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Penserà che sono matta, ma non riesco a smettere di sorridergli.

È così assurdo.

Tra tutte le persone che vivono in questa città, così grande e caotica, proprio lui dovevo rincontrare?
Mi sembra uno scherzo del destino, ma in realtà so che è pura casualità.

"Non riesci a parlare?" dice mentre avvicina la sua mano al mio braccio e lo sfiora.
Ed è a questa frase che riprendo coscienza e ritorno sul pianeta terra.

"Si, scusami..." dico scuotendo la testa e guardandomi le ginocchia.
"Sto bene, non ti preoccupare, anche se ora ho una ferita di guerra" gli dico in modo scherzoso.

"Mi spiace davvero, ma ero distratto.. ho la testa altrove e non ti ho proprio vista.
Lascia che ti aiuti." dice mentre tira fuori un fazzoletto dalla tasca dei jeans.
Fa per abbassarsi e asciugarmi il sangue dal ginocchio, ma lo fermo e gli rubo il fazzoletto dalla mano.

"Davvero, non ti disturbare.. faccio io!"gli dico per poi piegarmi in avanti e controllare com'è la situazione.
Lui rimane con un ginocchio poggiato a terra e mi guarda mentre mi tampono la ferita.

"Ahi!" soffoco un altro gridolino di dolore.
Io odio il sangue.
Mi vengono le gambe molli e la nausea, ma mi fingo forte.
Sposto il mio sguardo sul ragazzo.
È ancora fermo nella stessa posizione e sta fissando il mio ginocchio con un'espressione di dolore e dispiacere.
Mi fa quasi più pena lui che la sfigata bagnata fradicia, col ginocchio sbucciato che finge di stare bene che si ritrova davanti.
Ad un certo punto alza la testa e i nostri sguardi si incrociano.
Sento le guance pizzicarmi come la prima volta.
I nostri volti sono a pochi centimetri di distanza.
Ammiro il suo collo tatuato e le gocce di pioggia che gli scivolano giù, per poi sparire nel collo della maglia.

"Sicura di star bene?" mi chiede storcendo il naso e sorridendo.
Sto benissimo ora, mi verrebbe da dirgli, ma rispondo semplicemente facendo cenno di sì col capo.
A questo punto si alza e grattandosi la testa mi chiede scusa per la centesima volta.

"Ti prego, smettila di chiedermi scusa.
So che non l'hai fatto apposta.
Anche io sono sempre distratta!" cerco di tranquillizzarlo.
Ora che è in piedi lo guardo per bene e finalmente posso distinguere i tatuaggi.

Peter Pan.
Capitan uncino.
Una rosa.
Un mezzo pianoforte?
La faccia di Kurt Cobain.
Un orologio.
Ne ha tantissimi.
Il misterioso ragazzo si accorge che sto scrutando i suoi tatuaggi e così alza gli avambracci e gira i palmi delle mani come se volesse mostrameli meglio.

"Ti piacciono i miei tatuaggi?" dice ridendo.
E ci risiamo, le guance mi bruciano per l'imbarazzo.

"Scusami, non volevo fissarli così." dico imbarazzata per poi abbassare la testa e tornare a fissare il mio ginocchio.

"Niccolò." dice allungandomi la mano.
Io alzo lo sguardo e gliela stringo.

"Eva." sorrido.

"Eva, ma noi ci siamo già visti o sbaglio? Mi sembra di riconoscerti.. magari sto' a impazzì"
mi chiede stortando la testa.
Allora si ricorda di questa mattina.
Speriamo non della mia figura di merda..

"Emm.. ci siamo intravisti questa mattina, al belvedere di piazza dei cavalieri di Malta, non so se ricordi" rispondo a disagio.

"Ahh ecco dove!
Certo che mi ricordo, sei la ragazza della panchina!" dice ridendo.

"Si.. sono io.. quella che parlava da sola.." cerco di nascondermi sotto il cappuccio della felpa, ma è inutile.. non potrò scappare da questa situazione imbarazzante.

"Si.. ricordo.
Sei quella che ce l'ha cor mondo?" dice tornando serio.

"In realtà solo con una persona..." dico bisbigliando mentre abbasso lo sguardo.

"Cosa scusa?" mi chiede piegando la testa per cercare il mio sguardo.

"Niente.. parlo a vanvera." rispondo.
Lui mi sorride, anche se non lo vedo, lo sento, un mezzo sorriso con le labbra serrate.
Provo a fare un passo e il ginocchio mi fa abbastanza male, ma non così tanto da non poter camminare.

"Vuoi che ti aiuti?
Se ti va posso accompagnarti dovunque tu debba andare, così ti sostengo se ti fa male il ginocchio."

"Sei molto gentile Niccolò, ma c'è la posso fare da sola." gli rispondo mentre lo supero e mi incammino verso casa.
Prima di potermi allontanare lui mi corre incontro..

"Permettimi di portarti fuori a cena.
O a bere qualcosa. 
O a prendere un gelato.
Qualsiasi cosa... per fammi perdonare del dolore che ti ho causato!" dice senza nemmeno respirare.
Com'è dolce.
Continuo a camminare zoppicando per la mia strada mentre lui mi segue saltellando.
Fortunato lui che può farlo....

"Niccolò, ti ho già perdonato!"

"Ma ti prego.. permettimi di fare un gesto carino per te, altrimenti mi porterò questo peso sulla coscienza fino alla fine dei miei giorni!"

"Esagerato!! Staresti così male sapendo di essere tu la causa del mio dolore?" gli dico ridendo, senza nemmeno girarmi a fissarlo.

"Nemmeno mi conosci!"
D'improvviso si ferma.
Allora mi giro per guardalo e noto il suo volto scuro.
Sembra quasi offeso dalle mie parole.

"Che c'è?" gli chiedo stranita.

"Starei DAVVERO male, se fosse così."
È serio in viso.

"E allora va bene." alzo gli occhi al cielo e sbuffo, come se realmente mi desse fastidio la cosa.
"Ci vediamo domani al belvedere"
Sorride e il suo viso torna ad illuminarsi.

"Alle 18 e vedi di non farmi aspettare!" gli urlo mentre mi giro e mi allontano.

"E comunque sì, mi piacciono molto i tuoi tatuaggi!" dico ridendo.
Sono sicura che stia sorridendo anche lui.

Ha smesso di piovere e dietro le nuvole si intravede il sole spuntare di nuovo.
Sono felice, mentre zoppicando me ne torno a casa.

Questo capitolo è il mio preferito
(per ora.)
Lasciate una stellina o un commento se vi è piaciuto!
Un bacio xF🍓

Niente di più stupido di sognare// Niccolò Moriconi - UltimoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora