ANDY
Sono da poco rientrato dal supermercato, il nostro frigo piangeva per la miseria che si trovava all'interno e dal momento che gli altri due sfaticati non volevano uscire di casa è toccato a me. Poso le buste sul tavolo iniziando a sistemare il contenuto nei vari scomparti dei mobili della cucina fino a quando non vengo interrotto dalla suoneria del mio cellulare, controllo il mittente della chiamata vedendo che è mia madre. Per me è sempre stato difficile spiegare il rapporto che abbiamo, non perché sia brutto, ma perché lo reputo talmente bello da non trovare parole adatte per descriverlo. È riuscita a crescermi senza l'aiuto di nessuno poiché mio padre si è allontanato da noi quando ero piccolo, quindi non ho molti ricordi di lui. Lei è il mio punto di riferimento, il mio porto sicuro e so di poter contare su di lei per il resto dei miei giorni, purtroppo non riesco a vederla spesso da quando abito qui a Londra e ciò mi fa star male ma so quanto ci tiene al fatto che coltivi i miei sogni senza mai arrendermi.
«Hey mamma!» esclamo entusiasta di sentirla.
«Tesoro...» la sua voce è bassa, quasi tremante e la sento tirare su con il naso, come se avesse appena finito di piangere.
«Mamma, tutto bene? Cos'è successo?»
«Mi è arrivata una brutta notizia, riguarda tuo padre...» non mi sono mai interessato particolarmente alla sua vita come lui ha sempre fatto nei nostri confronti ma non ho mai sentito mia madre parlarne così e ciò mi preoccupa.
«Cioè?» chiedo passandomi una mano tra i capelli, nel frattempo vedo Brook e Jack raggiungermi in cucina mentre mi salutano con un cenno della mano.
«Andrew tesoro, tuo padre non c'è più...» dopo quella frase il tempo sembra fermarsi, un groppo mi si forma in gola non facendomi spiccicare parola. Sapevo che un giorno sarebbe arrivato questo momento ma non mi aspettavo arrivasse così presto, allora perché se ho sempre detto che non mi interessava niente di lui adesso mi sento in questo modo? Come se avessi perso un piccolo pezzo di me?
«Andy? Ci sei? Stai bene tesoro?» mi richiama continuamente mia madre dall'altro capo del telefono.
«Sì mamma, ci sono. Solo che... c-ci possiamo sentire più tardi?» le chiedo con voce tremante.
«Certo tesoro, aspetto tue notizie. Ricordati che ti voglio bene.» inizio a sentire gli occhi inumidirsi così chiudo velocemente la chiamata, faccio un respiro profondo ma ciò non aiuta e le emozioni contrastanti che provo adesso mi fanno perdere la lucidità.
Scaravento a terra il cellulare seguito dall'ultima busta di spesa che era presente sul tavolo mentre grido disperato, le lacrime scendono senza il mio consenso lungo le mie guance.
«Andy, calmati! Che cazzo è successo?» mi chiede Brook mentre cerca di bloccarmi senza successo.
«Niente, va tutto a meraviglia come sempre!» grido a due millimetri dal suo viso in preda ad una crisi isterica, Brook serra le labbra spaventato ed io scappo nella mia stanza chiudendomici a chiave.
La lacrime continuano a scendere incontrollate offuscandomi la vista, la testa mi pulsa forte iniziando a girare, il respiro si fa sempre più corto così mi ritrovo a muovere qualche passo alla ricerca del mio inalatore per evitare che un attacco di panico si impossessi di me, mi sorreggo alla scrivania passando entrambe le mani sulla superficie in legno trovando poi ciò che mi occorre. Mi porto l'inalatore tra le labbra aspirando profondamente e mi accascio a terra mentre lentamente il mio respiro torna alla normalità.
**
È da ormai un paio d'ore che sono chiuso qui dentro, non voglio vedere e sentire nessuno in questo momento. Jack è venuto a chiedermi se volessi mangiare qualcosa più volte ma gli ho sempre risposto in maniera sgarbata e penso che ormai entrambi si siano arresi. I miei pensieri vengono interrotti da qualcuno che bussa alla mia porta.
«Ho detto che non voglio vedere nessuno, cosa non capite di questa cazzo di frase?» sbotto tirando un pugno all'anta del armadio su cui sono appoggiato.
«Io non rientro nella categoria nessuno, Fowler.» un brivido mi invade il corpo quando sento quella voce che riconoscerei ovunque.
«Se non hai intenzione di uscire di lì, vorrà dire che rimarrò qui finché non ti stancherai e so che succederà.» continua mentre io rimango in silenzio osservando un punto del muro davanti a me.
Cosa sto facendo? Perché mi sto isolando facendo preoccupare le persone che mi vogliono bene? Perché mi sento così? Scaccio ogni tipo di pensiero e mi alzo dirigendomi verso la porta, faccio scattare la serratura per poi posizionarmi di fronte alla finestra, fuori sta diluviando e la mia attenzione viene catturata da una piccola goccia d'acqua che scendo lungo il vetro. Due braccia mi circondano il bacino facendomi tornare alla realtà.
«Hey..»
«Hey.» rispondo schiarendomi la voce.
«Hai voglia di parlare di ciò che è successo?» mi chiede accarezzandomi dolcemente la pancia, butto la testa all'indietro posandola sulla sua spalla mentre la scuoto per rispondergli.
«Allora potremmo semplicemente rimanere in silenzio fino a quando non ti sentirai pronto.» mi volto verso di lui che mi porge la mano, la afferro facendomi guidare da lui. Prende qualche cuscino dal mio letto sistemandolo a terra per poi sedersi allargando le gambe, mi posiziono tra di esse poggiando la mia schiena contro il suo petto mentre mi lascio cullare dal suo calore e le sue carezze. Dopo un tempo che non saprei quantificare decido di spezzare il silenzio.
«Immagino che i ragazzi ti abbiano avvertito di cosa è successo prima, ti ricordi quando non ti ho parlato del tatuaggio che porto sulla caviglia?»
«Certo, ma cosa centra adesso?»
«"The ageing superhero in me is tired" letteralmente significa che il supereroe che invecchia dentro di me è stanco, anni fa' ho sofferto di sociofobia. Questa patologia nasce da una paura constante nell'affrontare le azioni quotidiane come interagire con persone al di fuori del nucleo familiare o anche semplicemente sentirsi osservati dagli altri. È una sorta di "vergogna del proprio essere" in pubblico, ciò porta anche alla paura di mostrare i sintomi di essa come ad esempio tremare, balbettare, arrossire in viso o essere impacciati nei movimenti. Chi ne è affetto è consapevole dell'esagerazione della cosa ma non riesce comunque a controllarla. Sono passato da uno psicologo all'altro, cambiando continuamente medicine senza mai trovare una soluzione fino a che non ho iniziato a ballare, era l'unica valvola di sfogo che avevo ma continuavo a non volermi far vedere dagli altri, per questo avevo un insegnante privato che veniva a casa per darmi lezioni. Poi mia madre mi ha iscritto all'accademia, contro il mio volere, non volevo vedere così tante persone che sono pronte a giudicarti o ridere di te appena cadi ma cambiare città e vita mi ha fatto bene. Non avevo più una crisi di genere fino ad oggi...» mi fermo prendendo un respiro profondo mentre Rye lascia qualche bacio sulla mia tempia.
«Mia madre mi ha chiamato per dirmi che mio padre se n'è andato, non ho capito più niente nonostante non abbia mai avuto un vero e proprio rapporto con lui. Perché mi sento come se avessi perso un pezzo di me anche se lui non è mai stato presente nella mia vita?» chiedo mentre qualche lacrima si fa spazio nei miei occhi, la dita di Rye scorrono veloci sul mio braccio tranquillizzandomi dal momento che avevo iniziato a tremare.
«Perché, nonostante tutto, lui è l'uomo che ti ha donato la vita.» volgo il mio sguardo verso di lui incontrando le iridi scure che scrutano ogni centimetro del mio viso. «Anche io ho una confessione da farti.» continua Rye facendo nascere un' espressione confusa sul mio viso.
● SPAZIO AUTRICE ●
Okay amici, questo è stato uno dei capitoli pù difficili che abbia mai scritto. E mi scuso già da adesso se farà schifo ma la cosa che mi preme di più è che, se qualcuno che legge la mia storia soffre o sa qualcosa in più su questo argomento delicato, vorrei che mi facesse notare eventuali errori/dirmi se si sente infastidito da ciò che ho scritto.
Sapete che per me la vostra opinione conta sempre, detto ciò fatemi sapere cosa ne pensate...Un bacio, Jess ❤️
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SECRET LOVE || Randy ||
FanfictionE se i Roadtrip non esistessero? E se non fossero nemmeno cantanti? Ryan Beaumont è appassionato alla danza dall'infanzia, in particolare la street dance, che coltiva da auto didatta. I suoi genitori non hanno mai approvato questa sua passione così...