11

798 74 1
                                    

Saverio

Mi sento un dannato stalker.

Saranno due ore, ormai, che sto sotto casa sua: stamattina mi sono svegliato presto, come sempre, ho preso un caffè al volo al bar di fronte l'ufficio, ho iniziato a lavorare alle ore otto, puntualissimo come tutti i giorni e, tra una pratica e l'altra, la mattinata è volata via senza che me ne rendessi conto.

A pranzo, per evitare di correre qui, ho preferito recarmi al ristorantino dietro l'angolo con un paio di miei colleghi che, hanno avuto persino la faccia tosta, di rimproverarmi il mio scarso coinvolgimento nei loro discorsi.

Sono tornato in ufficio, ho concluso il lavoro che mi spettava per oggi e... sono corso qui a fine giornata, senza neanche passare da casa.

Ripensandoci, forse i miei colleghi non avevano tutti i torti: c'è un motivo per cui sono a conoscenza di ciò che ha fatto negli ultimi giorni, anche se ho passato parte della settimana scorsa e l'inizio di questa a Milano.

Il cellulare è ormai diventato come un prolungamento della mia mano: lo uso costantemente per controllare i profili dei social network ai quali si è iscritto da un paio di mesi a questa parte.

Ma non mi basta mai: non mi bastano le sue foto su Istagram, le sue parole postate su Facebook.

Non mi basta stare qui ore a spiare i suoi movimenti da dietro le finestre di casa sua.

Mi sento uno schifo per quello che sono diventato, ma non riesco a farne a meno: da quando Luca è uscito dall'ospedale, ha ripreso la sua vita, ha cambiato lavoro, è andato a convivere con suo fratello (a quanto pare, Marco si è preso una specie di anno sabbatico, o come diavolo si chiama nell'esercito, per stare vicino al fratello), continua ad essere seguito da uno psicologo ed una psichiatra ma, sorprendentemente, sembra essersi ripreso del tutto.

E di questo non posso fare a meno che esserne entusiasta.

Non ho idea di quali ricordi abbia riacquisito e quali abbia perso per sempre; l'unico di cui ho certezza... sono io: non ha la più pallida idea di chi sia.

È come se avesse cancellato tutto ciò che c'è stato tra di noi, come se nulla di quello che abbiamo condiviso, sia mai esistito.

Sospiro e decido di accendermi l'ennesima sigaretta.

Avrei potuto buttarmi sull'alcol, sulla droga, sull'infischiarmene e proseguire nella mia vita senza di lui... invece, mi sono attacco ad interi pacchetti di Benson & Hedges diventando l'ombra della sua vita.

E mi vergogno per questo, mi vergogno di non essere più in grado di varcare le porte dei luoghi che frequentavamo insieme, di non essere capace di dormire due ore di fila senza che la mia mente venga sconvolta dagli incubi.

Mi vergogno per questa mia schifosa ossessione nei suoi confronti, del fatto di essere diventato una specie di parassita, senza più rispetto per me stesso né per la mia vita.

Ma non posso farci nulla, l'idea di porre fine ai ricordi di noi, perdere per sempre questo mio amore, ucciderlo per sempre, proprio come lui ha cercato di fare con se stesso, mi è inaccettabile: paradossalmente, è l'unica cosa su cui non sono disposto a cedere.

BREATH Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora