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Saverio

Mi sento impotente ed è una cosa straziante.

"Non puoi farci nulla", continua a ripetermi la mia coscienza, ma anche se ne sono pienamente consapevole, non riesco a fare a meno di dannarmi nel tentativo di trovare qualcosa che io possa fare per cambiare la situazione: ma non sono un dottore, non mi è concesso di tornare indietro nel tempo, non posso neanche fare qualcosa di tangibile nel presente poiché, per la legge del nostro Paese, per Luca sono solo un estraneo.

I medici sanno che sono il suo compagno, gliel'ho detto chiaro e tondo, più volte anche, evitando di dire loro che ormai non stiamo più insieme da ventisette giorni e seidici ore ma, ugualmente non mi permettono di vederlo né tantomeno mi è concesso essere messo al corrente del suo stato di salute.

So solo che ha mandato giù decine di pillole, le stesse che ha sempre preso con attenzione e parsimonia da quando aveva diciassette anni, da quando per la prima volta, un medico curante, veramente medico!, si accorse che in lui c'era qualcosa che non andava e che niente aveva a che vedere con il suo stato di salute fisico: così lo indirizzò presso una serie di bravi dottori specialisti, e dopo una trafila di visite, lo psichiatra gli diagnosticò una forma di depressione auto-lesionistica.

Ma stasera le ha prese tutte, tutte quelle dentro al barattolino arancione che era andato a ritirare probabilmente due giorni fa, così come da appuntamento mensile.

E le ha mandate giù persino con qualcosa di alcolico: lui che, l'indomani della nostra prima notte insieme, si sentiva ancora ubriaco dalla sera prima dopo aver bevuto mezza birra con me.

-Ne avremmo mandate giù almeno sei a testa!- aveva esclamato incredulo e credo che, ad oggi, lui sia ancora convinto che io l'abbia rimpiazzato di alcol per poi approfittarmi di lui: non ha mai creduto che lo amassi davvero, ed anche se so che questo non giustifica il mio tradimento, mi sono sempre sentito, in questi due meravigliosi anni insieme, il seduttore bastardo, perché lui voleva che fossi così quando, invece, ero, sono solo un uomo profondamente innamorato.

Mio Dio! La verità è che, l'unico vero nemico del nostro amore, è sempre stato il pregiudizio di Luca.

Sì, probabilmente sarà stata la sua famiglia ad impiantarglielo in testa durante tutta la sua infanzia prima, adolescenza e maturità poi, e questo ci ha sempre impedito di amarci liberamente.

Ed adesso siamo arrivati a questo punto: in un ospedale, lui da qualche parte a lottare contro la sua stessa vita,  io, qui, ad invocare santi e dèi nella supplica di una grazia, distanti fisicamente, ma ugualmente e profondamente uniti nel nostro amore e nel nostro tormento interiore.

-Ti amo...- ha detto prima di svenire e non ho neanche avuto il tempo di dirgli che, esattamente come ieri, lo amo, è la mia vita, l'essenza stessa di ogni mio respiro.

Sospiro e scuoto la testa per cercare di scrollarla da questo senso di pesantezza che mi attanaglia le meningi: è uscito dalla sala operatoria, l'hanno stabilizzato, ma non mi hanno detto altro e non ce la faccio, non riesco a sopportare tutto questo.

Mentre sono preso da tutto ciò, il mio campo visivo si riempie con due scarponi neri ai quali sono attaccate due lunghe gambe fasciate da un pantacargo: sollevo lo sguardo sino al volto.

È un uomo più o meno della mia età, mi fissa intensamente e sento un fremito corrermi lungo la schiena: ho come la vaga sensazione di conoscerlo, ma non saprei dire come né perché, neanche se ne valesse della mia vita.

-Sei tu Saverio?- mi domanda l'uomo piantandomi i suoi occhi color miele, identici a quelli dell'uomo che amo, dritto nei miei: Cristo! So benissimo chi è, anche se non l'ho mai incontrato di presenza neanche una volta, prima di oggi.
-Tu sei Marco...- mormoro incredulo.

Il fratello di Luca risponde con un cenno della testa:
-Come stai?- mi domanda ed io sono così stupito della sua presenza qui, che non riesco a pronunciare una sola parola.

Deglutisco, ma la bocca rimane arida, la lingua non si scolla dal palato. Il fremito che poco prima ha iniziato a scuotermi, diventa poco alla volta un tremore sempre più violento e finisco per fuggire dai suoi occhi, sentendo i miei improvvisamente roventi, la vista si fa sempre più nebulosa e sento le lacrime tornare a rigarmi il viso.

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