15.

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"Mi ricordo noi due in ascensore.
Eravamo uno di fronte all'altro, poggiati contro le pareti opposte.
Lui continuava a guardarmi, io invece lo evitavo.

Ero così arrabbiata e delusa.

Continuavo a picchiettare col piede sul pavimento e il mio unico pensiero era quanto cazzo ci stesse mettendo quel dannatissimo ascensore.
Volevo solo stargli lontana in quel momento.
Finalmente le porte si aprirono e mi ricordo che quasi corsi per raggiungere l'ingresso di casa.
Mi precipitai all'interno con l'idea di andare diretta in camera sua e chiudermici dentro.
Sulla strada per la sua stanza, decisi di prendere una bottiglia di rum che si trovava sul ripiano degli alcolici.
Lui capì subito il mio piano, perché mi conosceva troppo bene, e per questo motivo si mise a corrermi dietro cercando di afferrare, prima la bottiglia, e poi me

ma gli scivolai dalle mani.

Non riuscì a prendermi,
così mi diressi verso la sua stanza, ma appena tentai di chiudere la porta lui infilò il piede nella fessura.
Cercavo di chiuderla, quella fottutissima porta, ma non potevo.
Ricordo che spingevo con tutta la mia forza, ma niente da fare, rimaneva immobile.

Volevo solo stare sola, ma sopratutto in quel momento, non ero in grado di affrontarlo.

Piangevo silenziosamente.

Avevo quasi paura perché non riuscivo a riconoscerlo.
Era vulnerabile e feroce allo stesso tempo.
Mi urlava dall'altra parte della porta "Ev cazzo, lasciami entrare!" mentre sbatteva le mani su di essa.
Non sapevo cosa fare.
Piangevo e basta.
Lui continuava ad urlare e urlare finche poi ad un certo punto..

silenzio assoluto.

Il suo piede si ritrasse dalla porta e io la chiusi a chiave immediatamente, senza pensarci due volte.
Mi sedetti con la schiena contro la porta e a quel punto iniziai a tracannare la bottiglia di rum.
Dopo pochi istanti sentii un colpo leggero sulla porta, come se avesse tirato un pugno debole e poi il suo pianto."

Guardo Niccolò e per un istante riesco a percepire la realtà che mi circonda.
Con gli occhi pieni di stupore e la voce tremante dico

"Non ho mai raccontato a nessuno questa parte della storia."

Niccolò si limita a tendermi la sua mano aperta in segno di sostegno.
Io la guardo.
È così "sporca" di inchiostro e sogni che quasi ho paura a toccarla, ma alla fine lo faccio perché ora più che mai,
ne ho bisogno.

"Pianse, non so per quanto tempo, ma mi sembro un'eternità.
Ripensandoci ora, darei tutto quello che mi è rimasto perché durasse 5 secondi in più.
Come è ironico;
Come si può desiderare di sentire soffrire ancora un po' la persona che si ama?
Beh, io ho nostalgia anche di questo, del suo pianto, del suo respiro profondo e soprattutto della sua voce spezzata mentre mi diceva le sue ultime parole.
Forse desidero risentire tutto ciò, solo perché è tutto quello che mi rimane di lui.
Non posso ricordare altro, nessun momento felice.
Tutto è ridotto agli ultimi istanti insieme;
i peggiori.

"..Eva, sei stata l'unica cosa bella della mia vita e ora ti ho persa,
in questo esatto momento mi sei scivolata dalle braccia.
Non avrei mai pensato che saremmo finiti così, o almeno non così presto.
Cazzo abbiamo 20 anni e guarda dove siamo...
Guarda dove sono...
Non sono fatto per tutto questo."
E mentre pronunciava l'ultima frase la sua voce si spezzò.
Fece un colpo di tosse e poi riprese a parlare

"Tu ce l'hai messa tutta,
davvero,
hai provato in tutti i modi a tenermi qui,
ma lo sai meglio di me che io qui non posso più stare.
Hai provato a portarti via la mia sofferenza,
a piangere le mie lacrime,
a calmare la mia rabbia,
a capire le mie paure,
a cercare di farmi sorridere.
Tu hai provato a fare tutto il necessario, per aiutarmi e salvarmi, lo sai questo?" disse tra le lacrime.

Io lo ascoltavo,
immobile e senza emettere un suono.
Non riuscivo in alcun modo ad aprire quella porta, nonostante io sapessi cosa stava per accadere.
Io non ci sono riuscita e ancora oggi mi immagino di essere lì, in quella camera buia a fissare la maniglia e a urlarmi contro "Aprila cazzo! Apri quella porta!"

Gli occhi mi si stanno appannando per le lacrime che sono lì, ferme sulla punta, spaventate ad uscire proprio come me da quella stanza.

"Ev, voglio che tu sappia che non hai colpe per il casino che ho dentro.
E voglio che tu non mi veda mai più in questo stato.
La tua vita è preziosa.
...
Io cerco la pace dove non la posso trovare,
lo capisci questo Ev?"
Disse con un filo di voce.

"Lo sai Ev, le mie paure stanotte sono tante quanto le stelle
e temo che sarà così per il resto della mia vita se non faccio qualcosa."
Terminò la frase facendo un gran respiro.
A quel punto chiesi "cosa vuoi dire Leo?" ."

Stringo forte la mano di Nic mentre la mia voce tremante continua

"Lui face un grido, forte e pieno di dolore, e io iniziai a tremare come una foglia.
Sbatté i pugni contro la porta e io feci un salto verso i piedi del letto.
Mi raggomitolai in me stessa e stringendomi le gambe al petto, non mi mossi di una virgola.
Capisci perché mi sento in colpa?
Perché io avrei potuto salvarlo Nic,

avrei potuto e non l'ho fatto."

Mi volto verso di lui e con le lacrime che mi rigano il viso alzo le spalle e sorrido.
Lui scuote la testa e sussurrando mi dice

"Non avresti potuto cambiare quello che aveva già in mente di fare da tempo."

Aveva ragione e io lo sapevo meglio di chiunque altro, ma nonostante ciò non riuscivo a farmene una ragione.
Mi sono sempre sentita io la causa di quell'azione.

"Dal mio angolino potevo vedere la luce del lampione che illuminava il salotto della casa e che filtrava sotto la fessura della porta.
Potevo intravedere la sua figura a carponi di fronte la porta.

"Quando si tratta di te io non capisco più nulla.
Ho gli occhi ludici  se ti penso Ev, perché tu per me sei la mia felicità.
Ho solo voglia di trovarti ancora addosso a me, fino alla fine del giorno,
perché alla fine
tu sei la mia salvezza,
ma io..
Io sono la tua condanna."

Il suo pianto era un'agonia per me.
Al suono di queste parole decisi che avremmo superato la cosa, che ne avremmo parlato e saremmo andati avanti insieme.
Lui non era la mia condanna, ma la mia salvezza, proprio come io ero la sua.
Mi avvicinai gattonando alla porta pronta ad aprirla, ma prima che potessi girare la chiave..

"Perdonami Ev,
Ti amerò per sempre."

Il suono di uno sparo di pistola mi rimbombò nell'anima e nel terrore il mio cuore sì paralizzò.

Sono tornata.
Sto già scrivendo il prossimo capitolo, scusate l'attesa🍓

Niente di più stupido di sognare// Niccolò Moriconi - UltimoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora