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Luca

-Quanto tempo credi che rimarrai qui?- mi domanda Serena. La guardo per un attimo: è di una bellezza mozzafiato.

Mia sorella è sempre stata la numero uno della nostra famiglia e non perché sia nata per prima, dato ch'é più piccola sia di me, che di nostro fratello maggiore: lei è... spettacolare.

Non esistono al mondo parole che la possano descrivere, che possano rendere chiara la luce che si porta dentro... e fuori.

È poco più alta di me, con un fisico asciutto e cesellato di deliziose curve, ha i fianchi stretti, i seni piccoli e tondi, il sedere a forma di cuore, le gambe lunghe e snelle. La sua pelle ha un colore particolare, che ricorda i raggi del sole più dorati e luminosi. I suoi occhi sono incantevoli, dal colore cangiante, ora un caldo castano, ora un ricco verde, tempestati di pagliuzze d'oro, circondati da lunghe, lunghissime ciglia bionde.

È quella della famiglia che ha sempre vestito i panni della "ribelle": a stento ha concluso gli studi al liceo, dopo essersi beccata diverse sospensioni, richiami, aver fatto decine di casini come semplice studentessa prima, come rappresentante di istituto in seguito.

Ha iniziato a frequentare ragazzi e tempestarli di regali molto presto, infatti, i nostri genitori hanno finito per obbligarla a lavorare già intorno ai sedici anni: così, mentre io tenevo un profilo basso e sgobbavo sui libri, mi divertivo con poco circondandomi di pochi amici, sfigati come me, lei partecipava ai rave, frequentava luoghi fighi di incontro, gente sveglia e trasgressiva, circondata costantemente da uno stuolo di spasimanti...

Mentre io restavo ancora lì, a sbavare in silenzio dietro a Saverio, ancora in attesa del mio primo vero bacio.

Intendiamoci: avevo già baciato un paio di ragazzi intorno ai miei tredici anni, ma non avevo mai provato nessun sentimento nel farlo.

Semplicemente, nel primo caso, uno sfigato si era ritrovato a "specchiarsi" in me: questo l'aveva portato a chiedermi di uscire; poi ci eravamo baciati; poi era sparito.

Nel secondo caso, invece, avevo attirato l'attenzione di un belloccio, non ne ero innamorato, ma mi sentivo fortunato nell'averlo accanto a me, anche se, in seguito, ero venuto a conoscenza di non essere l'unico a poter vantare tale "fortuna".

Serena, no: lei cambiava ragazzo ogni sera, anche più volte al giorno ed a tutti loro, belli e perfetti, spezzava il cuore senza curarsene.

Iniziando a lavorare presto, incominciò ad incassare esperienze importanti, e mentre io mi ammazzavo di studio all'università nel tentativo di diventare qualcuno, lei era già diventata una figura di rilievo all'interno di un'importante azienda di costruzioni edili.

Iniziò a guadagnare molti soldi, di colpo si sposò e, nemmeno un anno dopo, era già mamma.

Ed io... terminavo a fatica l'università, in un'età già critica, senza avere mai avuto esperienze lavorative e per giunta, ormai dichiaratamente gay.

-Ti prometto che andrò via quanto prima, non ho alcuna intenzione di disturbare la vostra tranquillità famigliare- le rispondo, conscio di quanta fatica e fastidio le provochi dovermi ospitare in casa sua.

Serena sbuffa e si porta le mani ai fianchi distogliendo lo sguardo da me:
-Soltanto... Mi scoccia dover litigare con Valter a causa tua.-
-Non voglio che questo accada e farò di tutto per impedirlo- alle mie parole, mia sorella incrocia le braccia sotto il seno evidentemente incapace di stare ferma:

-Arrivi tardi, perché se tu sei qui, è stato proprio a seguito dell'ennesima sfuriata di Valter: se lui si fosse stato zitto, probabilmente, non saresti qui, ma io non mi faccio mettere i piedi in testa da nessuno, neanche da mio marito. Come lui, detesto l'idea di averti qui, di farti stare così a contatto con i nostri figli: sono piccoli e suggestionabili, quindi sei pregato di tacere sulle tue perversioni, di usare un linguaggio adeguato in loro presenza e, soprattutto, non ti azzardare a far venire qui quel delinquente del tuo ex!-

Rimango in silenzio impossibilitato a parlare: ho un groppo così grande che mi stringe la gola, da temere di soffocare da un momento all'altro.

Non mi ha detto nulla di nuovo, intendiamoci, ma soffro già così tanto per il tradimento di Saverio e la fine della nostra relazione, che le sue parole finiscono per rivestirsi di nuove emozioni, o quanto meno, emozioni che con il tempo avevo imparato ad accettare, come punizione per quello che sono, tirando avanti consapevole del disprezzo che la mia famiglia nutre nei miei confronti.

Ma adesso fa male, fa dannatamente male, come all'inizio del mio coming out e forse, persino più di allora: ho bisogno della mia famiglia, ho bisogno di un po' di comprensione, ho bisogno di un po' di amore...

Anche se sono consapevole di non meritarlo, mi sarebbe bastato un silenzio: senza false parole di conforto, senza ulteriori pugnalate al cuore...

Abbasso lo sguardo con l'intenzione di nasconderle le lacrime che hanno iniziato a farmi bruciare gli occhi, come spilli conficcati dentro di essi ed annuisco piano, senza aggiungere altro.

-Bene, adesso devo andare a lavoro. Se il telefono di casa squilla, non rispondere: l'unica che chiama qui è la mamma e le verrebbe un infarto se le rispondessi, senza contare che me la farebbe pagare cara e non la smetterebbe più di lamentarsi- intravedo i piedi di Serena muoversi in direzione della porta di ingresso: -Se torna Valter prima di me, chiuditi nella stanza degli ospiti e non uscire da lì sino al mio ritorno. Non parlare da solo con i bambini, non restare da solo con loro in qualche stanza altrimenti Valter ti butta fuori di casa a calci ed io, sia ben chiaro, non farò nulla per contrastarlo. Adesso vado: non curiosare, non metterti a spostare cose e non fare casini. Ci vediamo stasera-

E chiude la porta sbattendosela violentemente alle spalle.

Non si è neanche accorta che avevo smesso di trattenere le lacrime.

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