché il cuore batteva gli ultimi battiti, finché dentro di lei la sua anima sarebbe rimasta la stessa casta e pura di sempre. Non era intenzionata a lasciarsi andare. Dopo tutti questi anni, era sempre rimasta la stessa ragazza determinata e coraggiosa.

Strisciò ancora di pochi metri in avanti, quando sentì delle voci che urlavano.

«Voi andate di la, io e Lord Tristan andremo da questa parte.» Riconobbe la voce autoritaria di Jasper che dava ordini a quelle che dovevano essere guardie. Per fortuna Abigail riuscì ad intuire che erano ancora abbastanza lontane, ma non ci avrebbero messo molto a trovarla.

Ormai era vicina alla muraglia costruita negli ultimi anni. Abigail iniziò a pensare che il muro fosse stato fatto costruire da Zayn proprio per tenerla chiusa dentro e impedire che in un qualsiasi modo potesse darsi alla fuga. Ma la ragazza voleva proprio dimostragli che contro la sua determinazione quel muro non valeva nulla. Ancora non sapeva come oltrepassarlo, ma avrebbe trovato una soluzione presto.

Trascinò il suo debolissimo corpo avanti ancora per poco, fino a quando sentì che le sue braccia non potevano continuare ad andare avanti così. Non avrebbe voluto fermarsi lì, ma il suo corpo non era d'accordo con lei. Aveva deluso tutti. I suoi genitori, che l'avevano sempre tenuta protetta dal male del mondo e lei non li aveva ascoltati. William, che non sapeva dove era ne se era ancora vivo, ma lo sperava dal profondo. Dopo tutte la sofferenze subite da lui, era il minimo che potesse accadergli di buono. Lord Tristan, che l'aveva sempre aiutata e sostenuta nella sua permanenza a palazzo, dandogli anche la forza e la speranza per fuggire. Lord Marius, con il suo cuore d'oro e che, malgrado fosse fermo e gelido da millenni, trasmettesse ancora calore.

Tutte queste perone che in tutti i suoi anni di sofferenza l'avevano sostenuta e aiutata erano state deluse da lei in così poco tempo che neanche la giovane riuscì a rendersene conto. Si accasciò a terra stringendo le gambe sanguinanti e fredde al suo busto che ormai emanava pochissimo calore e pochissimi battiti. In pochi minuti si ricordò dei momenti più belli della sua vita. Una sequenza di immagini ben chiare e definite.

La prima volta che incontrò William, il primo giorno d'asilo. Le saltò subito all'occhio la furbizia che nascondeva negli occhi e le sue dolcissime e paffute guance rosse da bambino. Avevano parecchie cose in comune, soprattutto la passione per le caramelle gommose.

Un giorno di pioggia, quando sua sorella e lei giocavano a prendere il té con le bambole. Poi la loro madre entrò nella camera ricordando ad entrambe che dovevano prepararsi per l'arrivo della famiglia Black per una cena.

Quando William le dichiarò il suo amore in un giorno in cui la portò al mare, ed altri ricordi simili...

Poi, dopo i brevi ma profondi ricordi, un rumore vicino a lei la fece tornare a quella che nell'incubo era la cruda realtà.

Era debole e indifesa, perciò si concesse alcuni minuti per dare un addio al mondo che le aveva procurato tanta felicità, ma anche tanto dolore.

Addio a mamma e papà, ad Elisabeth e William...

Ai suoi nonni che non aveva mai conosciuto, ma erano sempre presenti quelle poche volte che sognava...

Addio ai Lord conosciuti a palazzo, senza di loro non sarebbe di certo arrivata fin li, poteva considerarlo un traguardo...

Addio anche a Zayn, che malgrado per lei sia stato un assassino, sa di aver imparato qualcosa...

Addio...

La ragazza si lasciò cadere senza forse le sonno dell'eternità, stremata per aver combattuto una guerra, che non aveva mai potuto vivere...

~

Abigail si tirò su dal letto con uno scatto spaventoso, in preda agli spasmi per l'incubo e per il continuo rumore che batteva da ormai dei minuti. Appena fu cosciente, si rese conto che si trattava della porta che bussava. Cercò di sistemarsi un po' i capelli spettinati e sudati e poi rispose con un flebile 'Avanti'. La voce si spezzò a metà della parola, per la poca forza nella gola dopo il suo duro risveglio.

Appena la porta si aprì, Abigail non si aspettò di trovarsi davanti Zayn con in mano un vassoio stracolmo di cibo.

«Hey.» Salutò anche quest'ultimo con poca voce.

«Ciao.» Abigail si schiarì la voce prima di parlare e sforzò le sue labbra ad assumere una forma da sorriso falso per non dispiacere il re, ma non riuscì nell'intento.

«Ti ho portato la colazione, ho pensato avessi fame dopo la serata di ieri sera.» La voce di Zayn era dolce e rassicurante ed Abigail sarebbe anche riuscita a contraccambiare se non avesse conosciuto il vero lui.

«Grazie.» Il vampiro appoggiò il vassoio su un comodino accanto al letto, dove era seduta la giovane Jackson e si sedette accanto a lei, sospirando. Abigail prese una mela dal vassoio e, insicura, la addentò cominciando a rosicchiarla.

«Mi-mi spiace per ieri sera, Abby.» Parlò Zayn rompendo il silenzio che si era creato. Abigail si irrigidì e strinse la mela tra le sue mani.

«Solo gli amici possono chiamarmi Abby.» La voce fredda più del ghiaccio metteva paura pronunciata da una ragazza sempre felice e dolce come lei.

«Io non lo sono?» Il tono di Zayn aveva un velo di delusione, ma Abigail si convinse che in realtà era tutta falsità.

«No.» Pronunciò la parole e per pochi secondi tacque. «Non mi hai ancora detto cosa vuoi da me.» Insistette la giovane.

Zayn non disse la verità, ovvero che era innamorato perso di lei, ma mentì perché le parole precedentemente pronunciate da Abigail lo avevano deluso e ferito.

«Vuoi davvero saperlo?! D'accordo, sarai il mio giocattolo personale!» Esclamò autoritario e fiero di poterselo permettere.

«Il tuo cosa?» Chiese confusa la ragazza.

«Ah bene! Oltre che sfacciata sei anche sorda! Sarai il mio giocattolo, quello su cui sfogare la mia rabbia e quello che soddisferà ogni mio piacere.» Abigail raggelò alla pronuncia di quelle parole.

«No! Scordatelo!» Affermò convinta e coraggiosa. Ma Zayn fu velocissimo nel raggiungerla e schiacciarla contro la parete fredda. Le sue mani arrivarono sotto la camicia da notte e iniziarono a disegnare cerchi immaginari sulle sue cosce cremose. Abigail non era mai stata toccata così da nessuno, nemmeno da William. Il suo corpo vergine era inviolato.

«Forse non ti è chiaro il concetto.» Alitò contro il suo collo e lasciò dei piccoli baci su di esso. «Qui comando io, non tu. Perciò dovrai fare esattamente ciò che ti dirò, altrimenti sarà peggio per te. Ora hai capito?» Abigail non ebbe il coraggio di rispondere e annuì soltanto, asciugandosi le lacrime.

Detto questo Zayn lasciò la stanza, senza aggiungere nulla.

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