22: Ricordi

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Undici anni dopo

" La luce del salotto era spenta, arrivava soltanto una flebile luce proveniente dalla cucina vuota. Mancava qualche minuto alle undici ed io, piena di ansia e spaventata più che mai, non avevo nessuna intenzione di chiudere gli occhi e dormire. Tenendo lo sguardo sullo schermo del televisore, ma non vedendo veramente le scene che proiettava, mi strinsi di più sotto la coperta e nell'abbraccio di Sulfus, seduto accanto a me. Eravamo in un piccolo appartamento che mia madre aveva ereditato da suo padre a Firenze. Conoscendo l'occasione, aveva deciso di cedercelo per quel weekend, in modo da poter stare da soli e salutarci come più volevamo.

Avevamo entrambi finito le scuole. Dopo aver trovato mia madre, avevo chiesto il trasferimento completo a Roma, dove avrei continuato a frequentare la scuola, potendo stare con Miky e le altre, Sulfus e mia madre. Ovviamente la notizia non aveva fatto saltare di gioia i miei genitori, soprattutto Sophia ma, avendo capito le mie motivazioni, mi avevano lasciata andare. Non era un addio definitivo il nostro, ma un arrivederci. Già da tempo, infatti, avevo addocchiato un college in Australia, ed era che avrei continuato gli studi. Queste, infatti, erano le mie ultime settimane in Italia, prima di dover ripartire per l'immatricolazione ed il trasferimento nella struttura scolastica.

Sulfus strinse la presa intorno alla mia vita e, con una spinta, mi fece sedere in braccio a lui, stringendomi più contro il suo petto.

- A che ora hai l'incontro, domani? – la mia domanda soltanto un leggero sussurro. Avevo paura del calare della luna, che avrebbe dato il cambio a quella palla infuocata conosciuta come Sole. Avevo paura del passare delle ore, che sarebbero scorse fino ad arrivare alla scadenza del nostro tempo insieme.

Forse stavo esagerando io, ma comunque non riuscivo a farne a meno. Come giusto che fosse, Sulfus aveva intrapreso il suo percorso, scegliendo l'accademia militare, scelta nobile da parte sua e molto coraggiosa. In nulla di tutto questo c'era qualcosa di male, ma la mia paura era nel dopo. Finiti i gli anni di addestramento, Sulfus non sarebbe entrato nel corpo di polizia, tra i carabinieri, guardia forestale o quant'altro, no... Lui sarebbe partito per terre sperdute e pericolose, sarebbe partito con l'esercito per andare a combattere le guerre di altri, mettendo a rischio la sua vita.

Sapevo per esperienza cosa si provava nel perdere una persona cara, avendo portato con me il dolore della morte, a quanto pare presunta, dei miei genitori, e soltanto il pensiero di dover dire addio a Sulfus, di saperlo in costante pericolo e che sarebbe potuto morire da un momento all'altro, mi straziava l'anima.

Sussultai quando sentì la mano di Sulfus posarsi sulla mia guancia ed asciugare una lacrima. Non mi ero accorta di aver cominciato a piangere.

- Devo stare alle otto nel padiglione dell'accademia di aeronautica, poi da lì ci smisteranno nei vari settori scelti. – annui con gli occhi chiusi, non riuscendo a guardarlo. Non dovevo piangere, non dovevo trasmettergli tutte le mie ansie e le mie paure, aveva tutti i diritti di scegliere la sua strada, qualunque essa fosse, ed io potevo solo incoraggiarlo, non dovevo assolutamente essere un peso per lui.

- Che ti succede, Angelo? Non riesco a vederti così, dimmi cosa ti preoccupa, qualunque cosa sia, sai che puoi dirmela. Potrai dirmi sempre tutto, Raf. – mi aveva preso il volto fra le mani e mi aveva costretta a guardarlo. Quel sorriso gentile ed a tratti arrogante, lo sguardo pieno di vita, fiero, mi trasmetteva tutta la sicurezza di cui avevo bisogno, tutto l'amore che sentiva per me e che era completamente ricambiato. Mi feci forza e gli sorrisi di rimando tra le lacrime, cominciando ad accarezzargli una ciocca ribelle sfuggita alla coda.

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